martedì 31 maggio 2011

E POI DICONO CHE L'ASPETTO NON CONTA


























Un giorno sentii mia madre parlare con un'amica e riferendosi neppure io so a chi pronunciò la frase: "beh se un uomo dopo i trenta è ancora celibe deve avere qualcosa che non va". Io avrò avuto forse 8 anni ma quella sentenza così definitiva mi si impresse a fuoco nella mente e da quel momento iniziò a ticchettare un cronometro che aveva fissato a quell'età il termine ultimo per sistemarmi evitando così quell'aura da sfigato che aveva vaticinato mia madre.
Quella povera donna ovviamente all'epoca dava per scontato che il figlio di lì a qualche anno gli avrebbe garantito una nuora da odiare e delle nozze da supervisionare. Ma come è ben noto, le cose presero un verso un po' differente rispetto alle sue previsioni. Ora sono qui. I trenta li ho passati da un po' e mi ritrovo nel bel mezzo di quel "qualcosa che non va" che poco quadrava alla mia genitrice.
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venerdì 27 maggio 2011

MATER FROCIORUM












Gli omosessuali, razza ingrata e perennemente insoddisfatta, magari in piazza a difendere i propri diritti non scende ma manifesta perplessità e insoddisfazione per la scelta di Claudia Gerini come madrina dell’Europride. Francamente per me una vale l’altra. Già tanto che almeno lei abbia detto di si perché, siamo sinceri, non è che i nostri VIP facciano la fila per sponsorizzare un pride.
Fossimo stati a New York avremmo avuto l’imbarazzo della scelta tra Kylie, Lady Gaga o Sara Palin. Qui è grasso che cola se un’attrice ancora famosa acconsente, quindi non mi lamenterei.
Si poteva pensare a un uomo ma è anche vero che se se ne sceglie uno tipo Raul Bova rischia l'incolumità: dovesse per accidente cadere dal carro farebbe la fine di un prosciutto in una vasca di pirana.
È importante tra l’altro che a rappresentare il pride, seppur europeo, sia comunque un’italiana quindi se non la Gerini, chi?
La Marini? No, si butterebbe sul carro delle trans a scambiarsi protesi di silicone come i ragazzini fanno con le figurine.
Forse la Moratti, tanto ormai ha la vita rovinata, la sfiga che le rosicchia i talloni e una messa in piega che sembra uscita da una diretta di Milleluci per cui la carica di icona gay se l’è bella che conquistata, del resto si sa, agli omo-orgogliosi piacciono le disgraziate.
La Santanché. Una stronza assoluta che incarna i sogni edipici dei gay incarnando la madre castrante e volitiva che la psicologia da bar vorrebbe fosse la causa della deviazione sessuale degli omosessuali.
Il pensiero corre allora subito alla Carrà, ma temo che la sovrintendenza ai beni archeologici nazionali non darebbe mai l’autorizzazione di spostarla senza le adeguate tutele. E qui tra quelle morte di vecchiaia, quelle di suicidio, e quelle che direbbero di si ma alla proclamazione del loro nome alla stampa avrebbero levato un coro di “ma chi cazzo è questa?”, mi pare ci sia davvero poco da ravanare.

giovedì 19 maggio 2011

OMOFOBIA UNICA VIA (IN QUESTO PAESE)


A 11 anni mia madre si ostinava a dire che se venivo costantemente scambiato per una bambina era solo perché avevo i tratti del viso gentili. Da un anno poi avevo dedicato la mia vita a Tersicore, musa della danza e tutto questo, unito a un taglio di capelli che ricordava più la Fawcett di Charlie’s Angels che P. E. Baracus di A Team non aiutava affatto a virilizzare il mio atteggiamento.
Per me non era però ancora un problema. A quell’età non si capisce bene di che pasta si è fatti e l’inconsapevolezza dell’età dell’innocenza ci preserva dai giudizi feroci degli adulti.
Almeno ai miei tempi non si parlava ancora di identità di genere e anche qualora fosse stato un argomento da dibattito, non ne avrei potuto cogliere il significato. Sapevo solo che ai maschi dovevano piacere le femmine e che “frocio” (benché non ne avessi afferrato esattamente il significato ma c’entrava qualcosa con il sesso=peccato) era un insulto terribile che avrei fatto bene ad evitare di farmi gridare appresso. Il problema però era che a me i bambini piacevano più delle bambine.
La scelta dei miei di avermi iscritto a una scuola maschile avrebbe quindi dovuto rendermi felice.
Neppure per sogno.
Non vedevo infatti l’istituto come un harem nel quale sollazzare i miei istinti erotici come un sultano medio orientale. Ero al contrario terrorizzato perché tutto ciò che piaceva ai miei coetanei come il calcio, le scureggie incendiate con l’accendino e i primi commenti sessuali sulle ragazze erano quanto di più lontano da me.
Non sapevo di essere già gay ma percepivo la mia diversità e la paura di essere individuato come tale e preso per il culo per i tre anni delle medie non era certo una prospettiva allettante.
Tutto alla fine si chiarì il primo giorno di scuola, quando nel cortile interno il preside iniziò a smistarci per classi. Io finii nella sezione “A” e mi misi in coda alla fila in attesa di salire in classe. Con un po’ di invidia e senso di esclusione vedevo gli altri miei futuri compagni che avevano già fatto amicizia e questo non faceva altro che mettermi ancora più a disagio. Parlavano tra di loro un linguaggio dal quale mi sentivo totalmente escluso. Comunanza di argomenti che io non conoscevo assolutamente. La Roma? Il Subbuteo? E chi ne aveva mai sentito parlare.
D’un tratto, due di loro iniziarono a guardarmi, anzi no, a scrutarmi dall’alto in basso e confabulavano. Uno si decise, mi indicò con lo sguardo e alzando il volume della voce fino a farsi sentire distintamente anche a Belluno fece al drappello di amici: “ah, vedo che quest’anno hanno fatto iscrivere anche le femmine!”. Insomma, non era passata neppure un’ora che già mi avevano inquadrato, dando così il via a 3 anni infernali durante i quali imparai ogni termine, aggettivo, insulto e soprannome che potesse essere riconducibile alla mia acerba omosessualità.

Il 24 maggio ci si riprova. La deputata Paola Concia porta in discussione alla Camera una legge contro l’omofobia nonostante questa sia stata bocciata qualche giorno fa della commissione giustizia (termine ironico come l’aggettivo “democratica” per la repubblica Nord Coreana) e tutti ci auguriamo possa passare più per un miracolo che per un rinsavimento dei deputati della destra. Qualora accadesse questo provvedimento non avrà certo effetti magici o immediati per la cessazione delle violenze contro gli omosessuali e i transessuali, ma porterà l’opinione pubblica a riflettere sugli atteggiamenti omofobi che spesso hanno e che, per inconsapevolezza o ignoranza, neppure considerano tali.
Pur non volendo confondere il termine “vittima” con “vittimismo” è innegabile che l’omofobia può portare a estreme conseguenze, come dimostrato dalla catena di suicidi di adolescenti scatenatasi negli Stati Uniti e che ha portato alla stupenda campagna di sensibilizzazione: “It Gets Better”, quindi se qualcosa si può fare, meglio agire subito, immediatamente.
Sarebbe un impegno importante e una testimonianza di civiltà se tutti noi supportassimo l’iniziativa anche solo cambiando in questi giorni la nostra foto dei profili Facebook con un cartello pro legge e questo non perché siamo gay ma perché siamo cittadini che non tollerano la violenza, credono nel potere del diritto e nella solidarietà sociale.
Prima che con grande sforzo riuscissi ad appropriarmi di una mia dignità accettando e andando fiero di quello che ero ho dovuto, come molte altre persone, penare moltissimo.
Non c’è stato giorno in quell’infausto periodo delle scuole medie che non pregassi perché tutto finisse. Non avere nessuno con cui parlarne o confidarmi e provare la sensazione di solitudine e inadeguatezza come fossi stato l’unico gay della città è stato un vero travaglio.
Non so se con una legge contro l’omofobia a quel tempo i miei compagni di scuola mi avrebbero fatto vivere un triennio meno allucinante o se sarebbe bastato ad evitarmi di diventare il loro bersaglio mobile. Forse no. Forse mi avrebbero lo stesso preso a pallonate facendo a gara a chi mi colpiva più forte. Ma è comunque importante che un provvedimento come questo esista e che aiuti a formare le coscienze dichiarando a chiare lettere che questo tipo di discriminazione non va bene, aiutando per quel che può alla formazione di una cultura più rispettosa che forse, chi lo sa, un giorno potrebbe far estinguere del tutto il termine omofobia e tutta la violenza che un atteggiamento del genere porta con sé. E chissà che tra 50 anni un ragazzino di 11 anni possa integrarsi con i suoi compagni di classe patiti di scarpini da calcio senza per questo che la sua passione per i vestiti di Barbie siano la causa scatenante della sua segregazione.

mercoledì 18 maggio 2011

SE QUESTO E' UN ETERO.



















Valerio Scanu ha dichiarato di essere etero e, ironia della cosa, lo fa sulle pagine di una rivista chiamata TOP.
Scanu è poco più che nessuno in cerca di conferme nel panorama discografico italiano forse è per questo che di fronte a un coro di persone che qualche giorno fa gli gridavano dalla platea del Mammamia battute e allusioni sulla sua omosessualità, ha sentito il bisogno non solo di ribadire una sua fantomatica quanto ridicola eterosessualità ma, poche ore dopo, ha prestato voce e sopracciglia spinzettate alla celebrazione della chiusura della campagna elettorale di Letizia Moratti a Milano.
Ancora una volta dunque siamo qui a interrogarci sull’opportunità di dichiararsi o meno (perché non prendo neppure in considerazione per un istante che le sue affermazioni di eterosessualità siano vere).
Premettendo che qui non si sta cercando di mantenere nascosto un omicidio, un furto o un altro reato ignominioso. Il punto è riguarda la reticenza disperata e ostinata nel dirlo.
c’è di sbagliato nell’ammettere, qualora l’argomento esca fuori, che “sì, sono gay”?
Nessuno qui sta pretendendo che si esca sventolando bandiere rainbow, nessuno di noi lo fa, ma se interrogati sulla questione cosa c’è di tanto sbagliato nel dichiararsi?
Scanu è solo l’ultimo wannabe del nostro scadente mondo dello spettacolo che abiura per paura che una verità “sconveniente” abbia ripercussioni sulla sua “carriera”.
Ma di che carriera striamo parlando? Può la tutela di questa prevaricare la dignità personale?
La fama, grande o piccola che sia, richiede la maturità e il coraggio di essere fedeli a se stessi e onesti con il pubblico.
Quindi se per Scanu la pressione è tanto insopportabile allora che vada a esibirsi per pub e karaoke dato che in Italia di tutto abbiamo bisogno meno che di un altro cantante.
Per i personaggi pubblici pensare di avere vita privata non solo è una mera illusione ma è anche una pretesa che a loro non è consentito avere.
La sincerità per un artista, quasi prima che per un politico, dovrebbe essere un’esigenza della propria creatività, del proprio spirito, almeno stando a quanto diceva una certa Virginia Wolf.
Stesso discorso sull’onestà lo si potrebbe fare anche per le decine di migliaia di gay che sul posto di lavoro si muovono sotto copertura ma per i personaggi pubblici va applicato un altro protocollo che scaturisce dalla loro visibilità. Chiunque ha un palco da cui parlare (reale o virtuale) ha la responsabilità delle proprie dichiarazioni e la menzogna, ad ogni livello, non può essere mai tollerata e poco mi interessa delle pressioni delle sinistre case di produzione, degli agenti e dei produttori anche perché non è raccontando che si va a fiche che si vendono i dischi.
Insomma vedere un gay che viene invitato a cantare in un locale gay, davanti a una platea gay e dichiararsi eterosessuale oltre a essere la penosa apoteosi della sua schizofrenia suona come uno schiaffo d’offesa per quanti sono lì ad ascoltarlo.
Forse per lui essere omosessuale è qualcosa da tenere taciuto, segregato nelle 4 mura di casa come fossero panni sporchi da non mostrare in pubblico. Libero di crederlo se così facendo però tanto Scanu quanto gli altri artisti omo-velati facessero passare l’idea che l’omosessualità è qualcosa di sbagliato, di sporco o quantomeno di limitante per il raggiungimento del successo. Mai come ora invece abbiamo bisogno di sincerità, onestà ed esempi positivi che ci aiutino a mostrare al mondo che non siamo dei pervertiti senz’anima o sovversivi sociali.
Certo chiedere questo a Valerio Scanu è forse troppo ma di lui come di tutti quelli par suo a questo punto non sappiamo che farcene perché sono solo zavorra che deprime le nostre istanze.

lunedì 16 maggio 2011

OMO E TRANSFOBIA. DUE TERMINI ORRIBILI CHE MERITANO L'ESTINZIONE.














Domani 17 maggio si celebra la giornata mondiale contro l’omofobia e la transfobia. Sono due termini orribili, cacofonici e sarebbe una cosa fantastica non doverli più pronunciare ma perché questo accada occorrerebbe una epidemia “intelligente” che individuasse e colpisse una buona parte della popolazione. Al di la però della bruttezza del termine la cosa a cui pensavo proprio oggi è quanto queste parole siano concettualmente inappropriate. Fobia sta per paura, timore di una cosa. Gli aracnofobici ad esempio scappano alla vista di un ragno mentre gli omofobici sembrano non vedere l’ora di incrociare un gay per poterlo insultare, denigrare, accusare dello sfacelo della società e del crollo dei reattori di Fukushima. Forse si dovrebbe cercare quindi un neologismo più appropriato che sintetizzi i concetti di frustrazione, ignoranza, violenza e omosessualità. Ma temo che ne verrebbe fuori un termine tanto lungo da far passare la voglia di trovarlo a qualsiasi attivista politico con velleità di paroliere.
Ad ogni modo, che questa parola ci piaccia o meno, domani facciamo tutti un pensiero in più sulla condizione degli omosessuali in Italia e se ci riusciamo senza ricorrere a 20 gocce di Prozac, cerchiamo con ogni mezzo di cambiare le cose. Qui da noi, vale la pena di ricordarlo una volta di più, i gay, le lesbiche e i trasgender godono più o meno degli stessi diritti dei neri negli Stati Uniti di metà ottocento. E non perché uno voglia esagerare o punti a fare del facile vittimismo me è un dato di fatto: viviamo avendo gli stessi oneri degli altri cittadini ma godendo di meno diritti (campione su tutti: i matrimoni).
La visibilità è ridotta per lo più a brevi apparizioni di gay da circo nei salotti televisivi a uso del divertimento degli spettatori come i nani nelle corti spagnole il che non gioco molto a favore della causa. Quando il tono si fa più serio invece ci manca poco che si venga intervistati di spalle e camuffando artificialmente la voce neppure fossimo pentiti di mafia.
Al livello più comune, l’omofobia è talmente endemica da portare molti a vivere la propria omosessualità con vergogna, mentendo ai propri familiari e dissimulando sul lavoro.
Siamo tutti ben consapevoli che i cambiamenti epocali avvengono con delle rivoluzioni. Qui non occorre, sebbene l’ipotesi sia allettante, tagliare nessuna testa ma mozzare l’ignoranza è una cosa possibile e nell’attesa che i governi si sveglino e inizino a considerare il diritto come un bene assoluto che non deve sottostare a becere manovre politiche volte a consolidare il consenso degli inetti, possiamo fare una campagna più personale, rivolta a famigliari, amici e conoscenti mostrandoci fieri di quello che siamo. Siate sinceri, siate onesti e nessuno vi potrà attaccare. Vivete nell’ombra e resterete persone infelici e vulnerabili. Ricordate che si nasconde solo chi è colpevole di un crimine quindi uscite allo scoperto, lottate per i vostri diritti e lasciate le caverne ai trogloditi e gli ignoranti.

martedì 10 maggio 2011

GRILLO, MA CHE TI SALTA PER LA TESTA?












L'atteggiamento più pericoloso, tanto per una persona quanto per un gruppo è la permalosità. Questa ci rende antipatici e vulnerabili. Molto spesso però è difficile distinguere una battuta da un insulto. Quindi "At salut, buson!" detto da Grillo a Vendola concludendo un suo comizio a Bologna come dovremmo intenderla? Una battuta da accogliere con bonaria sufficienza o un insulto da catalogare nello stesso faldone che raccoglie quelle ben più infelici di premier, sottosegretari e ministri della nostra repubblica da Bagaglino?

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giovedì 5 maggio 2011

IT GETS BETTER, MA NON PER NOI.



Giovanardi, il sottosegretario alle politiche familiari, sembra aver trovato la vena aurifera in grado di dargli la visibilità cercata. Questa non la sta ottenendo grazie a un disegno di legge, né a qualche riflessione sensata che realmente giovino alla società, ma focalizzandosi ostinatamente sullo spauracchio perfetto dei politici incompetenti: l’omosessualità.
Giovanardi non è certo un’aquila, basta vederlo in faccia, e come tutte le persone meschine di pensiero e misere di sentimenti, ha scelto la strada più semplice cercando di confondere la tutela della famiglia con una condanna immotivata dei diritti degli omosessuali a formarne anche loro una.
Io non so se Giovanardi abbia la sensibilità tale per rendersi conto di stare giocando con le vite delle persone. Non credo che abbia quel minimo livello di coscienza che sa arretrare quando ci si accorge di aver sbagliato, quella consapevolezza intellettuale che fa ammette: “si, ho detto una marea di puttanate, scusate!”.
Se così fosse si renderebbe conto della campagna d’odio che sta caldeggiando e che, sebbene scaturisca da lui, ha la pervasività necessaria per influenzare moltissimi cittadini che vivono in uno stato di ignoranza pressoché totale della questione.
Solo in uno stato ipocrita e contraddittorio come il nostro si vede un ministero (Pari Opportunità) finanziare una campagna contro l’omofobia e il rappresentante di un altro lanciare bordate continue cariche di intolleranza.

Negli USA da tempo sta andando avanti una campagna sociale chiamata “IT GETS BETTER” (andrà meglio) nata a seguito di una catena di suicidi compiuti da adolescenti a seguito delle vessazioni di coetanei per il loro essere omosessuali.
In America ci si sta dando da fare nel modo che a loro riesce meglio: creando movimenti sociali.
Io non credo Giovanardi abbia mai visto nessuno dei video fatti dagli artisti, dai politici e dalla gente comune che supportano i ragazzi attraverso la rete incoraggiandoli a tenere duro, a resistere, ad affrontare i bulli della scuola o gli insulti della gente convincendoli che un giorno “le cose andranno meglio”. Quindi non mi rivolgo al sottosegretario ma a quanti hanno il buon senso di riconoscere il valore di un’operazione del genere e la generosità di condividerla con gli amici.
La vita, lo sappiamo tutti, non è facile per nessuno ma per gli adolescenti omosessuali, spesso imprigionati in contesti sociali e familiari agghiaccianti, può essere ancora peggio.
Anche in Italia ci sono stati casi di suicidi di giovani omosessuali ed è una cosa della quale Giovanardi si dovrebbe preoccupare piuttosto che lanciare accuse moraleggianti sulle famiglie tradizionali.
Non sarebbe del resto questo il suo vero compito?
Vi invito quindi a vedere questo video sull’iniziativa “IT GETS BETTER”. A me commuove e rammarica allo stesso tempo perché più vedo lo spirito altruistico che muove certe società più mi rendo conto della miseria che impregna la nostra.
Non che le cose cambino e la maggior parte dei gay continueranno a farsi i cazzi propri, ma per tutti gli altri almeno abbiamo esempi buoni a cui ispirarci.

mercoledì 4 maggio 2011

LE MISURE DELL'AMORE.











Insomma nessuno vuole passare per un superficiale e tutti sono disposti a dichiarare in pubblico che le dimensioni non contano, ma questo ce lo potrebbe dire anche una reginetta di bellezza davanti alla giuria per ingraziarsi i voti (dopo però aver affermato che è la mamma la loro migliore amica). In realtà quello che pensiamo veramente ce lo diciamo poi a cena, tra intimi, meglio se dopo un paio di bicchieri di vino.
Del resto quando un nostro amico ci racconta di aver conosciuto un ragazzo la prima cosa che ci lanciamo a chiedere non è certo se in casa conserva una prima edizione de I promessi sposi ma piuttosto: "Come ce l'ha?".
Leggi il resto qui.

lunedì 2 maggio 2011

IL MISTERO DEI MISTERI: I GAY CATTOLICI.



















Si dice che non esista una fede senza contraddizioni e che solo dal dissidio interiore tra l’istinto umano e la sua sublimazione attraverso la fede si possa aspirare a diventare persone migliori. Sarà, ma rimango comunque perplesso quando vedo persone battersi il petto la domenica in chiesa dopo aver saltellato allegramente per quelli che sono ritenuti collettori di peccato come le discoteche gay o dopo aver, colpa ben più grave, addirittura fatto del sesso (promiscuo e senza sentimento o mosso dal più profondo amore poca differenza fa agli occhi della dottrina cristiana) con altri omosessuali. Qualcuno liquiderebbe la cosa parlando di semplice ipocrisia ma io vorrei andare oltre chiedendomi, davvero senza sarcasmo, come si possa essere cattolici e omosessuali senza rischiare di diventare schizofrenici.

il resto lo trovi qui.