14 anni fa avevo 26 anni.
Frequentavo il Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli e con loro avevamo
ancora l’illusione che l’attivismo politico fosse un impegno necessario e
vitale per ottenere i diritti fino ad allora non solo negati ma ignorati del tutto
da parte della classe politica. Abbiamo fatto sit in, marce di protesta, atti
di guerriglia, riunioni politiche e manifestazioni di piazza ottenendo come
risultato meno di niente. Poi con gli anni questa passione è venuta meno. I
partiti, e non parlo solo di quelli al governo ma anche di quelli
all’opposizione, continuavano a considerare le richieste della popolazione
omosessuale un brusio di fondo rispetto al clangore delle “reali necessità del
paese” e gli stessi omosessuali, nella stragrande maggioranza, si
disinteressavano a ogni forma di rivendicazione dei loro diritti.
14 anni fa nasceva un
ragazzino che l’altro giorno si è tolto la vita non perché omosessuale ma
perché esserlo in Italia richiede forza, coraggio e tenacia, caratteristiche
che purtroppo non tutti hanno e sventurato è colui che qui vive essendone
privo.
In questi 14 anni della sua
breve vita non ci siamo mossi di un metro. Non è successo assolutamente nulla
dal punto di vista istituzionale, legislativo e costituzionale. Non una legge
che ci tuteli dandoci non maggiori ma pari diritti rispetto agli altri
cittadini. Non un riconoscimento ufficiale delle unioni sentimentali tra
persone dello stesso sesso. Il nulla più assoluto che si è alimentato di
un’ignoranza sociale endemica e dell’inettitudine, a tutti i livelli, dei
nostri dirigenti politici.
Quello che è accaduto a
questo ragazzo è una tragedia straziante e ci si interroga sempre come si
sarebbe potuta evitare. Avrebbe potuto una legge a favore degli omosessuali
evitare in qualche modo quanto accaduto? Non lo sapremo mai. Fatto sta che se
in questi 14 anni la cultura della tolleranza e della comprensione si fosse
sviluppata come in tanti altri paesi civili forse, e dico forse, questo
ragazzino sarebbe cresciuto in un ambiente più accogliente e meno discriminatorio
ma per fare sì che questo accada è sempre necessario che lo Stato dia
l’esempio, che promulghi leggi, che sancisca norme e che punisca quanti
agiscono in maniera tale da ledere e mortificare le libertà individuali dei
loro simili. In questo senso, sì, credo fermamente che la responsabilità della
morte di questo ragazzo ricada con un tragico effetto dominino anche sui nostro
politici che la scorsa settimana hanno rimandato la votazione sulla legge
contro l’omofobia a dopo le ferie (!) confermando ancora una volta come si
disinteressino della questione omosessuale, di come credano che questa sia un
capriccio dei gay, confermando lo scollamento tra politica e società. Come
anche credo che, in ultima analisi, la responsabilità ricada su tutti noi, gay,
che ci disinteressiamo totalmente di rivendicare in nostri diritti. Noi che a
una manifestazione preferiamo un aperitivo, che diciamo a mamma che Mario è
Maria, che cerchiamo gli “insospettabili”, che confondono il pudore con la
vergogna che stanno ancora a chiedersi perché dichiararsi. Sì la colpa è anche
la nostra perché là dove la politica è deficiente dovremmo noi creare una
cultura di base che non faccia sentire un ragazzino di 14 anni l’unico gay
della terra esattamente come mi sentivo io a 14 anni, ma parliamo di 26 anni fa
eppure mi pare che da allora nulla sia cambiato.