mercoledì 27 agosto 2008

UOMINI E DONNE: UNA FOLGORAZIONE!


Ieri terzo giorno di sbraco culinario dopo la 4 giorni a Barcellona dove pasteggiavo a vodka e cozze al vapore dormendo 5 minuti a notte e ballando senza sosta come se mi avessero minacciato di pubblicare le foto della mia comunione vestito da fraticello, qualora avessi smesso.
Non che mi fossi deperito più di tanto ma avevo bisogno di cibo di conforto.
Quindi anche ieri sera, sbracato sul divano con un piatto dal diametro di 70 cm, mi sono consolato con: supplì, sofficini mozzarella e verdure e Magum “non so”, un’ultima versione di questo gelato che ho pescato alla gs nel frigo vicino le casse e che dentro, una volta addentato la scorza in cioccolato fondente, mi ha rivelato un mondo fatto di biscotti al cioccolato, crema liquida alla mu e tocchi di cioccolato bianco grossi come zoccoli d’asino.
Come però sanno tutti quelli che vedono gli special su I Ciannel dedicati alle star anoressiche, va bene abbottarsi ma entro le 19. Quindi alle 19, 01 mi ero già spazzolato tutto.
Non credo che tra gli ingredienti mettano della marijuana (nonostante il Carletto degli spot sembra fatto più di Lapo Elkan ai tempi di Patrizia la Dolce) ma subito dopo, vedendo le replica su scai di Uomini e Donne ho avuto la folgorazione: questo è un programma geniale!
Grazie a queste replica estive ho potuto finalmente godere anche io di uno spettacolo che, causa lavoro, mi era stato ingiustamente negato (perché non lo spostano in orari in cui anche chi non fa la commessa nei negozi di periferia, gli unici che ancora chiudono per il pranzo, possa goderne?).
In sostanza è la versione moderna e Billionaria di quello che negli anni ottanta era stata Agenzia Matrimoniale, non per niente entrambi i programmi sono condotti da ex mogli di Costanzo.
Togliendosi la puzza sotto il naso visto che gli autori non sono Umberto Eco e Piter Singher, quello che resta è un programma che fa sognare. Essere un tronista, con 30 maschi che sembrano appena usciti dagli spogliatoi di una squadra di serie A e che per giunta che litigano per averti è la versione moderna e un po’ geng bend di Cenerentola.
Insomma questi ti portano a fare pic nic al lago, ti invitano a fare “4 chiacchiere” in una vasca ad idromassaggio, vengono sotto casa a farti la serenata e, pur di apparire sarebbero disposti a farsi anche la carcassa in decomposizione di una mucca, quindi figurati se non mi si fanno a me. In oltre, te li puoi baciare tutti senza dover nulla a nessuno, in più finisci pure sulle copertine di Di Più, voglio dire, sarà meglio che andare al Lov Bal di Barcellona con gente fatta al punto che se gli chiedi il nome ti rispondono: “non ho l’orologio”?

giovedì 21 agosto 2008

LA ROGNA IN CATALOGNA.


















Insomma, ci sono quelle volte in cui uno dice: “forse dovrei dare retta al mio istinto” ma siccome quando lo faccio e mi gioco i miei numeri magici all’otto non ne esce neppure uno, su nessuna ruota, paesi stranieri compresi, evito di affidarmici e faccio di testa mia. Quindi a me, fin dall’inizio, ‘sto viaggio a Barcellona mi convinceva poco. La vocina nella mia testa, oltre a ripetermi di essere quella di un alieno che vive nel mio ipotalamo che mi ripete in continuazione che il mondo finirà il 12 settembre, mi diceva: non andare!
Poi, l’idea di passare ferragosto in casa in una strada deserta, in una città nuclearizzata che se ti prende un colpo ti ritrovano dopo quattro giorni mezzo mangiato dai gatti del vicino attratti dall’odore di carne frollata, insomma non era una alternativa allettante.
Non voglio partire dal ritardo all’andata perché è il 14 agosto e, considerando che in aeroporto ho visto gente vagare con gli sci e il piumino ancora in attesa dei voli per l’Austria dal Natale scorso, a me tutto sommato è andata pure bene.
Diciamo poi che Barcellona non sarà certo Miami ma io il pensiero di farmi 4 giorni di mare l’avevo contemplato, quindi mi sono portato i miei soliti 3 costumi che mi porto avanti da quando facevo agonismo a 16 anni (e non per dire ma porto ancora la stessa taglia. Che c’entra, quelle aggiunte di tessuto sui lati hanno un puro valore decorativo…). La signorina dice che stiamo per atterrare a Barcellona ma a me pare Elsinchin, solo con più nuvole.
Salgo sul taxi e per aver solo detto “Ola, che tal?”, il conducente si convince che io sia nato in qualche Asturia o Leon e attacca fitto a parlarmi in spagnolo illustrandomi tutti i monumenti che ci capitano a tiro fino a una distanza di 2 chilometri. Io annuisco senza capire come quando cercano di farmi credere che le lesbiche hanno un’anima come noi. Quando poi mi rivolge una domanda, che capisco essere tale solo per l’intonazione, rispondo in alternanza SI o NO. Spesso ha un’espressione perplessa e dio solo sa se ho dato conferma a domande come: è vero che a voi italiani piace annusare il culo dei cani?
Raggiungo l’appartamento che i miei amici hanno affittato.
Ovviamente c’è un clima dicembrino quindi si va a pranzo in un centro commerciale, al riparo da tormente di neve.
Io faccio lo splendido e dico: “Il pranzo a base di caldarroste, lo pago con la carta”. Do il bancomat e non passa. Strano (anzi dico “Stranos”, per far vedere che sono un giramondo). Niente. Sul displei appare una scritta “Daje, non passa!! Ridai sta carta a quel morto di fame”. Proverei con la carta di credito ma è esaurita dai tempi di Niu Iorc.
Pagano i miei amici. Vado a un bancomat e mi dice “Tarheta dannegiata”. Mi si secca la gola, mi si inumidiscono le lacrime, inizio a truccarmi da pierrett e mi dirigo verso le Ramala dove cerco posto accanto ad un altro buffone vestito da Don Chisciotte per alzare qualche euro (evidentemente anche lui ha la carta esaurita sennò non c’è motivo razionale per fare il coglione mascherato così). I miei amici, che sono i migliori del mondo (ma non lo dico perché leggono il blog, nooo) mi prestano i soldi ma a me già sta cosa mi mette ansia.
Sorvolerò sul fatto che lì c’è un mio amico carissimo di lunghissima data che dopo 2 giorni capisce che la nostra amicizia non lo rendo più felice e mi molla con 2 sms da condanna alla corte dei diritti dell’uomo dell’Aia, però è successo anche questo.
La sera si esce. Si sbevacchia, io trovo anche qui i rivenditori ufficiali della famosa multinazionale “Felicità in Pillole” e si va a fare quattro zompi in questa discoteca che evidentemente confina con un altoforno delle acciaierie reali visto che inizio ad abbronzarmi per convezione del calore. Diciamo che il locale non è pieno di italiani: ci sono solo italiani. Molti del nord, ma lo capisco non certo dal loro accento (per me da Viterbo a Cantù è tutta la stessa lingua) quanto dal fatto che hanno quel piglio di chi ha il culo rivestitola una foglia d’oro sbalzato.
I restanti giorni quindi li ho passati scroccando pasti ad amici e conoscenti (grazie Egi, Mirta e quel gruppo di pellegrini in partenza per Santiago che hanno deciso di avanzarsi con lo sconto dei loro peccati offrendomi 2 panini con caciotta e salame piccante), facendo le 8 di mattina in discoteca e riuscendo a non rimorchiare in una terra dove pure se hai una gamba di legno ed un occhio di vetro, qualcuno lo becchi (non so se si possa infatti annoverare come rimorchio una pomiciata all’uscita dalla discoteca con un ragazzo che aveva la lingua nella mia gola e la mano nelle mie mutande, che come al solito non porto, alla ricerca forse delle chiavi della sua macchina, finendo poi sdraiato sul marciapiede con lui che simulava di ripassarmi nella posizione della quaglia sotto lo sguardo imbarazzato persino dei più strafatti dei finocchi in attesa dei taxi).
Mo io ve l’ho fatta breve perché oggi devo ancora pulire le verdure per il minestrone ma per me è stata davvero pesante. Ora non ve ne uscite con storie più tragiche di questa perché sennò qui scatta la competizione e ritiro fuori la storia del mio ex ragazzo ché, dopo una botta in testa, ha perso la memoria e mi ha lasciato perché non sapeva chi fossi.

martedì 19 agosto 2008

SOI TORNADO!!!

sono tornato ma è troppo tardi ora per fare un resoconto della vacanza che ha sfiorato la tragedia. come non bastasse, a togliermi ancora di più la forza di scrivere, ci si mette la finale di tuffi maschile in replica su raisport.
vedo l'ultimo carpiato e poi ne faccio uno io per lanciarmi sul materasso. domattina, un riassunto dei 4 giorni terrore a Barcellona.
INSYSURVAIVOR

mercoledì 13 agosto 2008

FIAT LUX


Ieri pomeriggio, mentre avevo il laccio emostatico al braccio ed una siringa che dal televisore mi si infilava nel braccio pompando una competizione olimpica a caso, la corrente va via.
Vado al contatore. Niente, non è saltato nulla, saranno ‘sti cavoli di condizionatori e sta cavolo di Acea che non aumenta i voltaggi e sto cavolo di governo che ancora non costruisce qualche 45 centrali nucleari e siamo costretti ancora ad andare a carbonella. Fatto sta che dopo mezz’ora mi rassegno e mi metto a dormire. Mi risveglio. Niente. Apro il frizer in piena sindrome da massaia: se si scongela devo cucinare 2 chili di petti di pollo e domani parto pure!
Aspetto, aspetto, aspetto. La sola cosa che funziona è l’aipodtac sul quale, per fortuna ho scaricato un Brein Cialleng. Ci gioco un po’ solo per sapere che, di quel solo 10% del nostro cervello che usiamo (a quanto dice il dottorino elettronico che mi parla dallo schermo), io ne uso solo il 6%.
A un certo punto mi sorge un dubbio, ma la corrente sarà andata via in tutto il palazzo? Di sicuro non in quello di fronte visto che, dalle 8 del mattina, c’è un gruppo di discreti operai che stanno evidentemente scavando un nuovo canale di Panama e si parlano da una camera all’altra gridando come se si dovessero far sentire fino a Viterbo. Ormai li conosco tutti per nome: Gaetano, Antonio e Giovanni.
Busso alla vicina. Lei fa la verifica e la luce le si accende. M’avessero comunicato la morte di un cugino, mi sarei sentito meno sconfortato. Questo significa:
a) che la corrente manca solo a me
b) che evidentemente è un guasto che non saprò aggiustare da solo
c) trovare un elettricista
d) che è il 12 agosto quindi per trovarne uno devo sequestrargli il figlio e, solo così, costringerlo a venire da me.
Il marito della vicina, dalla finestrella che da sulla tromba delle scale, come fosse una monaca di clausura, vaticina: “Po’ esse un contatto, hai visto le prese?”
Quindi torno a casa e smonto tutte le prese della corrente. Niente sono tutte ben collegate. Le rimonto tutte e nel frattempo inizio a sudare secchiate d’acqua.
Esco e trovo miracolosamente un negozio di elettricisti. Il marito della signora è fuori ma appena torna me lo manda. Io esco in ginocchio e le mani giunte per muoverla a compassione facendo si che davvero mi faccia venire il marito quanto prima.
Alle 6 arriva, apre la scatola dei fili, mi dice: “manca una fase. Devi chiamare l’Acea. 20 euro”. Tempo medio di permaneza: 3 minuti (io dovevo prendere il diploma alla Scuola Radio Elettra altro che).
Chiamo l’Acea e mi risponde il servizio emergenza.
Dopo aver dato tutti i dati, mi fa: “guardi, arriveranno entro tre ore (perfetto che vuoi che sia in confronto alle tenebre eterne?)”.
Quindi gli faccio: “Che fanno mi telefonano quando sono qui sotto?”.
Manco gli avessi detto Mortaci Tua, mi risponde: “Se e mo che chiamano?”.
E io: “scusi ma come faccio a sapere quando arrivano se non ho la corrente e il citofono non funziona?”:
Lui: “Loro non possono chiamare tutti i clienti”:
Io quando sento delle risposte così idiote vengo preso dall’impulso omicida del Canaro della magliana.
“Si ma se non ho corrente che facciamo?”.
“Buonasera, e riattacca”. Io non gli auguro certo la morte ma spero che questo operatore venga dilaniato da un disturbo intestinale che lo costringa ad andare al cesso dove non troverà carta igienica e bestemmiando, si senta dire da una voce celeste: “beh, ma mica è detto che ci debba per forza essere la carta in un bagno!! Buonasera!!”.
Quindi io ho passato un’ora affacciato alla finestra come la piccola vedetta lombarda con il terrore che se fossero passati e non gli avessi aperto, avrei perso il turno e sarei stato costretto a girare per casa con quintali di Glimma (gli inutili moccolotti di Ichea).
Alla fine li vedo arrivare e inizio a sbracciarmi, manco fossero le truppe americane il giorno della liberazione. Hanno l’aria scazzata di chi dice “sono le 8 di sera del 12 agosto e stamo ancora qui’ a riattacca’ corrente”:
Entrano, smontano il blocco avvitano una vite e torna la luce! Tutto qui? Salutano e vanno via, senza chiedere un soldo, come due eroi d’altri tempi.

venerdì 8 agosto 2008

OLIMPIADI 2008, FORZA ITALIANI MA, SOPRATTUTTO, QUANTI BONI!!


Sarà anche la civiltà più antica del mondo, avranno pure inventato la scrittura mentre noi ancora ci esprimevamo a grugniti come le lesbiche ma la sola immagine che ho negli occhi dei cinesi è quella di loro nella mi palestra che scatarrano nelle docce, vestono abiti di false grif (almeno copiassero bene, vanno in giro con della roba di Cavalli che, se è possibile, è persino più coatta dell’originale) e hanno un fiato all’aglio pestilenziale (una violazione dei diritti umani, altro che Tibet).
Ma oggi iniziano le Olimpiadi e io me le guarderò tutte, anche in diretta alle 3 della notte, visto che sono uno dei 12 ghei in tutta Italia ad avere anche l’abbonamento a scai sport.
In tutto questo marasma di polemiche sulle restrizioni liberticide della Terra di Mezzo (non quella di Tolchien ma la Cina), il doping, i record e, soprattutto gli atleti boni da ricovero in rianimazione, voglio fare i miei complimenti a
Matthew Mitcham, 20 anni, tuffatore australiano, biondo, abbastanza carino (quindi anche lui rientra di diritto nel ristretto clab composto da 28milioni di maschi che, anche se non mi fanno impazzire, comunque mi farei) ma soprattutto ghei dichiarato. Ora io non sono un fanatico dell’auting ma sono le motivazioni che lo hanno portato a rivelare ai 5 anelli e a i 4 venti il fatto che il culo non lo usa solo per sedersi a farmi apprezzare il ragazzino.
"Quando avevo 14 anni l'ho confessato a mia mamma, che si è fatta una risata, se n'era già accorta (ANCHE LA MIA SE NE ERA ACCORTA MA, QUANDO HO CONFESSATO, LA SUA REAZIONE E’ STATA TIPO: “SIGNORA, ABBIAMO SCOPERTO CHE SUO FIGLIO E’ L’ARCHITETTTO CHE STA DIETRO ALLA REALIZZAZIONE DELL’OLOCAUSTO EBRAICO DURANTE LA II GUERRA MONDIALE). I miei amici lo sanno, i miei compagni di squadra anche, non sono mica scemi, l'avevano capito pure loro (AL CHE MI SORGE IL DUBBIO CHE QUESTO, APPARTE MENTRE VOLTEGGIA DALLA PIATTAFORMA, PER IL RESTO ANCHEGGIA COME COME UNA BALLERINA DEL LIDO’ DI PARIGI).
Per me non cambia niente. Qualcuno mi dice: perché esibire la propria scelta sessuale? Io non giro mica con la bandierina in mano, voglio solo essere onesto, non sembrare quello che non sono. Quanti nella giornata parlano agli amici delle loro imprese sessuali etero? E quello non è esibire? E io perché devo fingere attenzione ed entusiasmo?". Già, perché? Si pensa sempre al campione come ad un uomo rude, come se i gay non potessero avere forza e coraggio (QUELLA SI CHE SERVE, CERTE VOLTE E’ IL MINIMO SINDACALE RICHIESTO PER AFFRONTARE UNA SERATA IN UN QUALSIASI LOCALE GHEI).
Per questo molti omosessuali nello sport stanno zitti. E poi c'è la paura di perdere gli sponsor: oddio e se mi tagliano il contratto? (PER FORTUNA IL MIO COME TESTIMONIAL DELLA PIRAMIDE DELLA PUPA E’ BLINDATISSIMO DAL 1988).
Nella moda e nelle arti il mondo è pronto a riconoscere agli uomini gay delle qualità che fanno la differenza (SI’, MO CI SONO I GHEI NELLA MODA!? QUESTO VEDE FINOCCHI OVUNQUE…), nello sport invece no (INFATTI IO HO FATTO DANZA E PATTINAGGIO SUL GHIACCIO CHE SONO DISCIPLINE CHE ARRIVANO DIRETTAMNTE DALLA CULTURA SPARTANA DEL III SECOLO A.C.).
E la gente capirebbe che non siamo bravi solo a ballare o a cantare (PERCHE’ NON CONOSCI MALGIOGLIO, SENNO’ ESCLUDERESTI ANCHE QUESTE CAPACITA’).
Sono un ragazzo normale, guardo i Simpson in tv e a settembre verrò in vacanza a Roma, anche se per certe cose la Spagna è meglio (IO A SETTEMBRE PRESIDIO TUTTI I VOLI IN ARRIVO DA SIDNEI, ALLA PEGGIO SE NON BECCO LUI, MI RACCATTO QUALCHE ALTRO AUSTRALIANO CHE RARAMENTE DELUDONO)".
Tra i 10.708 atleti presenti a Pechino hanno fatto outing in sette. A parte Mitcham, unico uomo, c'è la ciclista Judith Arndt, la schermitrice Imke Duplitzer, Gro Hammerseng e Katia Nuberg, coppia lesbica norvegese che gioca ad handball, la calciatrice americana Natasha Kai e l'attaccante svedese Victoria Svensson. TUTTE LESBICHE E, ALLA FACCIA DEGLI STEREOTIPI, TUTTE IN DISCIPLINE TIPICAMENTE FEMMINILE COME LA RITMICA E L’ARTISTICA.

mercoledì 6 agosto 2008

VANITI DEI.












Ci sono giornate come questa che iniziano davvero con il freno a mano tirato.
Non solo oggi ho dovuto pagare l’affitto, cosa che mi urta profondamente perché è un rito che mensilmente mi ricorda come non possa permettermi di comprare una casa (accendere un mutuo con lo stipendio che prendo, anche volessi comprare una cassetta della frutta, mi costringerebbe a mangiare scatolette di Muccottin, versione ard discaunt della Montana, per tutta la vita), ma dopo 2 giorni di spaccamento di culo in palestra facendo il famoso “percorso aerobico” (lo stesso che in pratica faceva Demi Mur in quel capolavoro di Soldato Gein), non solo non ho perso un grammo ma ho preso 4 cm al punto vita rispetto a sabato (sospetto quindi che nel sonno uno dei miei due coinquilini mi infili una sonda nella narice pompando dentro una pastura di Mec Flarri e strutto liquido a 70 volumi).
So di gente che per molto meno ha infilato la testa nel forno o ha deciso di leggere l’ultimo libro postumo di Oriana Fallaci.
Poi esci, vai in edicola, richiedi la solita copia di Vaniti Fer, e la vita, magicamente torna ad avere un senso. Oggi infatti è al costo incredibile di 1 euro! Quasi la metà del prezzo pur ottenendo la stessa ineccepibile qualità di sempre.
Andiamo a vedere la bibbia delle donne che si posizionano sul diagramma sociologico Nilsen a metà strada tra donna moderna e Vog cosa ci rivela (nello stesso segmento ritroviamo anche il 90% di “coloro che non osano dire il loro amore nonostante abbiamole chiappe che chiacchierano” nel quale io fluttuo comodamente).
FINE PRIMA PARTE.
Non posso crederci: solo un euro uno per vedere le foto in anteprima dei nuovi figli di Angelina e Bred (stavolta fatti da loro e non rapiti nel sud est asiatico o nel corno d’africa). I nomi sembrano la marca di un orologio svizzero di lusso (Vivine Marchielin) e quello di un integratore proteico per la palestra (Cnocs Leon).
la foto della famiglia schierata al completo su un letto bianco, in una stanza bianca con loro vestiti di bianco (mi ricorda la camera imbottita dove ho risieduto per qualche mese in un centro SPA quando ero adolescente) sembrano l’incipit di una barzelletta: “allora ci stanno un cingalese, un africano e 4 americani…”. Bred chiude l’ultima pagina dell’intervista dichiarando “quando ci hanno detto che erano gemelli abbiamo riso come pazzi”, deve essere un umorismo americano tutto particolare perché a me una coppia di gemelli, meglio se alti 185 cm, mori e possibilmente muscolosi più che farmi sganasciare mi suscitano ben altri sentimenti.
ULTIMA PARTE:
Proseguendo nella disamina trovo un’intervista alla Mazza che sorvolo visto che la ritengo una delle 5 persone più noiose della terra (lei è solo al terzo posto tra: Valeria Mazza, Valeria Mazza, Valeria Mazza e Valeria Mazza) e piuttosto leggerei lo statuto dell’ordine dei dottori commercialisti.
Per fortuna una bella intervista con Giastin Timberland che, se mai voleste sapere com’è il mio tipo ideale, beh, ecco, è lui. Sfoglio ancora e trovo un bono assurdo in giacca e cravatta fotografato in una vasca piena d’acqua. Mi rendo conto che la vasca inizialmente era vuota ma l’ho riempita io con la mia saliva. E’ un certo Paolo Bossini ha 23 anni e va a Pechino per vincere l’oro nel nuoto (per la cronaca, dalla foto in costume, scopro che ne ho uno uguale il che, tranne il tatuaggio del viso della moglie sul bicipite, ci rende praticamente due gocce d’acqua).
Andando avanti un servizio sulla moglie di Barac Obama. La sua foto mi ricorda qualcuno. La guardo e riguardo. Poi, alla fine ci arrivo. E’ identica a Uebster! Il bambino nero nano antagonista di Arnold! Certo che se con tutto fotosciop sta ridotta così, prevedo che anche Barac presto si ritroverà classi intere di stagiste sotto la sua scrivania.
Arriviamo dunque al libro postumo della Fallaci che non capisco se l’ha scritto prima di morire o è frutto di una seduta di telescrittura di qualche sensitiva bulgara, fatto sta che sono 45milioni di pagine ed è un agile cronistoria della sua famiglia a partire dalla seconda glaciazione fino alla fine dell’800 quindi, come detto sopra, piuttosto che leggerla metto la testa nel forno (il mio è elettrico ma va bene lo stesso).
Per la rubrica dedicata al Biuti (ma soprattutto alle case cosmetiche che sborsano milioni per essere recensite) un’infilata di prodotti per il sole, prima, durante e dopo l’esposizione. Che se penso che quest’anno ho speso un fottio di euro per avere la linea completa di Dior, Bioterm e Eisemberg essendo andatola mare solo 2 volte, mi viene un incazzo che prenderei sto giornale a mozzichi.
Trafiletto riempitivo sull’annoso dilemma: meglio un gelato o una pizza? Ma è possibile che ancora stiano qui a fare il solito calcolo calorico? Tanto non mangio né l’uno né l’altro, poi co’ ‘sti 4 cm da smaltire entro giovedì prossimo figurati che me ne importa.
Concludo la rassegna segnalando un articolo sul libro veleno del fratello di Madonna che ringraziamo per averci rivelato di avere una sorella che è una stronza galattica. E io che fino ad oggi pensavo che fosse la versione “material gerl” di Mariele Ventre, la dolce insegnate del piccolo coro del Antoniano. (pare abbia dato un bacio saffico alla Paltro! Che scup!! Ma se sta zozza s’è baciata ogni cosa si muovesse su due gambe, fenicotteri rosa della Florida compresi…).

martedì 5 agosto 2008

SIAMO SICURI?


Finalmente stamattina, dopo anni, ho potuto indossare i gioielli di famiglia che da anni giacevano in cassaforte. Braccialetti, collanine e anelli d’oro. Ero così carico di preziosi che all’uscita dal portone ho incrociato una vecchietta la quale, scambiandomi evidentemente per la statua della Madonna di Pomei portata in trionfo, ha accennato un genuflessione e si è fatta il segno della croce.
Se ora posso circolare, sicuro di non essere scippato o derubato, lo devo al decreto sicurezza varato dal Governo che ha stanziato ben 400 soldati per le strade della Capitale.
Leggendo però Repubblica inizio ad avere qualche perplessità e a pormi qualche domanda.
I soldati sono 3000 distribuiti in 9 città. Di questi però 1000 sono dedicati a punti sensibili come chiese e ambasciate.
1000 nei centri di immigrazione e 1000 per pattugliamenti.
Prima considerazione: 1000 militari “spalmati” su 9 città, 4 delle quali sono tra le più grandi d’Italia, è del tutto insufficiente.
Di questi 1000 la maggior parte sono stati posizionati in aree centrali dove, si sa il problema della sicurezza è inferiore rispetto alle arre più marginali. I cittadini hanno paura a girare la sera nelle periferie non in via della Spiga a Milano o Piazza San Giovanni a Roma.
A cosa servono 1000 soldati davanti ad ambasciate e chiese? I veri punti sensibili, come ad esempio le sedi diplomatiche degli Stati Uniti, sono da sempre i posti più sicuri dell’universo. Il servizio di polizia italiana e quello garantito dalla loro polizia li rendono punti assolutamente inattaccabili, a meno che un commando terroristico non ci si lancino con un tir carico di tritolo e, a quel punto, non basterebbero 500 militari.
Gli attentati si combattono con operazione di inteligenz e non con pattugliette di militari.
Qualunque agente delle forze dell’ordine appena uscito da una scuola potrebbe spiegarci benissimo che la presenza di agenti per le strade ha la prima funzione di dissuadere la microcriminalità la quale è il vero problema percepito dai cittadini. Quindi perché sprecare tante risorse per presidiare le basiliche per le quali vale lo stesso discorso fatto per le ambasciate?
Andiamo avanti con l’analisi del provvedimento.
A Napoli e Bari, che diciamocelo, non sono proprio città facili, ci sono 170 militari in una e 205 nell’altra. Ora, le azioni criminose di Camorra, Sacra Corona Unita e simili sono le cause principali dei fatti di sangue in quelle città. Come si può dunque pretendere che vengano anche solo minimamente arginate da un manipolo di militari senza la minima esperienza nel campo? Infatti l’esperienza acquisita nell’aver combattuto in Afgenistan, con tutto il rispetto, non è applicabile a scenari come quelli presenti sul nostro territorio.
A Palermo 50 unità. Una barzelletta in una città dove ne servirebbero 50 per quartiere.
Consideriamo anche un’altra cosa: avere 100 unità non significa averne 100 effettive perché, non essendo dei saiborg, anche loro vengono impiegati a rotazione con turni ben stabiliti nell’arco delle 24 ore. Ecco allora che il numero di agenti effettivi, frazionati per zone di pattugliamento e per orari, è molto più esiguo.
A Torino ne sono stati assegnati 150 ed hanno già portato a segno una significativa operazione anticrimine: al Parco Stura sono stati identificati in poche ore 30 tossicodipendenti. Come se il vero pericolo per la pubblica sicurezza fossero loro e non la malavita che si annida nelle periferie spesso escluse dai pattugliamenti di polizia a causa della loro totale ingestibilità.
Altra questione, ma su questo mi riservo d’essere smentito da chi abbia maggior informazioni a riguardo: che io sappia, i militari sono disarmati in formazione di pattuglia (vedi sorveglianza nelle metropolitane di Roma). Quindi, in caso di reale pericolo, come pensano di contrastare un attacco, lanciando gli anfibi? E non basta il fatto che le pattuglie militari in realtà siano di affiancamento a quelle di ordine pubblico (loro sì, armati) perché è fin troppo evidente considerare che, non avendo esperienza né addestramento specifico per la sicurezza di città che non siano Cabul, rischiano di essere di intralcio più che di aiuto. "Abbiamo fondato timore che possa accadere qualcosa a causa dell'inesperienza dei militari". A lanciare l'allarme è il Sap, il sindacato autonomo di polizia, secondo il quale l'utilizzo dei soldati nelle città non solo costituisce "una pure e semplice operazione di facciata", ma rappresenta anche "un pericolo".
Ora non voglio fare parallelismi con le azioni di propaganda di passati regimi, nostrani e stranieri, ma quando assisto a provvedimenti del genere e poi l’ennesimo servizio di punta al tg delle 13 sulle calorie che si ingurgitano mangiando un cono crema e stracciatella, non posso far a meno di leggere il tutto come un ben congeniato piano di distrazione dell’opinione pubblica e bisogna sempre stare molto attenti ad attribuire troppo potere all'esercito su territorio nazionale, non a caso alle truppe, già nell'antica Roma, veniva negato l'ingresso nell'Urbe e, forse, un buon motivo ci sarà stato.

lunedì 4 agosto 2008

LIBERATE INSY!



















Da La Repubblica del 25 luglio 2008. Intervista a Igrid Betancur pochi giorni dopo la liberazione: “Ringrazio tutti quelli che hanno pregato per me e che si sono adoperati per la mia liberazione ma vorrei che adesso l’attenzione venisse dedicata tutta a Insy che la prossima settimana sarà ostaggio del padre per 24 ore. Faccio quindi appello alle nazioni unite, alla NATO, alla CEI e alla LIPU affinché venga risparmiato il supplizio che conosce solo chi ci è passato”.
Nonostante l’appello accorato della mia collega di prigionia, sabato pomeriggio alle 14, 55 ora di Roma, mio fratello ha fatto irruzione a casa mia e, dopo avermi intimato di buttare quattro stracci in una busta di plastica nera, mi ha fatto calzare a forza un passamontagna con le fenditure per gli occhi cucite, affinché non potessi poi rivelare il tragitto fatto.
Causa del sequestro: compleanno dell’augusto genitore che ha iniziato a preallertarci affinché ci tenessimo liberi per l’occasione già da ottobre (del 2006 ovviamente).
A cadenze prima mensili, poi settimanali e, nell’ultimo mese, giornaliere mi telefonava per ricordarmi di tenermi libero sabato 2 agosto perché avrebbe fatto una cena di compleanno in Abruzzo (ove risiede dalla separazione della mi iperuranica madre). Il fatto che la festa sia di sera implica ovviamente il pernottamento (negli anni ho sviluppato una forma allergica che tocca l’apice della sua virulenza allo scadere della sesta ora in presenza di mio padre, figuriamoci starci 2 giorni insieme).
Anche questa volta mio fratello ha commesso l’errore fatale di rivelare a mio padre il nostro orario di partenza. Il sommo genitore, essendo uno che per ansie sue conta anche i respiri che fa nell’arco di una giornata (e se non corrispondono a quelli previsti, va nel panico), calcola la velocità di crociera della macchina incrociando i dati con l’intensità del vento, lo stile di guida di mio fratello, la presenza di traffico e il tempo medio di una pisciata all’autogrill. Esattamente dopo 70 minuti fa la prima telefonata: “State superando adesso Avezzano, vero?”. E in quell’esatto istante oltrepassiamo lo svincolo per, appunto, Avezzano.
Mio fratello, per scherzo gli risponde invece che, per una serie di disguidi, siamo appena partiti da Roma. Dagli altoparlanti della macchina a cui il cellulare di mio fratello è collegato via blutut, sentiamo ansimare mio padre, il che potrebbe sembrare il preambolo di un orgasmo (la sola idea mi rivolta lo stomaco) o di un attacco di cuore: “Come siete appena partiti!?”. All’idea di trasformare un compleanno in un funerale mio fratello ammette lo scherzo rassicurandolo di aver da poco superato il Cec Point Carli. Solo a questo punto le pulsazioni cardiache di mio padre tornano ai 60 al minuto.
Arriviamo davanti casa sua verso le 16. Fa un caldo porco ed evidentemente quello che scorgiamo in lontananza in mezzo alla strada non può che essere un miraggio o, meglio, un’allucinazione perché c’è uno che sembra essere mio padre in costume da bagno che ci fa cenno in prossimità del cancello. La vergogna mi assale al solo pensiero che i vicini possano vederlo in quello stato e imploro mio fratello di accelerare facendolo secco. Alla polizia diremo che è stato un incidente dovuto all’eccessiva temperatura che ha prosciugato il liquido dei freni ma lui, che è il buono della famiglia, lo schiva all’ultimo momento.
Da quel momento in poi la sola cosa che ricordo sono panini alla porchetta, panzerotti, torte mille foglie e decibel da concerto degli AC/DC visto che una caratteristi comune dei miei parenti è la capacità di provocare frane e slavine solo con la potenza del loro tono di voce, come i Banshi della tradizione favolistica irlandese.
A conclusione di serata, mio padre evidentemente ubriaco, pensa di farci un gavettone con la pompa dell’acqua colpendo anche mia nonna che un artrite deformante non le permette di sfuggire alla goliardia de figlio, aggravando così la sua condizione con un bel raffreddore e l’acuirsi dei reumatismi che già la tormentano da anni.
A mezzanotte, crollo sul divano letto abbrutito dal caldo, dalla porchetta e dall’asfissia causata dall’assenza di finestre della camera che mio padre ha fatto costruire per me quando fece ricostruire casa (una specie di scialè di montagna, tutta di legno e senza neppure una fessura, ideale come rifugio antinucleare ma che in altri contesti, soprattutto se fuori fanno 38 gradi, ricrea il microclima delle paludi umide e putridescenti dove è stata relegata la mia collega Igrid, per l’appunto).
Ore 13: pranzo con mia nonna che ormai ci fa compagnia distesa su un letto ricoperto da un guscio iperbarico di plastica trasparente.
Ore 15, 30: imploro mio fratello che sono disposto a regalargli la primogenitura, non in cambio di un piatto di lenticchie ma per un passaggio verso la libertà. Mosso a compassione visto che con il diritto di essere primogenito ci fa un cazzo, fuggiamo per la libertà alla volta di Roma.
Al mio arrivo sotto casa trovo Veltroni che mi saluta inneggiando alla vittoria ottenuta grazie allo sforzo congiunto di diplomazia e intelingens e mi invita insieme alla Sgrena e a Muniz a raccontare le nostre esperienze di sequestrati al Festival dei Profughi, sua nuova brillante iniziativa dopo la Festa del Cinema.