venerdì 29 febbraio 2008

LIBERATE LA BERTE'!!!


Io l’ho detto da subito che non poteva essere vero che un ghei andasse a letto senza prima passarsi una cialdina di cotone imbevuta di latte detergente e, come sempre, la verità è finalmente venuta a galla. Il truccatore della Tatangelo non è ghei. Certo lo prende la dove i 2 dolci declivi si incontrano dando vita ad una gola profonda e scoscesa ma è solo perché è un adepto di una antico culto sciamanico che vede in questa pratica una potente rimedio per allontanare gli spiriti maligni.
Sfatata quindi l’ennesima calunnia come quella fatta girare qualche anno fa quando si raccontava della richiesta di restituzione di un panda albino della zoo di Og Cong trafugato
e messo in Italia a capo del ministero delle politiche familiari sotto il falso nome di Rosi Bindi, possiamo parlare ora della serata sarremese di ieri sera.
Premetto, io il giovedì lo dedico alla manutenzione di sto catorcio che mi ostino a chiamare con un eufemismo, corpo. Quindi tra la ceretta al viso, il rinforzante alle unghie (mi piace credere che lo smalto trasparente in realtà sia una cura per la creatina) e la deforestazione delle sopracciglia che anche questa settimana ha pagato il solito contributo di sangue con ben tre vittime schiacciate sotto il peso degli arbusti, non ho seguito molto la disfatta sanremese di Adua.
La Bertè s’è presentata in manette dopo che la guardia medica aveva acconsentito a risparmiarle la camicia di forza fatta invece indossare ad Andrea Osvart che si aggirava per i camerini gridando “giuro, sono una delle due vallette scelte da Baudo, non me lo sono inventato io!”. Ma il vero sintomo del suo disagio mentale si è manifestato nel aver voluto duettare con la perfida strega dell’ovest al secolo Ivana Spagna. Vestite di nero e invasate come due streghe che celebrano il gran sabba con un capretto con zampe di cavallo e corna di toro, hanno danzato intorno ad un fuoco per poi sparire in una nuvola di zolfo.
La polemica su questa canzone, portata fuori concorso dopo il caso di plagio, è la sola cosa che ha permesso al festival di battere in ascolto almeno le lezioni del Progetto Nettuno per la tele laurea in onda tutte le su rai uno dalle 4 alle 5 del mattino. Una polemica che francamente non capisco. Ma che te ne frega se questa povera disgraziata che ha la vita appesa a un filo canta una canzone che faceva schifo trent’anni fa riproponendola oggi? Come voler portare in auge la cravatta a tastiera di pianoforte. Dice, andava 30 anni fa. Si ma faceva cagare allora se ti ripresenti con quell’orrore legato al collo non rischi certo di ritrovarla sulla copertina di vog!
La Bertè fa comunque sapere che è già in cantiere una nuova canzone, stavolta scritta dal lei. Non può darci anticipazioni ma ci fa conoscere solo la prima strofa che fa più o meno: “Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta” (dice ispirata alla vicenda degli Abbagnale alle olimpiadi del 1996).
Serata anche dei duetti metà dei quali fatti con persone sconosciute o con alcuni dei casi più riusciti di “chi l’ha visto?”. C’era Grignani con i Nomadi, la Tatangelo con Maicol Boltom che prima di accettare di cantare con lei ha espressamente richiesto delle mutande di ferro, Bennato con la Montercorvino che canta una volta ogni 15 anni, quando appunto la riesuma il marito, Moro con Curreri (che manco la madre sa chi sia), le sorelle Cappa a Cappella con i Neri per Caso, il Diavolo con le pentole e la capra con il cavolo.
Piccolo pettegolezzo sfuggito alle telecamere: si è esibito anche il piccolo Marc Yu che dichiara 9 anni ma essendo ghei se li scala, in realtà ne ha 23 ma un grave problema ormonale lo non lo ha fatto crescere. Dice di essere un talento. A 2 anni suonava Betoven e riusciva a scaccolarsi con l’alluce del piede. Ieri sera dopo aver suonato “il volo del calabrone” di Corsacof avrebbe dovuto suonare Donna Rosa, la canzone scritta da Baudo per salutare la partenza da Quarto dei Mille di Garibaldi e che ci rifila ogni volta che appare in televisione. Pare che il procuratore del nano suonerino abbia fatto sapere che il cascè non era sufficientemente alto, dicendo testualmente: “già basta come fenomeno da baraccone sta scimmia cinese ammaestrata. Non vogliamo rischiare ulteriori censure da parte di Amnisti Internescional infierendo ulteriormente”.

giovedì 28 febbraio 2008

INSY LOAN AMBISCION TUR 2008


Con la primavera alle porte l’INSY LOAN AMBISCION TUR 2008 è pronto a ripartire ma, questa volta, ho bisogno di qualche consiglio.
Esclusa Roma (per ovvi motivi di sovraesposizione dell’immagine) e Milano (ho più nemici io li che la De Filippi in Mediaset), esistono altri posti nel bel Paese dove possa fare un fine settimana e dove se si pronuncia la parola ghei ad alta voce non si rischio di essere rinchiuso in una gabbia nel centro del paese e lasciato al pubblico ludibrio?
Ora, non vorrei passare per la solita omoricchia di facili costumi che viaggia solo per riempire l’enorme voragine fatta di dolore e solitudine che si porta dietro (altra immagine tratta dal solito “Grande libro delle figure metaforiche” a cura di Insy Loan) quindi sarebbe cosa gradita se, nel suddetto posto, ci fosse anche uno straccio di chiesetta da visitare tanto per trovare un pretesto culturale (no tassativo a suggerimenti di musei o mostre: mi annoio e poi mi si gonfiano le caviglie a girare per sale microclimatizzate dove la gente bisbiglia, manco avessero paura si svegliare i dipinti).
Sono benvenuti suggerimenti di locali ghei dove ci si veste alla moda di paese ovvero camicette con polsini allacciati, magliette della salute infilate nelle mutande e deodorante Ax invece delle solite frociate Dsquer e dove la gente ti chiede almeno il nome prima di infilarti la mano nelle mutande (che tanto non porto).
Grazie per i suggerimenti.
INSY

mercoledì 27 febbraio 2008

ANNA DEI MIRACOLI


Ho appena mandato un fax al ministro del tesoro per proporre
Il conio di una nuova moneta valida in tutta la provincia di Frosinone. Su un lato verrà impresso il profilo della Tatangelo mentre sull’altro l’ormai mitico verso della sua canzone sanremese: “il brivido è lo stesso, anche un po’ di più” (con traduzione in brail per i ciechi).
Da oggi infatti il mio mito non è più Leonarda Cinciulli, detta anche la saponificatrice di Correggio (quella che ammazzava la gente e ci faceva il sapone che poi regalava alle amiche) ma Annarella. Oltretutto, essendo un omoricchia, vorrei essere una femmina e, se potessi scegliere vorrei essere lei, non solo fisicamente ma anche in pensieri, parole, opere e Giggi D’Alessio.
Oltretutto ho appena scoperto che ha solo 21 anni ma sa già come mettere apposto le maliziose allusioni dei giornalisti.
Io Repubblica lo compro solo il giovedì perché esce Repubblica Viaggi (io di viaggi non ne faccio ma mi piace leggerne) e il 7 gennaio per leggere i codici vincenti della lotteria della befana ma oggi, appena ho saputo che dentro avrei trovato un’intervista alla Tatangelo, sono corso in edicola a comprarlo.
Insomma, è stata rivelata l’identità del femminiello protagonista della sua canzone. Si tratta del suo truccatore Claudio, con in quale ha convissuto per un breve periodo. Immagino quindi la sua gioia nel sapere di esser stato smerdato in diretta intercontinentale (il festival lo vedono anche in Australia e persino nei paesi della Sila). Passi il fatto che ha detto che sei uno sfigato reietto anche dai rumeni di piazza della Repubblica, ma che vai a letto ancora truccato, questo si che è grave. Evidentemente non deve essere un bravo truccatore visto che ignora l’esistenza del latte detergente e che trucca quel bocciolo di rosa come prefica siciliana. Forse è più bravo come veggente dal momento che l’altra sera dal palco, dice di aver capito dal sorriso di Anna che stava pensando a lui.
Adesso voglio andare da sto Caludio e fargli un sorriso per vedere se anche dal mio può scoprire quando mi fidanzo e, già che ci sono, mi faccio pure reimpostare il taglio delle sopracciglia per la primavera.
Levata di scudi anche da parte dei rappresentanti di spicco della comunità ghei tra i quali i parlamentari Franco Grillini e Vladimir Lucsuria e il Cardinale Esilio Tonini che dichiara: “le creature gahei non vogliono essere rappresentate così”. Creatura ghei? Io conoscevo quella della palude, quella di Locnes, persino quella abominevole delle nevi, ma di quella ghei non ne avevo ancora sentito parlare.
Anna insiste sul fatto che la canzone è stata scritta non per i ghei famosi e liberati ma per i milioni di ragazzi dalle chiappe chiacchierate che si imbarazzano di dichiararsi e che, adesso, dopo la sua canzone, avranno un motivo in più per vergognarsi.
L’intervistatrice la incalza chiedendole se non stia cercando della facile pubblicità. Evidentemente la tipa dell’intervista deve essere Santa Lucia perché solo se ti cavano gli occhi puoi pensare che una fica come lei, se volesse facile pubblicità, non farebbe prima a far sgusciare una tetta dal decoltè che parlare di ghei.
Ma poi, che ne sa la gente di quello che ha dovuto subbire ‘sta povera ragazzina.
Anna viene da una famiglia morigerata, all’antica, con un padre iperprotettivo che ha già posto grosse resistenze alla relazione con Giggino. “…un uomo sposato, di 20 anni più grande, con 3 figli” e dicoiamolo pure, alto come un barattolo di passata d’asparagi della Cnor e un cattivo gusto nel vestirsi secondo solo a quello di Marcella Bella.
Tati conclude l’intervista con un’ultima, cogente considerazione: “tutte queste polemiche gli scorsi anni non ci sono state con Cristicchi e Moro che hanno parlato di malattie mentali e mafia”.
Da cui se ne deduce che, dopo i matti e i mafiosi, pare coerente parlare di ricchioni. Per cui, concludo io, se avete una canzone, che so sui pedofili di Rignano Flaminio, proponetela a Baudo, vi farà saltare direttamente l’esame d’ammissione al Festival.

martedì 26 febbraio 2008

A SANREMO QUEST'ANNO SI PARLA DI RICCHIONI!


Leggo solo ora il testo della canzone di Anna Tatangelo scritta da quella penna fina di Giggino.
A quanto dice Repubblica le associazioni ghei hanno plaudito al coraggio di portare a Sanreno una canzone sulla condizione dei Chiappa chiacchierata, la famosa tribù indiana di invertiti, ma non riporta il fatto che evidentemente le suddette associazioni si sono bevute il cervello perché, diciamocelo pure, non è che basta pronunciare la parola “omosessuale” in un testo per far si che quello diventi un manifesto politico o un faro di civiltà.

Dopo solo tre strofe si capisce subito che il ghei in questione in realtà è un travestito che va a fare marchette di notte.
Del resto Giggino da Napoli viene e li o sei etero o sei femminiello:
Il mio amico che non dorme mai di notte
Resta sveglio fino a quando da mattina
Con il viso stanco e ancora di po’
Di trucco lascia
I sogni chiusi dentro ad un cuscino
Il mio amico ha molta luce dentro gli occhi
Per guardare chi non c’è

Non solo da il culo a pagamento ma è pure rosicone perchè vorrebbe avere le zinne della Tatangelo invece che due calzini appallottolati ne reggiseno:
Fa di tutto per assomigliarmi tanto vuole amare come me


Ma poi si chiude dentro di sé
Il mio amico s’incammina per la strada
Fa un accenno e ti saluta col sorriso
Nel suo sguardo attento e un poco malizioso
Per avvicinarsi trova mille scuse

Poi devo dire, per niente luoghi comuni: solo, triste, chiuso dentro se, in pratica sta descrivendo la maschera di Pierrò.

Il mio amico avvolto dentro l’amarezza
Mi fa tanta tenerezza
Anche quando nasce l’alba più sicura
Poi di notte gli regala la paura

Capisco l’esigenza della rima baciata: alba sicura/regala paura, ma io mica capisco se sto sfigato c’ha beccato da un cliente.

Dimmi che male c’è
Se ami un altro come te

Cosa che personalmente eviterei visto che se trovo un altro come me finisco a giocare a ramino tutta la notte.

E poi il capolavoro:

L’amore non ha sesso
Il brivido è lo stesso

Un ritornello come non ne sentivo dai tempi di: un, due e tre, tutti in culo a te.

O forse un po’ di più
Dimmi che male c’è
Se ami un altro come te

Se il cuore batte forte
Dà la vita a quella morte che vive dentro te…

A questo punto mi sono grattato già talmente tante volte che davvero non ho più niente tra le gambe.


Il mio amico cerca un nuovo fidanzato
Perché l’altro già da un pezzo l’ha tradito

Anche un bel paio di corna mi sembrano d’obbligo.
Peccato però io ci avrei anche aggiunto l’AIDS, i conditomi, la mamma rompicoglioni e una vecchiaia fatta di insulti e solitudine.

Dorme spesso accanto a me dentro al mio letto
E si lascia accarezzare come un gatto
Il mio amico mi confida le sue cose
Anche quelle che non sa
Poi mi guarda mentre spegne il suo sorriso
Spera sempre in quell’amore che non ha

Da cui si evince che deve essere un cesso a pedali visto che preferisce fare lo scaldaletto alla Tettangelo (non è un refuso, c’ha due tette da scogliosi la ragazza!) che trovarsi uno straccio d’uomo.

Dimmi che male c’è
Se ami un altro come te
L’amore non ha sesso
Il brivido è lo stesso
O forse un po’ di più
Nel cammino dell’amore
Scende sempre quel dolore dentro te

In tutta la canzone le parole più ricorrenti sono: dolore, solitudine, lacrime, disprezzo: in pratica un incrocio letterario tra l’Apocalisse di San Giovanni e una centuria di Nostradamus.

C’è chi ti guarda con disprezzo
Perché ha il cuore di un pupazzo dentro
Se a chi dice che non sei normale
Tu non piangere su quello che non sei
Lui non sa che pure tu sei
Uguale a noi e che siamo figli dello stesso Dio

Dio? Ma se la Dama Bianca ha detto che Dio quando ci vede da lassù viene preso da attacchi di vomito!

Dimmi che male c’è
Se ami un uomo come te
Se il cuore batte forte

E per finire:

Dà vita a quella morte che vive dentro te…

Perché, per dirla alla maniera del mio amico Costumista quasi affermato: è la leggerezza che salverà il mondo.

“l’amore non ha sesso, il brivido è lo stesso”


Non so se rischio l’accusa di apologia di reato o di istigazione a delinquere se dico che è un impegno morale non pagare il canone rai quando ti rifilano un Festival di Sanremo come quello di ieri sera. Baudo ormai è il testimone del credo cristiano che la vita continua dopo la morte e Chiambretti se non ha carta bianca sulle battute scende ai livelli di Gino Bramirei perché, non so voi ma la battuta fatta al Risorto "sia clemente, non faccia casini" è roba da risate a denti stretti della Settimana Enigmistica.
Ma siccome quest’anno Sanremo è Sanremo ma è anche un po’ La prova del cuoco, il concilio di Trento, il Patto di Ialta e, soprattutto Reporter di Milena Gabanelli, ecco il dramma della tratta delle bianche per cui quest’anno hanno preso una badante dell’est, una certa Andrea e l’hanno lanciata sul palco e gridandole: “daje, facci ridere, polacca!!”, costringendola a ballare e cantare mentre tra le lacrime gridava: “ma io non sono un animale! Anzi sono pure laureata!” ma considerando che anche Alessia Mancini lo è, non prenderei la cosa come elemento probante di intelligenza e cultura.
Poi arriva lei: la Tatangelo, una che se avessi le sue stesse tette, le sole turnè che farei sarebbero nelle caserme e sui vascelli di lungo corso, tra marinai e soldati, vestita solo di tre stelline da ufficiale: due sui capezzoli e la terza…no, diciamo che ne bastano anche solo due. Insomma lei che ormai è già icona ghei perché bona e per il fatto che, come tutte le atre icone ghei, propende per una vita fatta di dolore e sofferenza (visto che sta con Gigi D’Alessio, l’unico cantante che nonostante i milioni fatti continua ad avere la faccia da povero), ci canta una bella canzone su una ragazzo omorecchione e riesce in quel che Oscar Ualid non è stato capace di descrivere con la stessa efficacia: “l’amore non ha sesso, il brivido è lo stesso”, che è sempre un modo originale di dire urbi et orbi che lo si prende in quel posto.
Insomma io sta prima puntata l’ho vista con lo stesso istinto di devozione che mi porta ad andare a messa a Natale anche se la fede l’ho persa quando la mia crescita si è bloccata al metroesettanta. Quindi tolto il dente, da stasera posso tornare al mio programma preferito: Le ragazze di Pleiboi ovvero, protesi al silicone, capelli ossigenati e sbiancanti anali.

lunedì 25 febbraio 2008

MA CHI HA VINTO L'OSCAR?


La mia astrologa di fiducia me lo aveva anticipato: “il 2007 sarà sì l’anno della fortuna ma i frutti li raccoglierai nel 2008”. Ed eccola lì la ricompensa.
Insomma per farla breve: mi hanno contattato i responsabili del marcheting delle megior di Hollivud per farmi una proposta. Macchè sceneggiatore! Attore? No, no, vengo male in video.
Mi hanno proposto un contratto quinquennale per non andare mai più al cinema a vedere le loro pellicole. Non solo, dovrò tenermi almeno a 100 metri dalle sale dove proiettano i film. Questo divieto ovviamente è esteso anche ai dvd e a tutte le riproduzioni audio e video delle pellicole in questione.
Nel 2007 infatti sono andato poco al cinema e, quest’anno, di tutti i film premiati all’oscar non ne ho visto neppure uno. Anzi diciamo che di molti non ne avevo neppure sentito parlare, a cominciare dall’opera premiata come miglior film.
De resto come pretendere che vada a vedere una pellicola che si intitola “Non è un paese per vecchi”? Io che i libri li compro solo se hanno belle copertine, figuriamoci se vado a vedere un film con un titolo tanto triste. Poi personalmente se in un film non spendono l’equivalente del pil del Giappone solo per realizzare effetti speciali, mi rifiuto di pagare setteeuroecinquanta per vederlo.
Leggendo il giornale scopro gli altri premi.
Miglior attrice protagonista: Marion Cotillard per “La vi en ros”, che mi dicono essere la biografia di Edit Piaf. Ma l’avete mai sentita cantare? Ha l’effetto equivalente di un branco di gatti neri in transito davanti la porta di casa. E’ già tanto se si arriva alla fine di una sua canzone senza essere colpito da un pezzo di fusoliera di quel satellite abbattuto l’altro giorno da un missile americano.
Film straniero: l’austriaco “Il falsario”. Anche qui, non ci siamo. L’Austria!? Una nazione utile quando un tubetto di mascara nella cassetta degli attrezzi di una lesbica.
Anche sui film d’animazione sono completamente aut. Ha vinto Ratatuie. Ben inteso adoro i film d’animazione ma all’epoca dell’uscita della pellicola la storia di un topo che fa da mangiare in un ristorante, visto che sono un assiduo frequentatore di quelli cinesi, non mi sembrava poi una storia così originale.
Poi ci sono tutte quelle categorie inutili come: montaggio del suono, missaggio del suono, meicap, documentario corto, fotografia, tiro alla fune, burraco e Gira la moda che mi sembrano tanto dei premi tombolino.
Anche nell’unica categoria che mi interessa, quella degli effetti speciali, la statuetta è andata ad un film che quando è uscito dovevi o essere cieco o ricoverato in terapia intensiva per non vederlo: La bussola d’oro. Ma in quel periodo ero troppo preso ad attaccare palle all’albero di natale e a mangiare torroni interi.
Insomma scorrendo il contratto scopro solo ora che, in effetti, mi è dato di vedere film e che, anzi, per questo potrei addirittura percepire un bonus! Qui si parla però esplicitamente di sabotaggio. Infatti mi si spiega che saranno di volta in volta le megior ollivudiane ad indicarmi le pellicole dei concorrenti da vedere e, una volta entrato in sala, mi dispiace, ma quel film non avrà speranze neppure al festival del cinema del Chirgizistan.

giovedì 21 febbraio 2008

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI



Premessa: la mia amica Tette Rifatte credo sia l‘unica lesbica, da Leuca a Cantù, ad avere tette e labbra rifatte, da cui l’allusivo pseudonimo. Se è per questo, si tinge anche i capelli (non da sola), si fa le trecce, si mette le gonne ed è passiva.
In pratica: un travestito.
Avendo uno spiccato spirito d’osservazione faccio tesoro dei suoi consigli, soprattutto quando si tratta di uomini visto che pare ne capisca più di me.
Questa è una conversazione fatta via msn tra me e la mia amica lesbica TETTE RIFATTE, su uno dei grandi misteri della storia dopo la sparizione di Atlantide: il rapporto di Insy con gli uomini.
INSY: facciamo un viaggio a Compostela a piedi?
Secondo me mi rimetterebbe le idee in ordine.
TETTE RIFATTE: a me piacerebbe molto. Volemo anda’?
INSY: tanto si parte da Roma. Quanto ci vorrà?
TETTE RIFATTE: siccome mi sento di essere in movimento, faccio solo la visita senza strada a piedi e ci vediamo direttamene li, nostro signore è in debito con me…
INSY: E’ lui che dovrebbe venire da noi!
TETTE RIFATTE: avoja!
INSY: Secondo me sono un cesso. E’ questo il motivo. Eppure li per li ci cascano...non è neppure il sesso perchè in genere manco ci faccio nulla.
TETTE RIFATTE: ??
INSY: l'alito è ok. Sudo ma non puzzo. Allora ma che cazzo vonno!?!?!?
TETTE RIFATTE: Proprio l'altra sera parlavamo di te dicendo che tra le donne andresti tantissimo.
INSY: tra le donne, appunto…
TETTE RIFATTE: mentre tra i fru sei un macello…
INSY: come un macello?
TETTE RIFATTE: nel senso che non funzioni.
INSY: vero? Perchè secondo te?
TETTE RIFATTE: sei poco stereotipato e in quanto rappresentante dell'alterità li spaventi. Ti rifuggono perchè non ti riconoscono.
INSY: oddio… è un macello. E quindi?
TETTE RIFATTE: non è così grave. Devi simulare.
Essere ciò che non sei.
INSY: la vedo dura…
TETTE RIFATTE: intanto, siccome voi recchione siete tutte delle superficiali divise in categorie come judo o pugilato pensa a qualcuno simile a te…
INSY: Non ne esistono…si sono già suicidate tutte.
E poi dovrei fingere per tutta la vita…
TETTE RIFATTE: piantala, certo che ci stanno.
INSY: ok, allora la prossima volta in discoteca mi porto il blocchetto degli appunti.

Quindi la prossima volta che vado in discoteca mi nascondo dietro a un divanetto e osservo.
Meglio così che dare retta ad altre amiche che evidentemente di ghei non ci capiscono una mazza dato che continuano a suggerirmi di cambiare giri. Come se fosse facile trovare ricchioni al di fuori dei soliti giri.
Dove dovrei andare allora? Al Buling? Nei pub con Scai il mercoledì sera a vedere gli anticipi di campionato?
Le cene, le cene! Mi dicono.
Ancora co’ ste cene!?
Allora, a me alle cene non mi invitano e poi se vado è pure peggio perché parlo troppo e se c’è una cosa che fa smosciare gli uomini sono le chiacchiere. Basta pensare del resto che il mio picco di consensi l’ho avuto un’estate quando per una settimana, a causa dell’umidità, restai completamente afono.
Ma tornata la voce, sparirono gli uomini.

martedì 19 febbraio 2008

UNA COCENTE DELUSIONE.



Cari piromani,
grazie ma di matti nell’ambiente ghei ne abbiamo già abbastanza, perché volete mettervici anche voi?
Poi scusate, ma, come si dice, le cose o le fate bene o non le fate per niente. Francamente io più che spavento provo vergogna per voi. Vergogna per non aver saputo neppure appiccare un rogo come si deve. Eppure non è difficile. Un boi scaut di otto anni con due pietre focaie avrebbe saputo fare di meglio. Quella bruciaturina all’ingresso del locale voi me lo chiamate incendio?
Eppure basta poco, come poco basta per prendere per il culo un andicappato, come poco ci vuole a costringere una ragazzina ad allargarele le cosce e a violentarla, come non ci vuolle un cazzo a buttare una pietra da un cavalcavia o profanare di notte la lapide di un ebreo. Per certe azioni non ci vuole davvero niente, neppure nel cervello. E voi, non siete stati capaci neppure di fare questo. Che delusione.
Venerdì sera alle 22, 30, cari piromani, vi aspettiamo davanti al Coming out. Venite a trovarci, saremo in tanti e questa volta, se vi organizzate bene, potreste fare danni ben peggiori. Pensate di potercela fare stavolta o siete timidi e per fare certe cose avete bisogno che non ci sia nessuno a vedervi? Se i finocchi sono orgogliosi di quello che sono perché non lo siete anche voi e venite allo scoperto?
Ardentemente vostro,
INSY LOAN

domenica 17 febbraio 2008

IL VENTO DELLA MORTE.


Sono tre le cose da controllare quando si esce per andare in discoteca: le pozzanghere che si formano sotto le ascelle (personalmente in casi estremi metto della carta igienica raccattata nei bagni e ne faccio delle alette assorbenti), avere le mutande pulite (non le metto proprio così ho un pensiero in meno) e l’alito gradevole (meglio rischiare un ricovero per ustione da mentolo alle papille gustative che costringere i miei amici a passare la serata in apnea).
Mi sono venute in mente questi tre fondamentali del buon vivere proprio ieri sera in discoteca dopo aver respirati i fumi venefici di colui il quale, con un sottilissimo gioco d’allusione, chiamo “il Fiata”.
Questo è un appellativo che s’è conquistato non a causa di un singolo episodio d’alitosi, cosa che per altro capita a chiunque abbia, che so, fatto l’errore fatale di mangiare un piatto di puntarelle con le alici o sia di origine calabrese (lì, aglio, peperoncino e cipolle ce l’hanno nel codice genetico).
Il Fiata ha un problema ormai cronico e di una portata pari alle armi chimiche di distruzione di massa di Saddam (che la CIA cercasse nel posto sbagliato?).
Insomma, persona cordialissima e, proprio per questo, piacevolmente ciarliera ma se ti attacca bottone per più di trenta secondi, inizi a sentire cori d’angeli e a vedere un tunnel con una forte luce bianche in fondo e una voce celestiale che ti invita a raggiungerlo “li dove si sta meglio”. E per sentirlo io che in discoteca solitamente bevo così tanto da anestetizzare i recettori del naso potete immaginare la portata del problema.
Dicono che l’olfatto sia il senso che maggiormente rievoca episodi, situazioni, luoghi della nostra vita (un po’ come quella ricchia di Prust con le madlen). Ecco i suoi effluvi sono talmente potenti da ingenerarle addirittura le immagini perciò, se vi siete sempre chiesti cosa si possa provare a camminare tra le strade delle baraccopoli di Calcutta, posso darvi il suo numero di telefono (il suo alito tanto passa anche attraverso le linee telefoniche, quelle telematiche e satellitari). Ora sarà pur vero che Napoli si sta schiattando dalla puzza a causa della mondezza accatastata per le strade, ma un intervento dell’esercito io credo abbiamo tutto il diritto di chiederlo anche noi conoscenti del Fiata.
Mi sono anche chiesto se non fosse un obbligo nei confronti della comunità trovare il coraggio di dirgli che forse dovrebbe variare la dieta o verificare che non abbia degli organi interni che stanno frollando come cacciagione, magari lasciandogli un bigliettino anonimo sulla sella della moto, ma non ho ancora trovato il coraggio di farlo.

giovedì 14 febbraio 2008

GIOCA CON I FANTI MA LASCIA STARE I SANTI.


Sono pronto. Del resto la risposta me la sono preparata da tempo. Anni direi. Anche perché è sempre la stessa.
Infatti vuoi che entro stasera non trovo qualche iconoclasta da strapazzo pronto ad aprirmi gli occhi rivelandomi che San Valentino non è che una festa consumistica e commerciale, inventata come il Natale per spillare soldi e per far arricchire fiorai e pasticceri?
“Embe’!?”
Ma chi se ne frega se l’occasione per sentirsi dire Ti Amo capita solo una volta l’anno? E’ comunque sempre meglio di niente.
Mio padre era uno di quelli che diceva, come tanti, che era scontato e banale celebrare San Valentino, che l’amore andava dimostrato e non detto e che chi si profondeva in slanci amorosi lo faceva solo per farsi perdonare magagne e tradimenti.
Io invece che in comune con mio padre ho solo mio fratello, San Valentino non solo lo festeggio ma lo pretendo, con tutti i crismi e le baracconate, con i lumi di candela e i cioccolatini. Con i regali incartati con nastri rosa dozzinali, con il ristorante affollato di coppie che devi prenotare a ferragosto, con l’anello immerso nel bicchiere di fragolina, con i pachistani che vendono rose nei ristoranti e con la scopata di rito a fine serata.
Ho sempre pensato che San Valentino, il Natale, i compleanni fossero che delle occasioni suppletive per ribadire sentimenti che già proviamo, ed avere un occasione in più per esprimerli certo non danneggia la salute.
Quindi, un consiglio: se odiate San Valentino perché avete beccato il vostro ragazzo al telefono con un altro mentre gli diceva “si, ti amo” e voi eravate, non visti, dietro di lui, se avete sbavato per anni appresso a qualcuno che invece non vi si filava neppure se vi cospargevate di trementina e vi davate fuoco come un monaco tibetano, se vi hanno mollato perché “vi amava troppo” e questa cosa non sapeva gestirla e lo spaventava (salvo poi vederlo uscire anche con i sanpietrini delle strade), fate una bella cosa, andateli a scovare e prendeteli a calci in culo loro, non il povero San Valentino.

mercoledì 13 febbraio 2008

Accendete la luce, vi prego. Recensione di “30 giorni al buio”.




Io vado poco al cinema però, quando ci vado ho un sesto senso innato per i capolavori pari solo al mio intuito per trovare il più matto in circolazione e fargli la corte. Sono doni e come tali vanno accettati.
Se poi a questo talento ci si abbina la passione per i film orror, non potevo che andare a vedere “30 giorni di buio”.
Anche questo film è tratto da un fumetto come “300”, “Sin Siti”, “X Men” e “11 settembre” (quindi di questo passo non mi stupirei di veder prodotto prossimamente “La Pimpa” per la regia di un Muccino a caso).
La storia: siamo in un paesino di 500 anime all’estremo nord dell’Alaska e già questo ti deconcentra per tutto il film perché non fai che chiederti cosa possa spingere degli esseri umani a vivere in una terra perennemente sotto 0, che un mese l’anno è totalmente al buio e dove, se per disgrazia devi fare pipì, con tutti gli strati che devi indossare per proteggerti dal freddo, devi iniziare a spogliarti già dopo aver bevuto un bicchiere d’acqua.
Visto quindi che sta per calare la tenebra per ben 30 giorni il paese si svuota e restano solo un centinaio di abitanti (altro dubbio che ti attanaglia per tutta la durata del film e al quale ho dato una risposta: sono degli sventurati che hanno avuto degli alterchi con delle lesbiche e sono fuggiti dove neppure il fiuto di queste può arrivare).
Come non bastasse arriva sto gruppo di vampiri, con occhi affusolati come dei lama, con gravi problemi di tartaro e che parlano una lingua sconosciuta che ricorda un po’ la mia quando bevo della San Pellegrino e inizio a parlare con i rutti. Come non bastasse non si capisce per quale motivo sono vestiti in giacca nera e cravatta allentata come Travolta e Giecson di Pulp Ficsion.
Inizia la solita mattanza di questi poveri disgraziati che non solo abitano in culo ai pinguini ma vengono anche fatti a brandelli e dissanguati.
Ovviamente sopravvivono in 7 tra cui lo sceriffo bono, la moglie che è identica a Ilenia Carrisi (guardate e ditemi voi...)


e qui mi si avvalla l’ipotesi che sia un paese di profughi infatti, sarà una suggestione, ma intravedo anche Elvis Presli, Marlen Ditric e lo zio di mia madre che lasciò la moglie dicendo: “appena arrivo in Argentina mando i biglietti per te e nostra figlia” e di lui non si seppe più nulla.
Ovviamente il manipolo è composto da elementi validi ad affrontare un branco di vampiri super forti, super veloci e super incazzati (ma dico, vada che mi stai per squarciare la gola per berti il mio sangue, ma perché prima di farlo mi devi pure far cacare addosso di paura?). Quindi, come dicevo, di un paese di cacciatori addestrati a catturare orsi di 3 metri a mani nude e avvezzi alle intemperie del posto, chi sopravvive? Un vecchio di 90 anni con l’alzaimer che vuole andare per il paese infestato a cercare la moglie morta 40 anni prima, il figlio deficiente, la vecchia padrona del bar, una che immagino essere l’amante del regista visto che li aveva senso come una trebbiatrice in un film di cappa e spada, il fratello 15enne dello sceriffo bono (ma con l’aggravante di essere un cesso polare) e Agrid di Erri Potter (giuro è lui).
Come in tutti i film di questo genere, muoiono uno alla volta tranne il poliziotto bono e le donne che, si sa, essendo foriere di malattie e sfiga come i polli con l'aviaria e i gatti neri, saranno anche la causa del tragico epilogo. Infatti Ilenia, per salvare una ragazzina di 9 anni che gira per il paese ormai ridotto a macerie in uno stato di scioc come fosse appena uscita da un reiv di 48 ore nella provincia veneta, costringe il poliziotto a creare un diversivo davvero originale: questo si infetta col sangue di un vampiro diventandolo a sua volta e va a sfidare i cattivi.
Quindi combatte contro il capo che sono solo mille anni che è vampiro e potete solo immaginare quindi quanto sia forte, e questo che è vampiro da 4 minuti lo fa secco con un cazzotto in bocca che gli trapassa il cranio (mossa che vorrei studiare per bene per poterla riutilizzare con il prossimo che mi dice “sei molto carino, sei un sacco intelligente, ma io in questo momento non me la sento di intraprendere una relaz…” e zac!, gli mando il cervello a fare salotto con le stelle).
Alla fine, dopo appunto 30 giorni di buio, sorge di nuovo il sole e il poliziotto muore carbonizzato tra le mani di Ilenia che a questo punto fa le valige e decide di tornare a Cellino San Marco.

PS: pare sia un film tratto da una storia vera.

martedì 12 febbraio 2008

OI BARBAROI.


C’è un concetto molto interessante che ho imparato tanti anni fa, durante la preparazione di un esame d’antropologia all’università: quello di relativismo culturale. Questo dice, più o meno, che ogni cultura fonda la sua civiltà in base a dei valori specifici che, invece, altre culture, distanti geograficamente o storicamente, potrebbero giudicare inadatti o barbarici.
In somma detta un po’ più semplicemente: paese che vai, usanze che trovi.
E’ quindi accettabile che il nostro sistema di riferimento culturale non possa mai essere adoperato come unico e giusto e, in virtù di questo assunto, dovremmo evitare giudizi e condanne perpetrate nei confronti di culture diverse.
Ma io una domanda me la faccio: è possibile però rintracciare una “giustezza” universale? E’ possibile distinguere pratiche, leggi, culture e costumi definibili, senza mezzi termini, come barbari?
E una risposta me la sono data: sono convito che esistano società barbare. E queste per me non sono quelle che mangiano cavallette arrosto al posto dello spezzatino di piselli (sarà che poi io mangio e digerisco tutto), ne quelle che adorano come divinità fiumi, animali o fiori di ibisco (se servisse davvero a rendere la mia vita più felice sarei disposto ad adorare anche i cavallucci marini).
Barbare sono le società che violentano i propri appartenenti.
C’è poco da sindacare, da disquisire, da comprendere, e la storia che segue riguarda proprio una di queste società.
Di seguito, il resoconto di un amico che vive a Dubai su una storia di cui non se ne è sentito parlare affatto.
Premetto che quanto segue potrebbe essere una bufala nonostante i riferimenti ad altri siti che spiegano ancora di più l’accaduto e la sincerità del mio amico ma, con l’avvento di internet, dei media diffusi e della facilità di reperire come di “inventare” le notizie, va a capire cosa è vero e cosa non lo è. Forse leggendolo qualcuno potrà confermare l’accaduto, qualcun altro smentirlo ma tutti potremmo fare una riflessione su come possiamo individuare una società definendola barbara quando si comporta come segue.


Dubai, United Arab Emirates, Novembre 2007

Un bambino francese di 13 anni e il suo amico di 8 anni accettano un passaggio verso casa da un ragazzo cittadino degli emirati nel parcheggio del MALL OF THE EMIRATES di DUBAI (lo shopping center in questione e' quello famoso con la pista da sci e negozi super lusso http://www.youtube.com/watch?v=siWnYfRIayI).

Dopo essere saliti in macchina altri due ragazzi (sempre locali), sui 30 anni, entrano in macchina, buttano via i cellulari dei ragazzini e li guidano nel deserto.
Il 13enne viene portato fuori dalla macchina e violentato ripetutamente davanti agli occhi del amico di 8 anni. Dopo ore nel deserto i ragazzini vengono lasciati a se stessi e ritrovati da una macchina di passaggio.
Il 13 enne torna a casa e i genitori corrono dalla polizia locale per la denuncia.
Il bambino sanguina ed e' in forte stato di shock. Il bambino di 8 anni non riesce a descrivere quello che e' successo all’amico per il forte shock subito.
La polizia trattiene immediatamente il bambino francese di 13 anni e lo accusano di istigazione ad atti omosessuali.
La legge locale infatti non prevede penetrazione involontaria. Anche per le varie violenze sessuali sulle donne, sono sempre queste ad essere accusate come adultere o consenzienti.
I genitori dicendo di portare il piccolo all’ospedale lo portano all’ambasciata francese, il bimbo viene subito portato in Svizzera e il giorno dopo in Francia. Non tornerà mai più negli emirati.
Pochi giorni dopo vengono identificati i 3 violentatori.
Noti alla polizia per aver compiuto atti simili in passato e uno dei quali in cura per HIV, vengono rilasciati immediatamente.
Questo avviene sempre quando esistono contenziosi tra stranieri residenti negli emirati e gli "intoccabili" cittadini locali.
Il bambino viene processato a distanza e condannato come istigatore di atti omosessuali e quindi al riformatorio e prigione.
I 3 liberi e prosciolti.
I genitori del bimbo creano un sito internet www.boycottdubai.com grazie al quale riescono ad avere attenzione internazionale.
A gennaio il governo francese (dopo che il bambino risulta positivo al test HIV) chiede che i giornali locali pubblichino la notizia e che le autorità arabe intervengano.
Il presidente Sarkozy si reca a Dubai personalmente.
I tre vengono arrestai e condannati a morte. La condanna verrà poi ridimensionata in silenzio a soli 15 anni.
Il bambino ancora oggi in Francia, è sieropositivo e non potrà mai più tornare a Dubai, pena arreso immediato per atti omosessuali.

In generale:
i rapporti omosessuali consenzienti negli EMIRATI sono condannati a 10 anni di carcere.
I rapporti omosessuali con violenza, con la pena di morte (mai applicata).

I sieropositivi non possono avere il visto di residenza.

Ogni 3 anni, tutti gli stranieri vengono testati e, se diventati sieropositivi, cacciati dal paese.

All’aeroporto, per strada, ovunque, la polizia può eseguire esami del sangue e delle urine per rintracciare alcol o droghe.

Un fortunato residente.


questa e' la stessa Dubai del filmato qui di seguito.
http://www.youtube.com/watch?v=MrjFz4bHMug&feature=related
La stessa delle ville dei Beckams, delle stelle del rock, dei ricchi del jet set, del lusso sfrenato e accessibile.
Questa è la terra della ricchezza che però non conosce civiltà.

lunedì 11 febbraio 2008

IL BUON GIORNO SI VEDE DAL MATTINO


Si chiama sindrome da scioc post traumatico ma se andate sull’atlante medico illustrato della Garzanti ci trovate la foto del mio ex.
Dopo aver pubblicato il post nel quale raccontavo di quando mi lasciò per aver perso la memoria (ved il post successivo: LA MEMORIA E' UNA BRUTTA BESTIA), molti hanno creduto che fosse un episodio frutto della mia fantasia. Ora, non per dire, ma se uno si deve inventare qualcosa dice che Raul Bova e Vittorio de L’isola dei famosi si sono presi a randellate per avermi, salvo poi io intervenire per fare da paciere, concedendomi salomonicamennte ad entrambi, e non che sono stato mollato perché le sole due cose che continuava a non ricordare eravamo io e il barboncino della cugina.
Se quindi sono quasi sei anni che non mi rifidanzo un motivo ci sarà. Insomma è come chi, a seguito di un incidente in macchina, ha convulsioni e attacchi di panico anche solo se sente il profumo di pino silvestre di un “abre magic”.
Del resto le avvisaglie della tragedia avrei dovuto coglierle già agli albori della nostra relazione.
E’ che all’epoca lo trovavo eccentrico, bizzarro.
Che ne sapevo che con il tempo queste caratteristiche sarebbero state implementate anche da altre quali: bipolare e squilibrato.
Eravamo insieme da un paio di mesi che, di per se, non sono tantissimi, però almeno i fondamentali dell’altro dovresti conoscerli e, soprattutto ricordarli.
Arriva quindi il momento del mio debutto tra i suoi amici che non avevo ancora conosciuto tutti e, soprattutto, non tutti insieme. All’epoca ero una persona molto timida e insicura ma parliamo anche di un tempo in cui il primo numero della mia età era il “2”, si girava in calesse e ci si dava ancora del voi. Quindi l’idea di conoscere i suoi amici, che si erano riuniti per una cena a casa di uno di loro, un po’ mi agitava.
“Non ti preoccupare, gli ho parlato benissimo di te e non vedono l’ora di incontrarti”.
Suoniamo alla porta, il padrone di casa ci fa entrare e ci porta verso la sala da pranzo dove vedo davanti a me una decina di persone che ci fissano.
E’ a questo punto che il mio fidanzato saluta tutti con un generico ciao e poi mi introduce: “Ragazzi eccolo: lui è Andrea”.
Il che detto così non sarebbe poi una cosa strana se non fosse per il fatto che io mi chiamo Insy (che come avrete capito, è uno pseudonimo).
I suoi amici ovviamente non colgono subito l’errore se non un paio di loro che mi conoscevano già ma con un altro nome ed è li che ho imparato il vero significato del termine “forza della disperazione”. Mi faccio coraggio e, paonazzo in volto, rispondo: “veramente mi chiamo Insy e, vi posso giurare che sto insieme a lui da 2 mesi e non sono un marchettaro rimorchiato per strada 5 minuti fa”.
Ora credo che il ritratto del mio ex inizi ad essere un po’ più delineato e l’episodio dell’’amnesia un po’ più credibile.