mercoledì 28 novembre 2007

IDA se ne va.

Quando mi arriva una telefonata prima delle 8 del mattino o dopo la mezzanotte, ho sempre il presagio che sarà foriera di brutte notizie.
Alle 7, 45 il cellulare inizia a trillare sulla mensola vicino il letto. Sul displei lampeggia “mamma”.
Occorrono pochissimi minuti di conversazione visto che un po’ ce lo aspettavamo tutti.
Pochi mesi fa le avevo attribuito il titolo di Immortale. leggi qui
Evidentemente Zia Ida non lo era. Conoscendola adesso starà gia gareggiando con i martiri del Cielo su chi, tra loro e lei, ha più acciacchi, e a San Lorenzo non basterà neppure mostrare la graticola sulla quale fu martirizzato per spuntarla sulle lamentele di mia zia.

lunedì 26 novembre 2007

CUCINA DALLA CINA.


L’ultimo rutto fatto alle 12, 45 era al sapore di gelato fritto, che, essendo stata l’ultima portata della cena di ieri sera, mi fa ben sperare di aver concluso la digestione della cena cinese. In effetti almeno 14 ore servono tutte prima che una porzione di ravioli alle verdure, una zuppa di pinna di pescecane, fettuccine alla carne, manzo funghi e bambù, gelato fritto più 2 bottiglie di birra vengano disciolti dai miei potenti succhi gastrici.
Fino a poco fa, il monopolio della ristorazione cinese ghei frendli era detenuto a Roma da Giada, una potentissima donna d’affari imprigionata nel corpo di una minuta cinesina ormai detentrice di larghe regioni della Manciuria acquistate con la gestione del ristorante cinese di via Cavur e in grado di gestire contemporaneamente: 12 dipendenti, tra i quali l’ormai soggiogato fratello Sciffon (giuro, si chiama così), una media di 300 ghei a sera, che riesce a stipare in un ristorante in grado di accoglierne al massimo 50, nel rispetto della migliore tradizione asiatica dello sfruttamento degli spazi e delle arti contorsionistiche, e l’andamento delle trattative bilaterali tra governi europei e quello cinese. In più, è genio assoluto delle tecniche di fidelizzazione del cliente grazie all’elargizione a fine pasto di gagget per la realizzazione dei quali è stato allestito un laboratorio ultra segreto dove confluiscono tutti i cervelli in fuga dalla Cina (per la penna con il tappo con mini torcia elettrica è stata candidata per la terza volta di seguito al premio scientifico “Alessandro Volta” di Nocella Ionica).
Da qualche tempo però, si è affacciato al mercato un concorrente per la potentissima Giada. Si tratta di un ristorante in via Marco Polo che, come spesso accade nell’ambiente omoricchione, non si capisce per quale motivo e in che momento storico è assurto a nuovo “ristornate cinese ghei” e, siccome la mia vocazione di critico ed estimatore del buon gusto mi porta non solo a vedere ogni anno i film natalizi di De Sica-Boldi (in coppia o, come ora, separati), a trastullarmi con L’Arena di Domenica In con Giletti fituring una marmotta in coma al posto dei capelli, ma anche a ricercare sapori sempre più raffinati e nascosti, ieri sera sono andato a scoprire i segreti della cucina di questo nuovo locale prima che Giada gli mandi un drappello di parenti armati di accette squarcia anatre per regolare a suon di braccia mozzate chi dei due deve detenere la supremazia e chiuda quindi per strage.
Insomma le portate, la cucina e il servizio riservano la stessa sorprendente diversità riscontrabile tra due ristoranti di Mc Donald.
“Andiamo al cinese di via Marco Polo? E’ buonissimo! Ed è meno pesante”. Ma rispetto a cosa, a una messa dell’Opus Dei in latino? Possibile che solo io mi accorgo che i ristoranti cinesi sono tutti uguali? I fornitori sono gli stessi e mi sembra quindi ovvio che servano tutti gli stessi identici piatti. Quando si va dal cinese, qualunque esso sia, ci si deve andare sapendo che, bene che ti vada, passerai la notte sognando dragoni volanti che ti sputano lapilli di lava nell’intestino, che ti sveglierai trasudando colesterolo e che per i vestiti indossati per andare a cena è arrivato il momento d’essere riciclati come pezze da spolvero.

giovedì 22 novembre 2007

POTERI SBAGLIATI.


Dio degli eserciti e dei ghei, perchè mi fai questo!! Capisco volermi attribuire anche questo enorme potere (vedi link)
ma almeno me ne potevi dare la versione originale e non craccata perché, secondo me, quella che mi hai installata ha decisamente qualcosa che non va. Che poi, dico, te lo avessi chiesto io! Ma tu no, mi appari in sogno e mi dici: “Visto che mi sei uscito ghei, voglio farti questo dono preziosissimo che riservo solo a te e ai membri dell’anonima sarda: far sparire le persone”.
Vedi caro Dio dei ghei, ti spiego, questo tipo di potere è fantastico e utilissimo se poi le persone che spariscono sono indesiderate, moleste e inopportune e non se sono quelle che ti piacciono.
E la scorsa settimana è successo di nuovo.
A te non è che devo stare a spiegare cos’è successo ma lo faccio per gli altri poveri esseri umani che non hanno il dono della onniscienza.
Dunque, qualche giorno fa vado in palestra e incrocio lo sguardo di un nuovo iscritto. In quel momento il mondo intorno a me si ferma. Il puzzo di sudore rancido muta in un olezzo di fiori di campo, l’arancione delle parti diventa di un rosa confetto tenue e persino gli scanacchi catarrosi dei cinesi negli spogliatoi diventano soavi squille di tromba.
E’ semplicemente L’UomoDellaMiaVita (lo so che lo dico in media una volta al mese ma io lo intendo come categoria platonica quindi, silenzio!) e poi ha tutto quello che a me piace in un uomo: respira.
Per due settimane lo guardo da lontano perché in fondo sono una creatura timida e non ne faccio parola quasi con nessuno ma apro il mio cuore solo a pochissimi fidati amici tra i quali le cassiere della GS (tutte), i casellanti dell’ANAS (solo da Orte a Reggio Calabria) e uno sparuto gruppo di pastori Neozelandesi con i quali mi vedo spesso in cam per far loro compagnia durante la tosatura delle pecore.
Più lo vedo, più sono convinto che siamo fatti l’uno per l’altro. Non chiedetemi perché, diciamo che è intuito, quella stessa infallibile certezza che si attiva in me ad esempio quando sono alle Poste e devo scegliere in quale fila immettermi, portandomi a prediligere sempre quella che si rivela essere una trappola mortale visto che il signore davanti ha deciso quel giorno di chiudere il suo conto, aprirne uno per il nipote di 5 anni, richiedere tutti i dati degli ultimi 5 anni stampati in duplice copia e tutto questo con la batteria dell’apparecchio per l’udito quasi scarica.
La settimana scorsa, ormai rintronato dall’ebbrezza dell’amore, commetto l’errore fatale e lo indico al miomiglioramico. “Ma chi?”. “Quello lì!”, rispondo.
Da allora è sparito. Niente. Più visto. Il mio potere ha fatto un’altra vittima. Sì, perché come dicevo, il dio vendicativo degli eserciti e dei ghei ha fatto sì che questo talento (o come sarebbe più adeguato chiamarlo: inculata) ha come peculiarità quella di far sparire immediatamente chiunque mi piaccia non appena lo indichi a qualcuno.
A volte vengo preso per pazzo perché anche gli amici più cari dubitano che sull’altro capo della linea tracciata dal mio indice ci sia realmente qualcuno dal momento che la sparizione è istantanea. E non è che poi ricompaiano. Non si vedono mai più, io credo perché si viene a formare uno di quei varchi spazio-temporali dove ti ritrovi in un universo parallelo e, per il loro bene, mi auguro che sia un mondo sì identico al nostro ma dove ci sono però sostanziali differenze, un mondo forse anche più bello, più giusto dove la Gregoraci viene usata come cavia per testare dei reagenti chimici e dove Calderoli è il nome scientifico per definire merda di maiale.

mercoledì 21 novembre 2007

GIU' LA MASCHERA.


























Vabbene, basta co’sta buffonata dell’omosessualità. Ora calo la maschera e dico la verità. Non sono ghei! Anzi le donne mi piacciono moltissimo e la sera, di nascosto dai miei amici, vado a mignotte. 
Per anni ho finto, molto bene a detta di tutti quelli che mi conoscono, ma in realtà sono eterosessuale. 
La sola ad essersene accorta fu la mia prima analista la quale mi continuava a ripetere: “Sarai pure ghei ma ragioni da maschio etero, qualcosa non mi quadra”. E a nulla serviva estirparmi la volta dopo le sopracciglia rimpiazzandole con due file di eilainer. Lei ne era convinta. “Tutt’al più sei bisessuale. Dovresti provare con una donna”. Vedendo compromessa la mia copertura, smisi immediatamente di proseguire la terapia. 
Perchè allora fingere un’identità che non mi appartiene? Perché costringersi ad orrendi rapporti sessuali con persone del mio stesso sesso che ogni volta non fanno altro che provocarmi schifo e dolore? 
Per vendetta verso mio padre. Ecco il perchè. 
La causa non è una semplice conflittualità interna tra maschi dominati del branco o cazzate da primo semestre di psicologia della famiglia. No. Tutto questo è scaturito da un episodio ben preciso che si fissò nella mia mente di bambino in maniera indelebile come la marcatura a fuoco di una vacca del renc di Bonanza. Un trauma che decisi sarebbe stato punito causando a mio padre un dolore altrettanto profondo.
Sono in terza elementare. All’epoca possedevo una collezione di album delle figurine invidiabile. Avevo quello della “Fauna, flora e animali”, de “L’Italia”, de “L’Europa”, di “Supermen”, di “Gig, robo d’acciaio” e persino del “Gesù di Nazaret” di Zeffirelli (di quello ne avevo addirittura tre di cui due completi, così per dare un’idea dei doppioni che avevo accumulato). 
Ma c’era un album che desideravo più di tutti. Uno per il quale avrei dato via tutta la mia meravigliosa collezione. 
In classe lo facevano tutti e guardavo ammirato lo scambio dei doppioni dal quale venivo ovviamente escluso, anche provando con il famoso raggiro di mia invenzione chiamato il “5X1” (io 5 figu dei miei album, loro una del loro) ma, neppure così, riuscivo a persuadere quei piccolo figli di puttana e, per quanto lo implorassi, mio padre continuava a rifiutarsi di comprarmelo. 
L’album in questione era quello di Ledi Oscar. Ero innamorato di questo cartone animato, non perdevo neppure una puntata anche perché, non esserne un seguace equivaleva ad essere schifato dagli altri compagni come un lebbroso di Calcutta. 
Io, benchè all’epoca già fossi eterissimo, mi sentivo, per così dire, molto vicino ad Andrè (con il quale immaginavo battute di caccia tra i boschi e abbracci compiaciuti, ma maschissimi, per le prede catturate) e gli abiti di Maria Antonietta mi affascinavano solo per un’eterissima attrazione verso il rigore della ricostruzione storica. 
Ogni volta quindi che andavamo in edicola per comprare un caricatore di figurine varie, io provavo a chiedere a mio padre di prendermi anche quello di Ledi Oscar. Ma niente. Era inamovibile, neppure davanti alle mie collaudatissime lacrime a comando che negli anni mi avevano fatto ottenere da genitori e parenti un bottino più cospicuo di quello depredato da Gieims Cuc in una vita di scorribande come corsaro. 
“No. Non te lo compro. E’ un album da femmine!”. Per risposta, tiravo sempre fuori l’eccezione che abbatteva la regola e, come un avvocato di un legal triller americani in grado, grazie a un cavillo misconosciuto, di salvare il suo assistito dalla sedia elettrica, tiravo fuori il “caso Piselli”: un mio compagno (giuro che il cognome è reale), maschio, che faceva l’abum di Ledi Oscar. Quindi io, sempre a un passo dall’affogare nelle mie stesse lacrime che esondavano dagli occhi manco avessi visto mia madre seviziata da un gruppo di Marocchini, incalzavo: “Ma lo fa anche Andrea Piselli!”. Dopo di che fingevo anche un virilissimo mancamento dei sensi. 
Un giorno, di fronte al solito dramma familiare, mio padre, esasperato, pronunciò la frase che sarebbe stata ricordata nella storia come quella che avrebbe dato un corso drammatico alle nostre vite e al nostro rapporto: “Non mi interessa. E’ roba da froci. Se vuoi ti faccio fare quello dei calciatori”. E io, come un vampiro davanti a un crocefisso, mi coprii gli occhi e urlai un nosferatesco: “Nooooooo!!!!!!!”.
Come potevo farla pagare a mio padre per questo rifiuto? Come avrei potuto distruggergli la vita come lui l’aveva distrutta a me? Da quel momento tra di noi si levò un muro che compromise per sempre il nostro rapporto tra veri maschi. 
Fu in quel istante che, come Siddarta sotto le frasche del salice, ebbi la mia illuminazione e promisi a me stesso che non mi importava con quanti uomini avrei dovuto avere rapporti sessuali. Non mi sarei curato di tutti i ghei praid sui carri dei quali sarei salito vestito solo del mio sdegno di figlio tradito. Da allora sarei diventato anche io frocio, per dispetto.
Al diavolo quante orge maschili, saune ghei, rapporti sessuali ripresi da telecamere e aree di sosta per camionisti avrei dovuto fronteggiare pur di sbattere un faccia a mio padre la giusta ricompensa per quella fatale privazione. 
Avrei accettato tutto questo custodendo però nel profondo la certezza della mia virile eterosessualità. 
Il dolore, lo so, è forte e a volte mi chiedo perché lo faccia, perché non getti invece la maschera mostrando al mondo il mio vero io ma quando ripenso alla pagina centrale dell’album composta da ben 8 figurine dove veniva ritratta la presentazione a corte di Maria Antonietta accompagnata da Oscar con l’abito da alto ufficiale avvolte in uno scintillio irreale mi faccio forza e mi butto sul primo maschio compiacente che mi capita a tiro.

martedì 20 novembre 2007

DESTINAZIONE: ASGAR, LA TERRA DEI GHIACCI.


Su di me le parole saldo e ribasso, hanno un effetto fascinatorio così potente che se me la dessero scontata la comprerei io la salma mummificata di Lienin mettendola magari in corridoio come appendi abiti. E’ più forte di me, l’idea di un affare è irresistibile come per una zanzara è la graticola aultravioletti e, come lei, finisco quasi sempre per restarne bruciato.
Quindi questo più che un post è un testamento visto che, l’ultimo colpo gobbo, temo rappresenterà la mia nemesi: Roma-Stoccolma, andata e ritorno, tasse incluse: 70 Euro.
Incitato da una coppia di amici che avevano comprato il biglietto aereo qualche giorno prima, anche io non ci metto più di 5 minuti per acquistare il volo trascinando con me anche ilmiomiglioramico.
Certo che però è davvero strano, mi sono detto, ci sono un sacco di biglietti disponibile e tutti a così poco. Avendolo comprato con un certo anticipo (per intenderci, l’ho pagato in lire) non mi sono minimamente reso conto di alcune cosette sulla Svezia che, considerate per tempo, mi avrebbero fatto desistere dal viaggio. Primo: la Svezia è a nord, ma non il nord profondo che intendo io come Milano o Torino, il nord siderale, quello per trovare il quale occorre un’estensione del planisfero. Seconda considerazione: il biglietto costò 2 lire e mezza anche perché l’aeroporto d’arrivo è praticamente a Viterbo, da li ci sono altre 2 ore di pulman per raggiungere Stoccolma. Terza: il freddo che fa a dicembre da quelle parti è lo stesso che ha fatto estinguere i dinosauri 6 milioni di anni fa. Ultima e, direi, letale considerazione: il volo di ritorno è alle 7 del mattino il che significa arrivare in aeroporto alle 5, 30 il che significa partire da Stoccolma alle 3, 30 il che significa che, i crisantemi da portarmi sulla lastra di ghiaccio che comporrà la mia bara dovranno essere immersi nel fluido anti gelo che si mette nei motori delle macchine.
Io davvero mi chiedo come mi sia venuto in mente. Io che alle basse temperature mi trovo a mio agio come Rosi Bindi a Miss Italia.
Ma, alla fine, lo so, ancora una volta a fregarmi sono stati gli uomini. Tutti quelli che sono stati in Svezia mi fanno racconti meravigliosi di uomini bellissimi e disinibiti e io, come un calabrese qualsiasi degli anni 60 che va a Riccione per rimorchiare le bionde scandinave ci sono cascato con l’aggravante che non ho aspettato calassero loro in Italia alla ricerca di un po’ di tepore sulle nostre coste, no, vado io direttamente da loro e mica in estate, (non sia mai aspettare) in inverno quando tra giubbotti a figura intera impenetrabili come un sarcofago, le tormente di neve e il fatto che alle tre fa già buio, mi chiedo come diavolo farò a vederli ‘sti biondi dei del Valalla!?
Ma ormai la frittata è fatta quindi in settimana io e il manipolo di disgraziati coinvolti in questa avventura al polo, guidati dallo spirito di Umberto Nobile, (ndr: un docente di costruzioni napoletano dell’inizio del secolo scorso con un senso d’orientamento talmente scarso da finire al polo nord giustificando questo suo deficit come invece una volontaria propensione per le scoperte geografiche) andremo alla caccia di calzettoni in lana, calzamaglia in eternit, sì cancerogena ma estremamente isolante, stivali inguinali con interno in pelle di montone in grado di esalare un fetore letale al momento della dismessa, una crema corpo a base di grasso di foca e una cassa di vodka da discaunt che ha lo stesso dosaggio calorico della Diavolina per barbechiù con in più il dono di stordirti come t’avesse travolto da una mandria di alci.
I miei compagni di spedizione cercano di rabbonirmi dicendomi che ci saranno per allora un sacco di mercatini di Natale per comprare deliziosi addobbi, io che l’anno scorso ho comprato un albero di plastica di 70 cm alla GS sotto casa il 24 e le palle “20 a 5 Euro” (altro affarone irresistibile) dai Cinesi, roba che le renne di Babbo Natale le scorse festività hanno incrociato gli zoccoli per 48 ore in segno di protesta imponendo al panzone di non avvicinarsi a più di 500 metri da casa mia.
Ad ogni modo comunque, visto che, si sa, gli opposti si attraggono, ho smesso già da una settimana di depilarmi il tratto che separa le sopracciglia cosicché adesso al loro posto ho una specie di fascetta antisudore da tennista in puro pelo color marmotta, mi sto sottoponendo a lunghe sessioni di lampade abbronzanti fatte da un centro estetico abusivo tenuto da ucraini che utilizza solo uranio comprato di contrabbando dai vecchi arsenali atomici dell’ex URSS e sto facendo un corso di marranzanu (o scacciapensieri) siciliano per dare quel tocco di mediterraneità in grado di scaldare i cuori dei biondi teutonici perché non posso nascondere una mia predilezione per il capello biondo, l’occhio chiaro e il metro e ottantacinque quindi, visto che ormai il viaggio l’ho comprato, io mi porto le valigie per restare e, semmai dovessi trovare l’amore della mia vita vorrà dire che resterò a Stoccolma e, una volta lì, posso sempre svoltare aprendo la pizzeria al taglio: “Da Insy, specialità dal profondo sud”.

giovedì 15 novembre 2007

VUOI DIVENTARE LA PROSSIMA ICONA GHEI? Sono aperte le iscrizioni.


Sei una aspirante qualcosa? Canti, balli, reciti, conduci trasmissioni ma fai tutto questo con lo stesso talento che ha Romano Prodi nell’infervorare le folle? Hai visto più fallimenti sentimentali che tramonti e hai tentato una o più volte il suicidio ma la Morte ti ha risposto “No, grazie le sfigate non sono gradite a casa mia”? Allora puoi aspirare diventare la prossima icona ghei perché se sei nessuno per tutti, per i ricchioni potrai diventare qualcuno, qualcosa.
L’icona ghei è un altro di quegli strani fenomeni antropologico- culturali dalle origini del tutto inspiegabili come quelle del vudu, del culto dei bovini in India o dei ghei che votano Alleanza Nazionale. Ad assurgere agli onori dell’icona ghei sono ammesse solo le donne, eccezion fatta per Amanda Lir e Mario Giordano (ndr: il direttore di Studi Aperto sull’identità del quale la Foschini sta da anni preparando una puntatona speciale di “Misteri”).
In effetti è difficile tratteggiare le caratteristiche di un’icona ghei, e come quando ti chiedono cos’è l’amore: non sai descriverlo ma quando lo incontri, lo riconosci. E’ una sensibilità che hanno solo i ghei e solo loro possono investirti di questo titolo.
Infatti pensiamo che icone ghei lo sono donne di successo assoluto come Madonna ma anche la Rettore il cui unico disco di successo è “Confescion on a dens flor” (di Madonna, appunto), comprato all’Iper di Castelinio di Resada.
Possono essere le donne più dolci della terra come la Clerici diventata icona da quando affermò che “non poteva vivere senza il cazzo” (trovate un ghei che non sia d’accordo) o le più diaboliche come Angelina Giolì che per fare le pulizie ha preferito adottarlo un filippino piuttosto che regolarizzarlo con un permesso di soggiorno versandogli quindi i contributi.
A volte provo a pensare al significato sostanziale della parola Icona. Dovrebbe essere l’incarnazione di un simbolo, di un principio, una figura storica di svolta e mi vengono subito in mente Ainstain, Lennon, Teresa di Calcutta e posso solo immaginare l’espressione di disappunto che possono fare dall’aldilà quando sentono un ghei attribuire lo stesso titolo a Marcella Bella, Viola Valentino o a Moira Orfei. Sì, perché sei icona anche se sei una cantante che ha avuto successo nello stesso anno in cui gli Etruschi inventarono l’arco per costruire edifici, anche se la tua voce era percettibile solo dal super udito dei cani e di Geimi Sommers e se hai un luc sobrio quanto una lezione di diritto pubblico tenuto da Milli D’abbraccio.
Se scendi da una macchina mostrando ai fotografi che non porti le mutande e sei, unica nella storia insieme ad Annamaria Cinaciulli, la saponificatrice di Correggio, ad aver perso l’affido dei suoi figli come la povera Britni Spirs ecco che ti trasformi di diritto in Icona ghei. Se poi con la frequenza con cui io faccio pipì vai nei centri di riabilitazione allora sei supericona.
Ma Mina allora? Non è forse una grande artista ed anche icona ghei? E La Callas? Ma infatti qui stiamo parlando d’essere dei miti per una categoria che ha un approccio alla coerenza sana ed equilibrata come Pacciani e Vanni l’avevano al concetto di passatempo.
Recentemente è assurta a rango di icona anche la signora Giovanna Rattazzi da Sulmona per il semplice fatto di aver partecipato a “Chi vuol essere milionario” (perdendo alla domanda da 200 euro e quindi icona in quanto sfigata). Insomma l’icona ghei è un essere mutevole e di volta in volta è quella che vorremmo essere dall’altro lato degli ormoni o quella che, con una parrucca acquistata a Portaportese e un paio di tacchi comprati dal Califfo, (ndr: negozio romano di calzature per donne alte o per donne che all’anagrafe ancora sono registrate come Carlo o Francesco) riusciamo ad imitare a carnevale ma anche a Pasqua, Ferragosto Natale e, visto che non siamo dei provinciali bacchettoni, ogni volta che ci sentiamo…un po’ così.
A volte diventare icona per i ghei può essere anche l’ultima spiaggia per ex di “Non è la Rai” dimenticate sotto i tavoli di dirigenti televisivi e imprenditori o attrici ormai dimenticate persino dalle loro madri, basterà fare un’affermazione qualsiasi sui ghei, la prima che viene in mente tipo: “io sono contraria ai matrimoni ghei, alle adozioni ghei, alle effusioni in pubblico tra i ghei ma ho un sacco di ami ci ghei e li adoro” e, sta certa che, come minimo, verrai invitata come madrina ai gheipraid di tutta Italia e male che vada la tua serata su un palco con un pubblico che almeno superi il numero dei partecipanti alla riunione di classe dei liceali del “Pilo Albertelli” classe 1906, due consumazioni gratis al bar e qualche frocetta che sotto ecstasi griderebbe “sei un mito” anche a una scoreggia li raccimoli.
Una volta un mio conoscente costumista, corse da me tutto eccitato manco avesse scoperto che il suo nuovo fidanzato era l’unico uomo al mondo dotato di due peni e mi fa: “Non sai che emozione!” E io, immaginando i due peni del ragazzo, in effetto, un po’ di invidia la provai. “Sai chi ho conosciuto oggi?”. A questo punto sfumava il sogno del ragazzo bipenuto e con lui il mio entusiasmo. “La Carrà (ora prendete la parola Icona e apponete in alto a destra la lettera N e avrete un’idea di quanto la pimpante presentatrice dai capelli a caschetto, perfetti come la chioma di un Pleimobil, possa essere per un omoricchione una figura mitica come l’ippogrifo) e guarda!”, mi mostra una foto della Carrà con alle spalle il Colosso di Rodi ancora in piedi firmata con quello che a me sembrava un timbro con su scritto: “Al mio caro (scrivi qui il tuo nome)”. Se ne andò saltellando come una gazzella delle savane e da allora non lo vidi più.
Si può morire di gioia? Da allora lo credo fermamente.

E VOI, AVETE UN'ICONA?

martedì 13 novembre 2007

GRANDI POTERI PORTANO GRANDE SFIGA.




















Si chiamava Saifer e quando gli autori degli “X men” partorirono questo personaggio probabilmente dovevano essere appena usciti da un attacco di dissenteria da intossicazione di cozze del porto di Napoli perché nel gruppo dei “Nuovi Mutanti” era quello con il potere più inutile che si potesse immaginare. Ora ditemi voi se tra super eroi che hanno la capacità di volare, di cambiare il clima, di sparare raggi distruttivi dagli occhi arriva questo biondino, mingherlino e, secondo me pure un po’ “allegro” (da leggere con una strizzata d’occhio ammiccante che intende dire “ci siamo capiti, no?) che come potere ha quello di parlare tutte le lingue anche quelle aliene e dei compiuter, insomma, come il dono dello spirito santo ai discepoli dopo la pentecoste.
Decisamente un potere utilissimo visto che ogni 5 pagine i “Nuovi Mutanti” dovevano scontrarsi con nemici in grado di annientare universi interi con il potere della mente ed era quindi indispensabile che ci fosse un membro del gruppo che potesse sfinire il nemico traducendogli l’Anabasi di Senofonte il 5.678 lingue diverse. Un super-inutile, c’è poco da aggiungere. Tant’è che quando gli autori si rialzarono definitivamente dalla tazza del cesso, lo fecero morire.
Anche io ho un potere mutante bizzarro come quello di Saifer, ma che al contrario del suo avrebbe grosse potenzialità. Dico avrebbe perchè si tratta della capacità di far morire ogni strumento elettronico ma, ecco la controindicazione, solo se di mia proprietà.
E’ successo infatti che ieri, dopo esser stato depredato del mio aipod (per il ladro del quale invoco sempre le forze del maligno che se lo prendano e strazino lui e tutta la sua famiglia per l’eternità) vado a comporre un sms sul cellulare e i tasti non scrivono più o, meglio, funzionano ma fanno come gli pare, facendo apparire lettere incomprensibili in uno strano fenomeno di telescrittura, come i medium, per cui adesso so esattamente quando e perché finirà il mondo ma non posso scrivere ad un amico se ci vediamo per bere una birra.
La cosa non mi sorprende affatto: solo questo cellulare l’ho già fatto riparare 2 volte ma ora che è scaduta la garanzia gli lascerò raggiungere il paradiso dei cellulari.
Come tutti quelli dotati di super poteri anche io ebbi la mia epifania da piccolo. Tutto è cominciato con il mio primo compiuter, un Commodor vic 20 regalatomi per la comunione. Tempo di durata: 2 giorni. Trasformatore bruciato.
Sono poi passato al Geim boi: 2, uno morto per batteria ossidato, l’altro non meglio specificate cause.
Videoregistratori fatti fuori: anche qui 2. Uno in particolare seguiva una dieta dissociata particolare a base di nastri magnetici.
Con l’avvento dei cellulari il mio potere non ha fatto altro che espandersi. Al centro Nokia ormai mi chiamano per nome. Su un totale di 4 aipod 2 morti senza motivo e gli altri, terrorizzati, hanno preferito farsi rubare che finire fulminati come gli altri.
il lettore-registratore DVD già portato una volta al centro assistenza, ora da di nuovo problemi ma lo ignoro. Lui mi insulta scrivendo parolacce sul dispplei ma io gli rispondo che se non vuole essere gettato e riciclato in un pappagallo di plastica del reparto di geriatria del Sant’Eugenio fa bene a non fare troppo lo stronzo. La TV: fusibile fulminato, di notte, nel sonno (il mio però) quindi se ne è andato senza soffrire.
Non sto a dilungarmi nella lunga sequela di stereo, uolcmen e macchine fotografiche digitali. Ho una voce mensile dedicata a “riparazione e sostituzioni”. Insomma dove c’è un circuito, una batteria, due fili di rame e una presa passo io e salta tutto.
Circa due anni fa andai a ballare all’Hub di Lucca (ndr: locale ghei di paese dove i ghei, a differenza dei loro corrispettivi di città vestono camice con i polsini abbottonati e ignorano l’esistenza di palestre) con due miei amici. Uno di essi un pioniere del navigatore satellitare. Non capimmo subito cosa stesse succedendo visto che, a naso, ci sembrava non fosse quella indicata dalla vocina del tomtom la strada giusta. Capii che anche in quel caso era colpa mia solo quando trovammo un cartello con su scritto “benvenuti a Gorizia, comune denuclearizzato gemellato con Bonn”.
E’ per questo che io ho la più vasta collezione di scontrini dopo quella di tanga di Rosi Bindi. Ho un intero scaffale della libreria dedicata ai libretti delle garanzie, li conservo tutti e la sera quando non prendo sonno mi lascio avvincere dai rocamboleschi cavilli assicurativo della Indesit o della Sony.
Fui anche contattato dai servizi segreti per il blec aut nazionale del settembre del 2002 ma li tranquillizzai spiegando che questo potere funziona solo se danneggia esclusivamente me. Per questo porto i capelli corti: vorrei evitare di morire fulminato con il fon con il rischio di essere ritrovato cadavere, seminudo e magari ancora con lo smalto fresco ai piedi.
Insomma fossi nato ai tempi di Edison, oggi andremmo ancora in giro con la candela.

lunedì 12 novembre 2007

SABATO SCORSO: SOPRAVVISSUTO.

da bambino rimasi molto colpito quando uno scienziato, Interpellato da un giornalista, disse che a seguito di un’eventuale guerra termo nucleare i soliti essere in grado di sopravvivere sarebbero stati gli scarafaggi e i topi. Evidentemente non conosceva la capacità di resistenza dei ghei e, anche se non tutti, beh, almeno io lo sono di sicuro.
Sabato sera infatti, nonostante l’influenza, nonostante l’erpes labiale che mi aveva reso il labro superiore come un er beg esploso, nonostante la fiacca del post MuccaAssassina (sì, lo so, mi ero ripromesso che sarei andato al cinema e a letto presto ma se c’è una cosa che non si deve mai fare è fidarsi dei miei intenti) sono riuscito ad andare alla serata Anisecsual @ Alien organizzata dal mio amico costumista quasi affermato e ho fatto benissimo.
Si vede che stavolta qualcuno ha pensato all’animazione e all’allestimento più dei soliti 45 secondi, investendo più dei consueti 5 euro, 3 tichet Restorant e 20 figurine dei calciatori della Panini.
Finalmente una realizzazione degna d’esser chiamata tale anche perchè, diciamocelo, non è che basta mettere 3 finocchie di 12 chili (in 3, ovviamente) truccate come un carro del carnevale di Viareggio che a stento stanno in piedi perché (professioniste) si sono bevute anche l’acetone dello smalto e barcollano fuoritempo su un palco allestito come la recita di fine anno di una scuola uzbeka e vestiti con la carta stagnola quando il tema è “Even on Ert”.
NY primi anno ‘80 era il tema? E NY primi anno ’80 era l’allestimento. Animazione e performaz in linea, coreografie fatte da coreografi e non da reietti delle selezioni di Amici di Maria.
Bella gente e, soprattutto, i cessi non erano intasati con quintali di carta igienica come in genere succede (non so swe anche questo facesse parte del tema nuiorchese ma l’ho apprezzato molto).

ADDIO INSYPOD.


Grazie a tutti per il sostegno. Chi ne ha uno sa bene quanto ci si possa affezionare ad un oggetto del genere che è sì icona del più sfacciato materialismo ma che poi assume un anima proprio per la sua caratteristica di sincretizzare un una tavoletta di plastica i nostri gusti, le nostre esperienze e i nostri ricordi, permettendoci di portali sempre con noi.
Le due cose che più mi rattristano è il fatto che li ci fosse la mia musica (certo niente di irreperibile visti che c'era roba come Britni ed Er Sprai e non l'ultima direzione di Toscanini alla Scala in edizione limitata), le mie foto (per fortuna non quelle sconce della mia prima comunione vestito con un saio da fraticello di due taglie di meno quando all'epoca avevo pure 10 kg di più) i miei video (anche qui non c’era confessione in esclusiva dell’assassino della ragazza americana di Perugia), ma è quel senso di intimità violata che mi disturba, il fatto che qualcuno che non vorresti mai possa frugare tra i tuoi gusti per poi cancellarli in un minuto buttando via una composizione che mi ha richiesto 2 anni e tutto questo per fare posto ai suoi dati o a quelli del compratore della refurtiva (anche lui verrà colpito, e con lui tutti i suoi parenti fino al 5° grado, dalla maledizione di Insy, quindi non morte immediata ma lenta agonia). La seconda cosa che mi addolora è che lo abbia rubato in casa sfruttando l’ospitalità dal mio coinquilino dopo la serata all’Alien ed è per questo che la sua fine avverrà dopo una lenta agonia invece che con una pietosa morte immediata perché il tradimento dell’ospitalità fa anche più schifo che sputtanarsi per un semplice ipod.

domenica 11 novembre 2007

LUTTO

Oggi sono in lutto. Ieri mi hanno rubato L'ipod e solo chi ne possiede uno sa quanto sia tragica la cosa. Al limite, se veniva a mancare mio zio soffrivo di meno.
Spero di riprendermi presto e spero che il ladro venga investito da una betoniera ma non deve morire sul colpo, nooo, deve sopravvivere per ricevere la notizia della madre sbranata da una muta di pechinesi mannari mentre lui si trova costretto in un polmone d'acciaio che lo terrà in vita fino a che un blec aut bloccherà la macchina lasciandogli implodere i polmono morendo così asfissiato. se poi tutto questo avverrà mentre sta ascoltando musica con il mio ipod, beh, allora e solo in quel caso, potrò superare il trauma della mancanza.

venerdì 9 novembre 2007

DOMANI SERA LA MIA MORTE IN DIRETTA AD "ANISECSIUAL".





















Partiamo dal presupposto che io gli anni 80’ li ho appena sfiorati e consideriamo pure il fatto che quelli che ho vissuto io non sono stati esattamente gli stessi vissuti da Bianca Giagger allo studio 54 di NY.
Mentre lei, Baschia’ e Uorrol erano lì a volteggiare al ritmo di Silvester facendosi l’impossibile io ero a Roma cantando Simbolum 77 in parrocchia e facendomi di pizzette farcite con le patatine Stic della Cric Croc (ricetta brevettata dal miomiglioramico, che pure lui ci dava giù di ganascia).
E’ pur vero che se avessi avuto 20anni nei primi ’80 nella grande mela, considerato quello che girava all’epoca tra droghe e malattie e vista la mia capacità di gestire le dipendenze, oggi per parlare con me dovreste chiamare un medium.
Quindi domani sera, nonostante l’influenza incipiente, a costo di impastare acqua, farina e Zerinol per farne delle pagnottelle da portarmi appresso mi fiondo a “AneisecIsual” @ Alien, la serata che s’ispira ai club 80’ di Niu Iorc e questo non perché la organizza un mio amico carissimo, ormai da anni costumista quasi affermato che transita da una decina d’anni tra i 20 e i 30 anni ringiovanendo ogni volta misteriosamente dopo 2 settimane di irreperibilità che coincidono in genere con la scomparsa di bambini dai reparti maternità della Romania.
No! Ci andrò per scroccare drinc gratis a seguito di questo marchettone. Chi verrà sarà ricompensato con lo spettacolo di Ben Ti Vena (uno dei nomi d’arte del mio amico che ne ha ormai talmente tanti che la madre è così confusa che quando lo si rivolge a lui dice: “Scusa, Coso…”). Da non perdere il suo numero sui pattini a stivaletto con ruote in parallelo e scaldamuscoli a strisce colorate scippati dai polpacci della statua di cera di Eter Parisi del Madam Tussò di Tarquinia e al mio numero della vecchia che schiatta a centro pista sopraffatta da una trombosi causa coctel fatale di Negroni e antinfluenzali.

giovedì 8 novembre 2007

SIMO, LA ZUCCA PARLANTE. Ennesima puntata dell'Isola.



La settimana scorsa abbiamo lasciato la nostra Simona catturata a fine puntata da alcuni venditori di zucche americane che, viste le sue forme e il colore del suo vestito, l’hanno portata a Grin River in Oregon per essere venduta come la più grande zucca del mondo, in vista della notte di Allouin. Acquistata per 4000 dollari da una famiglia di coltivatori di mucche e, messa tutta la sera con una candela in testa a distribuire dolcetti a dei monelli del mid uest, è stata liberata solo 2 giorni fa dai suoi fedeli autori per essere riportata in patria in tempo per condurre la puntata di stasera (solo dopo aver pagato altri 4000 dollari di franchigia alla dogana).
Simo stasera ci stupisce con un incredibile vestito rosso rovinato però da una patacca di guacamole, testimonianza di uno spuntino tex mex fatto poco prima della diretta e, per rimediare, prima che Valentino la citi per danni d’immagine, ha la splendida idea di coprirlo con un fiocco rosso grosso come la testa di un toro il che le conferisce un’aria deliziosamente Natalizia.
La Maglie si vede che ha perso qualche etto visto che ha chiesto alla produzione di convertire il suo cascè in lassativi. E gli effetti si vedono!
Al suo fianco c’è sempre Simona Ventura che non si capisce per quale motivo si fa chiamare Silvana Giacobini.
Ma passiamo alla cronaca: la scorsa settimana in Ondulas sono cadute giusto due gocce d’acqua per cui l’isola sembra Niu Orlins dopo l’inondazione con il solo svantaggio che ACP è riuscito a partire per l’Italia prima che potesse essere risucchiato dai flutti.
Stranamente Simo, la zucca parlante, al ventesimo minuto di trasmissione ancora non ha fatto grossi inciampi con la lingua. Pare si tratti di miracolo collaterale della Madonnina di Civitavecchia dove la Ventura si è recata martedì scorso per un voto con la speranza di non far chiudere il programma prima del tempo, promettendo in cambio di non mettere piede nel ristorante di Dolce&Gabbana per almeno 2 mesi.
In studio c’è stasera lo zio di Vittorio che subito viene messo in mezzo per dirimere due quesiti fondamentali per tutto il paese: se il decreto legge sulla sicurezza verrà approvato e se sto benedetto Vittorio c’ha o no le chiappe chiacchierate. Dubbio che ormai non ho neppure più la madre del finanziere.
Finalmente Vittorio rompe gli indugi visto che fino a quel momento la sottile ironia “der mondezza” ancora non era stata evocata e dice: “sono due mesi che le lancette stanno alle sei e mezza”. Questa espressione però non mi suona del tutto nuova e recupero l’antolgia del liceo scoprendo che non è altro che una citazione di una poesia del Petrarca dedicata alla sua Laura. Insomma, Vittorio, bono ma zero originalità.
La Ventura ormai ha appreso l’arte d’arrangiarsi con poco tipico delle massaie che riescono a fare cena una per 6 con una scatola di fagioli, due fette di pane sciapo e mezzo chilo di fragole, e, arrabattandosi con i quattro ronzini che gli sono rimasti sull’isola, cerca di farci puntata provando a millantare flert tra chiunque: Vittorio e la russa (non il figlio del politico ma Victoria, la spacciatrice di gnocca), Miriana e Canonico, Bettarini e Costanzo, Stasi e la bicicletta, il barracuda e la noce di cocco.
Ancora una volta sembra di assistere a una puntata di medicina 33 dedicata alle disfunzioni erettili e al calo di desiderio post menopausa. Pare che nessuno (soprattutto Vittorio) si sogni di fare nulla con nessun’altro (soprattutto con Victoria) neppure con 2 cucchiai di Viagra sciolto di nascosto nel latte di cocco.
A quanto pare Victoria la russa è a un passo dalla morte perché si sta perdendo per strada le protesi alle tette ma al pensiero di tornare a ballare la balalaica in Siberia dissimula dicendo che si tratta solo di un occhio di pernice all’alluce. La Ventura è troppo inverosimile quando cerca di fare la buona, è come vedere Menghele dare lo sciroppo per la tosse al rabbino Toaf, e la invita a tornare a Milano per curarsi promettendole un ritocchino dal suo chirurgo di fiducia. Ma visto come ha ridotto la Ventura, Victoria si spaventa e annuncia che preferisce tornare in Russia a vendere le magliette di Corona’s sulle bancarella della piazza Rossa.
Finalmente, grazie alla petizione firmata dall’Arcighei, Emergensi e il wwf e sotto l’alto patrocinio dell’ONU, la produzione ha deciso di rimandare sull’isola Malgioglio sperando che stavolta venga davvero eletto regina di una di quelle fantastiche tribù indigene che sacrificano agli dei i loro regnanti e da allora sarà festa nazionale.
Scusate, scusate…fatemi capire bene? E’ arrivata una lettera del fidanzato a Manuela Villa? Alla versione robusta di Bad Spenser? Cioè lei è fidanzata e io no?! Dio!!!!!!! Dove sei!?!?!?!
Sono queste le cose che non capirò mai della vita ma, passiamo oltre. Dopo aver attaccato Caren per due mesi accusandola pure della morte di Ledi Daiana accecata dalla luce di un suo sorriso rimbalzato da Salerno fino al tunnel dell’Alma, con la faccia di bronzo Simona si rivolge al pubblico chiedendo di accogliere con calore e affetto Barbi Campania: una donna davvero eccezionale. Dopo questa dichiarazione però fa uno strano cenno con la mano che sulle prime non capisco poi, dagli spalti, partono in successione una frecciata che colpisce Caren in petto (acconciata come Emi Stiuart nel video “Cnoc on vud”), seguita poi da un colpo di fucile che la trapassa da parte a parte e per finire Simo tira fuori uno zippo dalla scollatura e le da fuoco al vestito gridando “muori strega maledetta! Vade retro Satan!!”.
A questo punto la parola passa alla Giacobini che vuole ricordare a Caren, ormai ridotta a tizzo di carbone, che questa settimana su Diva e Donna, il settimanale che si batte il primato di tirature con “La voce dell’oratorio” del Gesù Adolescente di Subiaco, esce una splendida borsa per la spesa con rotelle in 4 colori moda con le ricette tradizionali dell’isola a base di cocco e battute insipidi di dj Francesco. Non finisce di fare promozione al giornale che la Maglie non regge più e, ormai in overdose da lassativo, con una scoreggia, scioglie la direttrice in una nuvola di zolfo.
Ok, ci è appena arrivato il risultato del sondaggio fatto da Top Gerl, la rivista delle ragazze in, che chiedeva:
preferite che l’organizzazione Simon Visental riesca a catturare tutti gli ultimi aguzzini delle SS o volete che Malgioglio vada a raccogliere pomodori a Villa Literno e sparisca misteriosamente tra le piantagioni? Il risultato è sorprendente: vince la seconda ipotesi con il 99% dei voti mentre l’l% chiede il carcere immediato per chi non è d’accordo.
Momento della prova ricompensa ma, soprattutto, momento che mi vado a mettere la crema autoabbronzante perché tra lo scarico dei carboidrati e i capelli rasati assomiglio allo spirito di me stesso e ho paura che domani i miei colleghi, vedendomi, mi chiedono i numeri da giocare al Lotto.
Torno e ritrovo ancora Malgioglio che polemizza con Cattaneo. Ho deciso: da domani inizio le sedute di ipnosi per guarire dalla frocite e diventare finalmente etero, certo mi toccherà fare sesso con le donne ma almeno smetterò di avere anche solo una cosa in comune con queste due checche da operetta.
La cosa che stupisce è come Mirian Travisan che ha l’incisività di un deumidificatore della De Longhi ancora stia lì però è anche pur vero che continua ad aggirarsi per l’isola in compagnia di un mucchietto d’ossa ormai buono solo per fare un fondo di cottura per il bollito della Vigilia (ndr: il figlio di un ormai devastato dalla vergogna Gian Pol Belmondò) che sembra un passeggero del treno bianco per Lurd ma che però è ancora incredibilmente in gioco.
Finiamo con classe grazie a l’intervista a Lisa Fusco che in realtà è Camilla, la bambola con il passaporto, famosissima negli anno ‘80 e poi finita a far vedere le tette via satellite a tutta Italia (se penso quanto cazzo abbiamo speso per spedire in orbita un satellite geostazionario per poi utilizzarlo in questo modo mi viene voglia di andarmi a legare con le catene davanti all’ENEA). Oltre a tutto questo, per evitare gli stereotipi, si sono collegati con i genitori (Mario e Carmela: che fantasia) e altri 45.000 parenti, 2 pizze napoletane, Pulcinella che rotea una manciata di spaghetti con la pummarola e l’eruzione del Vesuvio alle loro spalle.
Mi sto per addormentare quando vengo svegliato dal botto finale. Arriva la telefonata del sedicente ex fidanzato di Caren che, da vero gentiluomo, ha rilasciato un’intervista sputtanando una presunta storia con Caren. Il tipo chiede spiegazione del perchè la Ventura, poco prima di dare alle fiamme la concorrente, gli abbia dato del “figlio di puttana” rivelando questa notizia a “Chi” e mettendo così in crisi una madre di famiglia.
A Simo non le pare vero e ribadisce l’elegante concetto!
Stasera puntata speciale sulla telefonata (arrivata purtroppo solo a mezzanotte) ad Annozero al posto dello speciale su Biagi (tanto quello è morto, può aspettare) nella quale si spiegherà come tutta la storia della tresca che Simo cercava di tirare fuori tra il mio Vittorio e la casertana, fino solo a una settimana fa, non creasse invece alcun contraccolpo sulla vita familiare di Caren.
Per una volta però sono completamente d’accordo con Simo, la zucca parlante: il sedicente ex, ha fatto davvero il figlio di puttana.

martedì 6 novembre 2007

SI SONO RICORDATI DI ME!

Sì, finalmente hanno scoperto che ci sono anch'io, ma le persone sbagliate. No, non sono stato fermato da Testino mentre passeggiavo per trastevere vestito da marinaretto chiedendomi se avessi mai pensato a fare il modello, nè m'è corsa appresso la Venturea implorandomi di andare a rimpiazzare Caren (ormai da quell'isola stanno andando via pure le palme e il barracuda) promettendomi Vittorio, Coco e una partita "tutti contro me" con la nazionale francese di regbi. Semplicemente a lavoro mi sono arrivati una serie di impicci quindi non ho avuto tempo di elargire i miei soliti brandelli di vita vissuta.
Adesso mi sbroglio e vengo.
INSY