mercoledì 5 dicembre 2012

LEGGERE SUL BUS.


Il tragitto che faccio la mattina in autobus è il solo della giornata che dedico alla lettura. Non sono di quelli che passano il sabato pomeriggio leggendo, in poltrona, sorseggiando un tè e la sera con il tempo che intercorre tra lo sdraiarmi e lo sprofondare in coma non riuscirei a terminare neppure il cartiglio di un bacio Perugina.
Chiunque legga sul bus sa bene come questa operazione possa risultare complicata se non addirittura acrobatica. Con una mano devi aggrapparti a un appiglio che spesso, vista la calca, è sempre piuttosto scomodo da raggiungere. Con l’altra devi reggere il libro. Avendo tutte e due gli arti occupati è necessario quindi fare sempre molta attenzione a calcolare, anzi, sincronizzare, ogni movimento. Se devo recuperare il telefono in tasca, voltare pagina o anche solo grattarmi la testa senza rischiare di cadere addosso a qualcuno sono costretto ad aspettare che il mezzo sia fermo o che si muova su una strada dritta e sgombra o che quantomeno non stia per imboccare una curva.
A causa di questa condizione, chiamiamola così, di disagio, portarsi libri troppo voluminosi è impossibile almeno quanto sperare di trovare un posto a sedere (sarebbe l’ideale e a quel punto potrei anche leggere una Bibbia d’altare).
Per questo, sebbene la qualità di un libro non si giudichi dal numero delle pagine, sono “costretto” a scegliere romanzi brevi o edizioni tascabili. Ad esempio ora sto leggendo “Un giorno questo dolore ti sarà utile”. Non ho ancora neppure superato la prima metà ma mi piace molto. La storia racconta il disagio esistenziale di un adolescente (ma non come il Giovane Holden) attraverso uno stile soavemente ironico (ma non come Sedaris).
A parte questo però mi piacciono molto anche quei bei polpettoni alla Ken Follett. Quei bei romanzi storici dove le dinamiche tra i personaggi sono per lo più quelle che strutturavano i telefilm di Facon Crest, nonostante sullo sfondo ci sia la costruzione di una cattedrale medievale nel nord della Francia feudale.
Con inutile ostinazione qualche tempo fa ho provato a portare sull’85 (la linea di autobus che predo più spesso) “La cattedrale del mare”, di Ildefonzo Falcon, un catafalco di un milione di pagine, ma a causa di una frenata brusca, una mattina, per poco non procuro una commozione cerebrale al passeggero che mi stava accanto e da allora ho desistito dal portarmi sul bus quell’arma contundente passibile di denuncia.
Così, da qualche tempo, ho iniziato ad accarezzare l’idea di convertirmi al libro elettronico che è molto più leggero, non procura traumi se urta il cranio di un essere umano e riuscirei a tenerlo comodamente tra le dita anche se mi dovessi arrampicare su una parete rocciosa.
Oltretutto io non sono così romantico da subire il fascino del libro fisico né sono di quelli che ostentano erudizione tappezzando pareti intere con i loro volumi (tranne una trentina di libri infilati in una piccola libreria della mia camera, tutti gli altri li ho stoccati in scatole di plastica ricacciati sotto il letto) quindi l’idea di averne centinaia, tutti compressi in un aggeggetto elettronico come un Kindle per me va benissimo.
Ma detto questo, non vorrei mai che collegaste il mio desiderio di averne uno con il fatto che domani è il mio compleanno, non sono mica così subdolo!


domenica 2 dicembre 2012

Sallusti o San Lusti martire?


Sallusti è evaso e non da una prigione lurida e malsana di una qualche repubblica dittatoriale del sud America ma dall’appartamento in centro di centinaia di metri quadrati della compagna Daniela Santanché.E’ evaso, dice lui, per protesta.Ripescato nella sua redazione, è stato processato per direttissima e rischia ora fino a 3 anni di detenzione.Già da qualche giorno stavo leggendo articoli, status su Facebook e cinguettate su twitter di giornalisti (molti di questi solitamente “avversari” di Sallusti) scesi in campo per criticare la condanna della magistratura trovandola eccessiva e “persecutoria”. Ma la cosa che dovrebbe far indignare non è il fatto che Sallusti sia stato condannato per un reato che di fatto esiste (e per un’azione che indiscutibilmente ha compiuto) quanto il fatto che Sallusti, in barba a una condanna che va accettata come deve fare ogni cittadino di questa repubblica, abbia approfittato di una condizione privilegiata come i domiciliari, per contravvenire nuovamente alla legge. Questo significa prendersi gioco di un sistema, disprezzarne le regole e, non ultimo, dare un esempio di disobbedienza che non va confusa con quella “civile” ma è solo un atto di presuntuosità.Se glielo chiedete, il 99% dei condannati vi dirà di essere stato trattato ingiustamente, di non aver commesso il reato o di aver subito una pena sproporzionata. Forse, ma non sta a loro sovvertire il giudizio per vie che non siano legali come invece ha fatto Sallusti che tutto è fuorché un martire o una vittima del sistema. Sallusti è semmai solo un cittadino che ha contravvenuto volontariamente a una legge, è stato condannato, e con la sua evasione non ha fatto altro che confermare come certe categorie si sentano “inviolabili”, al di sopra della legge, esattamente come i membri di quella casta politica che lui stesso, spessissimo, ha criticato dalle pagine del suo giornale.