giovedì 6 ottobre 2011

GOOD JOB, MR JOBS.




















Il primo ipod me lo ha regalato il mio ex ragazzo. Era uno di prima
generazione. All’epoca girare con quello in mano garantiva più
attenzioni che se fossi andato per la città a dorso di un unicorno.
Da quel giorno sono stato infettato anche io dal virus Apple perché di
lì a pochi anni ho comprato in rapida successione un mini ipod (quello
da 40 giga era troppo ingombrante), uno shuffle (beh, quando vai in
palestra ti serve un lettore piccolo e leggero!), un altro da 20 giga
(questa generazione ti faceva vedere anche i film e le foto, certo ti
dovevi sguerciare ma era fondamentale), un ibook (beh, non avevo un
computer a casa) e per finire un ipod touch (e che te lo dico a fare).
Non lo nascondo, a volte mettevo in fila sul tavolo tutti i miei
gingilli e li ammiravo, come farebbe una bambina con la sua collezione
di Barbie. Ma era davvero necessario averne così tanti? Affatto. Chi
compra Apple non lo fa mai per una questione funzionale ma è spinto
dal piacere che procura il bello, esattamente come si fa con i
gioielli o le macchine sportive.
Oggi il creatore di Apple è morto. E quando a scomparire è uno dei
fondatori di questa società 2.0 il cordoglio assume subito dimensioni
globali e istantanee.
Stamattina tutti i telegiornali, la rete e Facebook non parlano
d’altro. Migliaia di persone si sono riversate davanti agli store
Apple per testimoniare con fiori, candele e messaggi scritti il loro
dispiacere, un’immagine che dalla morte di Lady D ci è sempre più
familiare.
Questo mi ha fatto pensare come il progresso mediatico abbia portato
con sé anche l’evoluzione del concetto di cordoglio. Una volta ci si
addolorava solo per la scomparsa di persone che realmente facevano
parte della nostra vita, oggi lo facciamo anche per chi conoscevamo
solo virtualmente, ma del quale stimavamo il valore. Ovviamente è un
dolore differente, non è struggente e lancinante come quello causato
dalla scomparsa di chi ci è davvero caro. È più dispiacere, tristezza,
rammarico per aver perso qualcuno che con la sua vita ha qualificato
anche la nostra. E questo non perché ci abbia banalmente permesso di
scambiare foto in tempo reale o fatto ascoltare Britney Spears ovunque
volessimo ma perché ha dato un messaggio persino più grande delle sue
creazioni: perseguire con tenacia il proprio sogno porta sempre al
successo. Un pensiero un po’ retorico, da super eroe dei fumetti, e
forse così potremmo liquidarlo se poi con la sua morte prematura e
incontrastabile non avesse reso la sua vita incredibilmente umana e
vicina alla nostra.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

uno dei pochi uomini che ha contribuito realmente a cambiare il mondo ( in positivo ).
r.i.p.

La Mari ha detto...

non avrei saputo spiegarlo meglio!