mercoledì 28 settembre 2011

LAGY GAGA, LA SFIGA E IL SUCCESSO.

















Stamattina mi stavo preparando per andare a lavoro. Con una mano finivo la tazza di caffè, con l’altra mi abbottonavo la camicia e con l’altra ancora cambiavo i canali della tv in cerca di un video musicale che rompesse il silenzio tedioso dell’alba. La possibilità che non mi capitasse Lady Gaga tra i piedi era piuttosto remota visto che pubblica più video lei che Berlusconi messaggi preregistrati. E infatti così è accaduto. Francamente non saprei neppure dire quale canzone fosse, ormai per me è tutto un continuum che parte da Poker Face e arriva a Edge of Glory, saprei solo dire che aveva delle sonorità country e un bono spaziale come coprotagonista (vorrei anche dire che lei sembrava un carro del carnevale di Rio ma questa annotazione nel suo caso non è così distintiva).
Mentre la ascoltavo mi è venuta in mente una sua intervista che ho seguito qualche settimana fa. A quanto pare la Germanotta ce le ha avute tutte: vittima di bullismo, figlia di una famiglia povera, presa in giro per il suo brutto aspetto le mancava solo l’epilessia e un abuso in tenera età da parte di una suora e poi era perfetta per una film di Gus Van Sant. Nonostante questo passato da sfigata ora è quello che è ovvero una super, mega, iper pop star. Una di quelle che se fa un rutto spegni il telegiornale che annuncia lo scoppio di un reattore nucleare in Giappone pur di ascoltarla. Allora, con un’intuizione che ha sorpreso persino me, mi sono detto: il successo è dei reietti.
Ho iniziato quindi a chiedermi se questa tesi è sostenibile dai fatti. Ho pensato a Madonna e pure lei, diciamocelo, era una povera disgraziata. Ammesso sia vero il fatto dei 35 dollari in tasca all’arrivo a New York è però inequivocabile che la sua ascesa è stata inversamente proporzionata alla sua mancanza di talento. Ora per non fare la solita finocchetta che parla solo di pop star ci butto dentro anche Stephen Hawking, lo scienziato che non sai dove comincia lui e dove finisce la sedia a rotelle. Tetraplegico sin da bambino a 20 anni si laurea e non con una tesi sulla direzione artistica di Donatella Versace alla guida della meson ma con una sui buchi neri, la relatività e l’origine dell’universo. E come loro ce ne sono ancora centinaia di esempi rappresentativi che alla fine hanno avallato ciò che ho sempre sostenuto: la sfiga nella vita ci rende persone migliori e se solo sappiamo reagire (e se nel farlo riusciamo anche a conservare un po’ di umanità senza diventare degli stronzi) allora otterremo più di quanto un’adolescenza edulcorata potrebbe mai garantirci.
Gli stessi nerd di Glee (torniamo nel mio campo preferito) hanno successo per questo perché ci mostrano quanta grazia nasce dalla sofferenza e come questa possa essere tanto più interessante della presunta perfezione arrivando addirittura a diventare un passaporto per il successo. Nno mi pare infatti che la vita dei “perfetti” sia così interessante. Kennedy si è dovuto far sparare per diventare un mito e Lapo Elkan è finito in periferia a giocare a farfallina con dei trans robusti come fusti di greggio. Quindi forse è vero come dice De André che i fiori non nascono dai diamanti, che quello che non strozza ingrassa e che quello che non spezza rende più forte e se sono frasi fatte e un po’ banali il successo degli sfigati non lo è manco per niente.

venerdì 23 settembre 2011

MANCUSO'S LIST




















Mancuso lo ha detto e lo ha fatto. Pubblicata la (prima) lista dei 10 parlamentari del centro destra omofobi al sole omofili al buio. Se le fonti sono davvero attendibili non è dato sapere. Credo però che Mancuso non sia tanto sprovveduto da mettersi a petto nudo davanti a un plotone d'esecuzione caricato a colpi di querele. Di molti si intuiva e di altri si sapeva. Un solo commento personale: se davvero questi rappresentanti della Repubblica sono omosessuali e omofobi io un po' mi vergogno di appartenere "per natura" alla stessa categoria. Chi abiura le proprie origini, la propria cultura arrivando addirittura ad osteggiarla privando i suoi rappresentanti di diritti fondamentali in uno stato civile, non merita rispetto, non il mio almeno.

giovedì 22 settembre 2011

IL PAPA CHE NELLA SUA GERMANIA LO CHIAMANO "LO STRANIERO"


Il Santo Padre è arrivato in Germania.
Diciamo che questa nazione non è propriamente quella che si definisce una devota seguace del cattolicesimo ed è ovvio quindi che a differenza dei suoi viaggi in paesi più cattolici come la Spagna o la Franca sia entrato con i tacchi in mano per fare meno rumore possibile.
Risponde in maniera incredibilmente docile alle domande dei giornalisti e bisogna fare un grande atto di fede per credere che sia davvero lui quando gli chiedono cosa pensi delle contestazioni che lo aspettano nella sua terra e lui risponde placido: "nulla contro una contestazione che si svolga in modo civile. E' normale, in una società libera e marcata da una forte secolarizzazione. Ne prendo atto e non ho nulla da obiettare”. Ma già me lo vedo subito dopo allontanarsi con la scusa di dover andare in bagno mentre in realtà si è chiuso in uno stanzino per dare cazzotti al muro e scaricare l’incazzatura.
Se la domanda più in voga al momento è chiedere un opinione sui matrimoni gay a chiunque, da Rosa e Olindo a Ronald Mc Donald, il tormentone rivolto agli alti prelati è sempre lo scottante scandalo legato ai predi pedofili.
Quindi, anche in questa occasione, i cronisti teutonici hanno posto al Santo Padre la solita questione.
Benny, deve essere ricorso ai poteri lisergici di qualche calmante illegale a giudicare dal tono accomodante che ha adoperato per rispondere alla “provocazione” o più semplicemente, di fronte al precipizio dei consensi che lamenta la Chiesa in questo periodo, ha capito che è meglio volare bassi, ingoiare il rospo e fare mea culpa.
"Posso capire che, di fronte a crimini come gli abusi su minori commessi da sacerdoti, se le vittime sono persone vicine uno dica: questa non è la mia Chiesa, la Chiesa è una forza di umanizzazione e moralizzazione e se loro stessi fanno il contrario io non posso più stare con questa Chiesa".
Se potessi parlargli francamente però vorrei fargli presente che le persone non si allontanano dalla chiesa per un’aberrazione che alcuni dei suoi esponenti commettono. Ci sono casi di abusi anche nelle scuole elementari ma la fiducia che si ha nei confronti dell’istruzione non mette in crisi l’intero sistema. Fosse infatti quella la sola contraddizione della Chiesa non basterebbe a inficiare la “santità” del loro mandato. Quello che allontana le persone è semmai l’ipocrisia dei loro dettami, la condanna al materialismo da un lato mentre sfacciatamente ostentano opulenza, la ricerca continua e subdola del loro tornaconto, le imposizioni morali fuori dal tempo, l’intolleranza, l’esclusione di categorie sociali dalla compassione e dalla comprensione e la presunzione di parlare per un dio che tace.
Ecco penso siano queste le cose che allontanano le persone dalla Chiesa più di quanto possano fare i preti pedofili.

lunedì 19 settembre 2011

ALE&EDU WEDDING PARTY



















Sabato scorso i miei amici Ale e Edu hanno festeggiato le loro nozze celebrate pochi giorni prima a Dublino perché, come è noto, da noi puoi fare ammucchiate con decine di prostitute nei palazzi del governo senza alcuna vergogna ma il matrimonio tra omosessuali fa ancora orrore.
Gli sposi hanno optato per degli abiti scuri senza litigarsi le crinoline bianche e il diadema di zirconi come potrebbe immaginare un qualsiasi deputato del PdL. Le loro promesse di matrimonio non si sono ispirate ai testi di Britney Spears ma le hanno scritte l’uno mosso dai sentimenti per l’altro e la festa di nozze, che ci credano o meno i detrattori, non è finita con scambi di coppie e orge in dark room. Tutto è stato “normale” dove l’aggettivo in questo caso non ha la puzza stantia di un appellativo ipocrita e borghese.
Gli invitati sono venuti mossi dall’affetto più che dalla formalità e nonostante il rito laico della loro unione tutti lì abbiamo percepito la sacralità del loro sentimento.
Magari non si è assistito alla rissa tra zitelle per accaparrarsi il bouquet né è stata servita al tavolo un’elegante composizione fatta da un cetriolo e due mele affiancato da un melone spaccato ma per il resto non ci sono state grosse differenze rispetto a un matrimonio tra uomo e donna.
I parenti erano commossi, le foto di gruppo ugualmente orribili e la torta, il solito trionfo di strati imburrati. Gli invitati hanno ballato i lenti pestandosi i piedi perché nessuno li sa più ballare, i bambini rincorrevano le luci stroboscopiche che schizzavano sul pavimento al ritmo della musica e alla fine quasi tutti erano ubriachi come a un concerto dei Babyshambles.

sabato 17 settembre 2011

L'OUTING NON E' UNA MOLOTOV.

Aurelio Mancuso promette nei prossimi giorni di fare i nomi dei parlamentari palesemente omofobi ma segretamente omosessuali.
La polemica ovviamente è scattata 3 minuti dopo la dichiarazione non solo da parte di una certa parte politica, come ci si poteva spettare, ma anche da alcuni esponenti del movimento gay italiano che se latitano per grande parte dell’anno, su un’iniziativa mediaticamente più visibile come questa, saltano subito sulla sedia scuotendo la mano per farsi notare.
Ivan Scalfarotto definisce l’operazione "scorretta, volgare e violenta” mentre Paolo Patané, presidente di Arcigay parla, anche lui, di “macchina del fango”, termine già insopportabile e stra-abusato, ormai tirato fuori quasi come intercalare al posto di “cioè”.
Ma detto questo, vorrei fare alcune considerazioni personali.
L’outing (ovvero rivelare nomi di chi è omosessuale senza il loro consenso) è certo una pratica dura ma qui non approviamo un’azione rivolta contro un quindicenne di un paesino sperduto in Iran che come conseguenza rischierebbe la lapidazione o lo squartamento nella pubblica piazza, qui parliamo di persone che fanno della violenza omofoba uno strumento di vessazione nei confronti di milioni di italiani, che con il loro ostruzionismo e le loro condanne morali rendono questo paese un posto difficile da vivere, fomentando l’odio e l’intolleranza con l’aggravante di essere poi loro stessi omosessuali.
Altra considerazione. Aggettivi come “scorretta, volgare, violenta”, e perché? Stiamo forse imputando a qualcuno un delitto, una aberrazione, un comportamento condannabile? Se attribuissimo a Napolitano la passione per la pastiera, quand’anche lungi dall’esser vero, potrebbe mai risentirsi andando oltre una risata e una blanda smentita? Ma come, ci battiamo da sempre perché l’omosessualità venga vista come “normale” e poi noi stessi ci indignamo se qualcuno rivela l’omosessualità di una persona, per giunta omofoba?
Scalfarotto ritiene l’outing un “abbassamento” del confronto e auspicherebbe un dialogo dove far valere la forza della ragione per il conseguimento dei diritti. Proposta condivisibile, chi lo negherebbe, ma non qui, non con questa classe politica dove molti suoi esponenti gestiscono il mandato istituzionale come fossero monarchi assoluti che, arbitrari e capricciosi, decidono a chi e come attribuire diritti. E poi qui nessuno sta inneggiando alla forca: usiamo l’outing non le molotov!! E se nonostante tutti i tentativi fatti in anni di ragionevolezza, nonostante gli omicidi e le violenze siamo ancora fermi al palo degli anni ’50 forse è il caso di adottare nuove forme di opposizione già per altro sperimentate in paesi tutt’altro che “bassi” e incivili.
Concludo con la dichiarazione di Giuseppina La Delfa, storica presidente dell'associazione Famiglie Arcobaleno, che, sulla sua pagina Facebook, difende, senza mezzi termini, l'operazione: "Mentre noi arranchiamo o moriamo uccisi o feriti da fratelli omofobi, mentre noi siamo rifiutati da genitori leghisti o cattolici integralisti, altri, seduti sui banchi del parlamento e del senato, quelli e quelle che votano leggi contro di noi o che ignorano le nostre difficoltà o le negano, vivono di nascosto la loro omosessualità. E nel buio delle stanze, nella vergogna e la paura, come topi di fogna, fanno compagnia a preti, vescovi e prelati di ogni tipo che quando non sono pedofili, rasando i muri come fantasmi o scendendo nelle cantine della vergogna, quelle delle loro teste malate, consumano sesso senza il coraggio di creare legami aperti e degni e facendo danni a se stessi e a tutti noi. Personalmente, verso questa gente, non avrei nessuno rimorso a trombettare alto e forte la loro omosessualità al pubblico".

Postilla doverosa: io non so se questa sia solo una provocazione o se davvero spunterà la lista ma mi auspico che, prima di esser resa pubblica, Mancuso si prenda l’impegno di appurare la veridicità delle fonti altrimenti sì che sarebbe solo una porcheria, alla stregua di tante altre alle quali siamo costretti ad assistere quotidianamente.

giovedì 15 settembre 2011

GRINTA

























Più che una parola per me ha significato per anni uno stile di vita. Nello specifico era quello di mio padre che però sin dalla nascita ha cercato di instillare anche in me ripetendomi come mantra esortativo la frase: “Alessandro, grinta!”.
Per papà ad esempio “grinta” significava obbligarmi a correre insieme a lui d’estate, possibilmente alle 2 del pomeriggio, meglio se in prossimità della spiaggia, senza bere un sorso d’acqua e se mi vedeva arrancare, mi gridava: “muovo quel culo di piombo. Un po’ di grinta!”.
La mia prima e unica bicicletta la ottenni solo in cambio di un riassunto scritto dell’Iliade, un capitolo al giorno durante le vacanze di Natale. E se mi vedeva scoraggiato davanti a quel librone, mordicchiando pigramente il tappo della bic mi faceva un agguato da dietro gridandomi nell’orecchio: “Mettici un po’ di grinta avrai la tua BMX”. Ok, va bene tutto ma volgiamo anche dire che all’epoca frequentavo ancora la quinta elementare?
“Dai muovi quelle braccia, mettici grinta”, mi urlava dagli spalti della piscina mentre le roteava come pale di mulino per farmi vedere come dovevo fare. Pretesa assurda visto che io ero in vasca troppo impegnato ad arrivare ultimo durante una delle mille competizioni perse nella mia carriera.
Per lui non esiste riposo, tregua o resa. La vita va presa a morsi e ogni lasciata è una sconfitta. Uno stile di vita che purtroppo ho fatto mio. Anche per me il sonno è una perdita di tempo, le ore sono sempre troppo poche e il divano è il mio nemico solo che con l’età ho imparato a dare a tutto questo il giusto nome: “nevrosi”.

Altre voci scritte da altri autori le trovate sul Dizionario Affettivo della Lingua Italiana 2.0 curato da Matteo B. Bianchi.
Potere scaricarlo in .pdf a questo link:

http://www.matteobb.com/tina/home.html

martedì 13 settembre 2011

MISANTROPIA TURISTICA.




















Se decidi di vivere a Roma ci sono un po’ di inconvenienti che devi accettare.
Il traffico, le distanze siderali, l’indolenza dei suoi abitanti e, ovviamente, i turisti.
Come ormai molti sanno orami mi nuovo con i mezzi e credo che resterà una condizione permanente dal momento che il mio scooter ritrovato ma martoriato ha bisogno di una rimessa in forma della quale si è incaricato d’occuparsene mio fratello, il che significa che per allora avranno inventato il teletrasporto rendendo a quel punto definitivamente inutile l’uso dei mezzi di trasporto.

I turisti, come dicevo, fanno parte del panorama cittadino tanto quanto gli acquedotti romani e i campi nomadi sulla Prenestina.
In quanto romano li ringrazio per l’apporto economico che veicolano grazie al turismo ma detto questo, li detesto.
Ormai è guerra aperta tra me e loro.
Soprattutto quelli che incontro tra l’ultima fermata dell’85 e l’ingresso in ufficio.

Motivo d’odio numero I: le strisce pedonali.
L’autobus passa davanti al Colosseo che, intuirete, è l’attrazione principale della città insieme alle statue viventi vestite da sfinge egizia che continuo a chiedermi cosa c’entrino lungo i fori imperiali e soprattutto non mi spiego perché la gente li trovi tanto affascinanti da fare foto a nastro manco stessero paparazzando Madonna a culo all’aria mentre fa cicoria lungo una strada statale.
Ad ogni modo ogni mattina il carro bestiame perde almeno 15 minuti fermo per far attraversare i turisti sulle strisce pedonali che dalla fermata della metro li porta davanti all’anfiteatro Flavio. Voi avete idea di quanti siano? Credo che l’immagine del popolo di Abramo che attraversa il Mar Rosso sia un riferimento per difetto. Oggi ho sentiti una donna dal fondo dell’85 che giustamente esasperata ha incitato l’autista a premere sull’acceleratore gridando: “mettili sotto ‘sti stronzi!”. Poi ha detto anche altro ma la voce era stata completamente sovrastata da applausi, cori d’approvazione e trombette da stadio.
Quando con calma riprendiamo il tragitto arriviamo al:
motivo d’odio numero II: i macigni umani.
Insomma dall’interno i passeggeri intravedono la fermata e si preparano allo sbarco con lo stesso slancio eroico dei marines durante lo sbarco in Normandia. Sono lì, pronti a correre per recuperare il tempo perso davanti al Colosseo quando le porte si aprono e lì si assiste alla tragedia. I primi a scendere sono sempre i maledetti turisti che appena toccano terra si bloccano come dei dolmen, strabuzzano gli occhi manco stessero vedendo la luce del sole dopo un sequestro di mesi e spaesati aprono le loro mappe sempre formato un ettaro per un ettaro iniziando a guardarsi intorno come se fossero piombati nel mezzo di un deserto. Del resto vuoi possa essere indicativo della vostra posizione avere davanti il monumento del Milite Ignoto, unico edificio insieme alla muraglia cinese visibile anche dallo spazio?
Così tra imprecazioni e strattoni riesco a superarli per arrivare al
motivo d’odio numero III: i fotografi pittori di piazza Venezia.
Immaginate la situazione. Di fronte all’altare della patria hanno aperto un cantiere archeologico, una di quelle cazzate che magari bloccano la circolazione per 2 anni al fine di rinvenire una collanina di perline e il braccio di un anfora per l’olio. Avendo eliminato un accesso al marciapiede hanno messo delle barriere di cemento di quelle che usano per contenere la lava nei film catastrofici come Vulcano e che ha il nome di uno stato degli USA che non ricordo (ma che sono certo non è né California né Florida). Ad ogni modo questo corridoio è stretto come un ponte tibetano, si procede praticamente in fila indiana. Ma i turisti che fanno? Si piantano lì per fare la foto al monumento costringendo la gente a passare strisciando come in trincea per un eccesso di cortesia pur di non rovinare lo scatto. Tutti tranne me che me ne frego e entro nell’inquadratura senza farmi problemi.
All’inizio anche io aspettavo che facessero lo scatto ma solitamente ci mettono il doppio di quanto Michelangelo abbia impiegato per dipingere la Sistina. Ma cazzo, devi premere un bottone, mica fare un ritratto a carboncino! E poi per cosa? Per fotografare un monumento? Ma comprati 50 cartoline a un euro e non rompere le palle!
Se poi lo scatto prevede anche la moglie, il figlio o gli amici la cosa si fa drammatica e penosa. Insomma, siete sicuri di voler tornare a
Chattanooga, Tennessee e far vedere a tutti i vostri amici come siate ridicoli con il cappello di paglia con su scritto I Love Venezia (a Roma?), sudati e stravolti, con le caviglie gonfie per aver fatto il giro della citta con degli infradito?
Insomma lo stato di turista è qualcosa che tutti, prima o poi viviamo, la tolleranza e la cordialità sarebbero un gesto di grande civiltà ma non aspiro alla santità quindi: toglietevi dai piedi che faccio tardi!

lunedì 12 settembre 2011

CEDERE? MAI!

Stamattina salgo sull’85. Ormai il fatto è assodato. Hanno potenziato la linea perché fino solo fino a un mese fa l’unico espediente per trovare un posto a sedere era appiccare un incendio e sperare che la gente in preda al panico fuggisse dal bus.
Ci sono un paio di posto liberi, scelgo quello lato finestrino accanto a un anziano. Ovviamente lui non accenna neppure un movimento per favorirmi l’accesso quindi come il miglior contorsionista del circo bulgaro mi snodo per raggiungere il posto.
Mi accomodo e per riprendermi dallo sforzo faccio un respiro profondo. Solo allora sento le narici bruciate per l’odore acre di sudore stantio emanato dal mio vicino e inizio a sospettare che sia quella la ragione per la quale il posto accanto a lui era libero.
Fa ancora caldo e sudare è una reazione normale, è plausibile che alcuni abbiano un odore più forte di altri e non pretendo che vadano in giro con degli assorbenti intimi incollati sotto le ascelle ma riesco a distinguere una puzza “fresca” da una che ha che sta lì da almeno 48 ore.
Cerco di respirare il meno possibile e tengo duro fondamentalmente per 2 motivi.
Primo: non mi va di alzarmi. Se lo facessi mi sentirei in colpa e mi dispiacerebbe far credere al vecchio che lo stia facendo per colpa sua. Magari a lui non gliene fregherebbe nulla e mi ignorerebbe come pare faccia con l’acqua e il sapone ma non posso fare a meno di temere il mio allontanamento lo metta in imbarazzo.
Secondo: il più importante, è che ho il culo di piombo e se trovo un posto a sedere cerco in tutti i modi di tenermelo.
Ora la possibilità che nel bus non ci siano persone in piedi è piuttosto remota se non il 15 di agosto alle 2 del pomeriggio quindi volendo ci sarebbe sempre l’occasione di cedere il proprio sedile a una donna, un invalido, una mamma con il bambino in braccio o un anziano e il primo istinto (indotto dall’educazione non sentito con il cuore) sarebbe quello di alzarmi e farli accomodare ma non voglio. Tutto qui.
Guardando le persone in piedi cerco sempre una giustificazione alla mia pigrizia e, con occhio esperto, osservo, valuto e giudico: “E’ anzianotta ma guarda come si aggrappa con vigore alla barra. Si, ce la può fare a restare in piedi e poi la vedo così stabile con quel bastone che stringe nell’altra mano!”.
E per frustrare ancora di più i tentativi di assalto al mio sedile scelgo sempre il lato finestrino nei posti a due perché quando sei in quel posto quasi nessuno viene lì davanti a te a guardarti come un cane imprigionato nella gabbia di un canile.
Come tutto questo non bastasse mi porto sempre un libro nella borsa. Lo apro, fisso la pagina, senza neppure leggere una parola. E’ un puro diversivo e se ci fosse qualche passeggero abituale con un minimo di spirito d’osservazione si accorgerebbe che da mesi sono fermo sempre allo stesso punto. Qualche volta alzo lo sguardo con fare meditabondo, come se stessi riflettendo su qualche passaggio. in realtà sto semplicemente fissando il vetro per vedere dal riflesso se qualcuno mi sta guardando e abbasso di nuovo gli occhi su quelle righe che non mi dicono nulla.
A volte succede che la mia persistenza venga messa a dura prova da qualche passeggero particolarmente insistente che quasi con arroganza mi sbatte in faccia la sua età o la sua scarsa stabilità dovuta a qualche menomazione. Quand’è così persino io provo disagio e sono costretto a cedere. Così mi alzo cercando anche di sembrare un bravo ragazzo: “la prego si accomodi”. Questo fa una mossa con la mano come a dire “ma non occorre” e a me verrebbe da rispondere: “Adesso invece metti quel culo qui sopra, sono 2 ore che stai face di tutto per muovermi a compassione!”. Ma invece rispondo con un candido: Insisto”.
A quel punto mi guardo intorno in cagnesco per scovare chi più di me avrebbe dovuto cedere il posto e sono talmente incazzato che sono sicuro lo troverei anche mi trovassi su una camionetta medica dell’esercito americano che trasporta reduci di guerra.
Qualche giorno fa ad esempio, sempre sull’85, mi siedo e davanti a me c’è un altro sedile libero. Il bus si ferma, apre le porte e vedo una macchia umana schizzare alla velocità della luca verso il posto e schiantare il suo culo sopra. Quando l’immagine si ricompone realizzo che è un ragazzino. Avrà avuto 10 anni è grasso e solo per questo mi sta subito antipatico. Ha la faccia indisponente e una maglietta orribile e attillata che evidenzia ancora di più il suo sovrappeso.
Qualche fermata dopo, l’85 si riempie e tra me e l’orrido minorenne inizia la competizione. Entrambe arroccati, nessuno ha intenzione di cedere il posto. Io penso “alzati ciccione (così smaltisci pure) e fa sedere qualcuno prima che vengano con la loro solita faccia pietosa a pretenderlo da me”. Lui ha un’espressione indisponente e mi verrebbe tanta voglia di afferrarlo per una guancia e pizzicargliela fino a farlo lacrimare. Niente da fare. Siamo inespressivi e immobili come due giocatori di scacchi russi. Arrivo alla mia fermata e preferirei saltarla piuttosto che darla vinta a lui per abbandono del campo ma alla fine scendo comunque non senza prima averlo però guardato negli occhi sussurrandogli con lo sguardo: “piccolo pezzo di merda, non credere che abbia vinto tu, ringrazia dio che abito qui altrimenti sarei rimasto su quella sedia a costo di farmi venire il culo piatto come una tavola da surf”.

sabato 10 settembre 2011

9/11 2001-9/11 2011 Senza New York.



















Se non esistesse New York avrei molto più imbarazzo della scelta quando devo decidere la destinazione di una vacanza.
Madonna si chiamerebbe solo Luis Veronica Ciccone e canterebbe tutt’al più nei matrimoni degli italo americani.
Audrey Hepburn non si sarebbe specchiata nella vetrina di Tiffany entrando a fare colazione né avremmo visto le culotte di Marilyn scoperte dallo sbuffo della metropolitana.
Nessuno avrebbe aspirato a essere famoso, almeno per 15 minuti nella sua vita.
Dopo Roma sarebbe Milano la seconda citta al mondo con più italiani e la quinta sarebbe solo quella di Beethoven.
Saremmo gay ma senza pride.
Non avremmo mai potuto tirarcela dicendo: “ma questo a New York lo fanno da anni!”, con quell’aria un po’ spocchiosa di chi è appena tornato dal futuro.
Carrie, Samantha, Charlotte e Miranda, chi?
Woody Allen sarebbe stato solo uno sporcaccione che ha sposato la sua figliastra.
Da piccolo non avrei mai mangiato i wurstel chiamandoli hot dog, nel mio i pod non ci sarebbe la playlist: “Broadway on my way” e non avrei mai incontrato l’“Americanino”,‘tacci sua!
D’accordo, se non esistesse New York si vivrebbe comunque ma quanti sogni in meno avremmo fatto nella nostra vita?


If New York did not exist, I would have many more holiday choices.
Madonna would just be Miss Louise Veronica Ciccone, performing at some guido's wedding,
Audrey Hepburn would never have stood
outside Tiffany's windows eating breakfast,
nor would we have seen Marilyn's underpants revealed by an underground piff.
Nobody would have ever craved for their fifteen minutes of fame.
Milan would be the second city in the world with the most italian residents.
There would just be Beethoven's Fifth.
We would still be gay, but “prideless".
No one would have ever said "Oh, but here in New York we've been doing that FOR AGES!", with that bored look of someone just returning from the future".
Oh, and...Carrie, Samantha, Miranda, Charlotte who???
If New York did not exist, Woody Allen would just be another lecher who married his adopted daughter.
I would never have eaten sausages in my childhood and called them hotdogs,
my ipod would not have have had a playlist called "Broadway on my way"
Well, yes, we would still be living, but how many dreams would we have missed in life.

giovedì 8 settembre 2011

SCAPOLI D'ORO. ITALIA VS USA. LA DISFATTA.
























Mi è capitato sotto gli occhi la lista dei 5 sigle “d’oro” del nostro star sistem e i corrispettivi hollywoodiani. Infierire, lo so, non è mai elegante ma il giorno che gli alieni torneranno a verificare a che punto è l’avanzamento tecnologico sulla terra dai tempi della loro ultima visita (quando vennero a insegnarci come edificare le piramidi, ricordate?) come faremo a spiegargli che in California il progresso genetico è andato avanti mentre quello in Italia si è andato a schiantare contro un muro?
Partendo anche solo dagli aggettivi, quelli che da noi si chiamano “scapoli” (il che ti fa pensare subito a una parte del corpo avariata) lì sono i “Bachelor” che se permettete ha tutto un altro fascino. E la partita sarebbe già bella che chiusa.
Ma se all’onta vogliamo unire l’umiliazione basta scorrere i nomi (e soprattutto le foto) delle 2 cinquine per capire chi dei due ha fatto tombola.
Certo non è la fonte ideale dove cercare lumi sulle politiche della BCE ma quando si tratta di argomenti altrettanto interessanti, sebbene di diversa natura, Novella 2000 è la fonte perfetta.
Secondo la rivista per l’Italia scendono in campo:
Gerry Scotty
Flavio Insinna
Teo Mammuccari
Ezio Greggio
Carlo Conti
E anche se avessero come antagoniste le 5 migliori attrazioni del Ripley's Believe It or Not! (per intenderci il museo americano che tra le sue bizzarrie vanta il corpo mummificato di una sirena e il cervello di Giovanardi) ne uscirebbero sonoramente sconfitti.

Poi leggi la top 5 americana e se non sei affogato nella tua stessa bava ti fai un’idea di come non ce ne sia proprio.
Justin Timberlake (oooollllééééé!!)
Jake Gyllenhaal (plin, plin, plin)
Bradley Cooper (non so come si scriva l’onomatopea di chi se la fa sotto da secondo canale, scusate)
Chris Evans (“scusa, perdonami, non so chi tu sia ma mi hanno detto che per averlo devo uccidere il primo che capita, tu mi puoi capire se adesso ti trancio la testa con un machete, non me ne volere)
Ryan Gosling (“avete un Tena Lady maxi, grazie!!”).
Ora io non ho 16 anni e non sono certo una specie di teen ager in preda a tempeste ormonali. Ho da poco superato i trenta e so gestire la libido andando oltre l’effimero richiamo dell’estetica quindi non voglio basarmi solo sull’aspetto fisico perché, a meno che non abbiate perso la vista dopo aver letto il carteggio di SMS tra Italo Bocchino e Sabina Began, la vittoria sapete già a chi assegnarla. Ma detto ciò, voi avete presenti di chi siano gli italiani?
Gerry Scotty, un conduttore che chiude i suoi programmi augurando “che Dio vi benedica”. Uno che guarda i concorrenti di “Chi vuole essere milionario?” come se fossero arrivati dal cast di Jersey Shore perché non sanno dopo quanti anni decade di un decimo la carica radioattiva dell’uranio impoverito quando lui conosce a memoria solo le portate che compongono il menù maxi di Mc Donald.
Flavio Insinna, per carità un caro ragazzo, ma voi avete idea di chi sia Chris Evans? (ricordate che la saliva corrode lo schermo del pc).
Teo Mammuccari, fosse l’ultimo uomo sulla terra ti verrebbe voglia di fartela con una pecora (se almeno quelle ci sono).
Ezio Greggio: sai quando dici “non è bello ma quanto è simpatico!”. E quando non è manco simpatico?
Carlo conti: detto terra di Siena bruciata. L’unico a montare di serie spazzole Bosh sotto le ascelle. Beh, diciamo che non ci siamo.

Io l’ho sempre detto: dovevo nascere negli Stati Uniti. Dite che comunque nessuno di loro mi si filerebbe neppure fossi cresciuto lì e neanche se li minacciassi con rivoltella puntata ai loro zebedei? Probabile. Ma non credo avrei risposte diverse anche dalle 5 stelle nostrane ma, se permettete, rifiuto per rifiuto, meglio essere ignorati da Jake Gyllenhaal che da Gerry Scotti.

lunedì 5 settembre 2011

GEOLOCALIZZAZIONE. UN NUOVO FLAGELLO MEDIATICO.

Vorrei tanto avere anche io un i phone. Solitamente giustifico il mio Nokia dicendo che la versione attuale del gioiello di Cupertino non ha ancora dato il meglio di se e che quindi aspetto la “versione perfetta” che come sa anche l’ultimo dei geek è una chimera generata da una staffetta tecnologica senza soluzione di continuità lungo la quale a un prodotto già buono, ne succederà uno altrettanto buono +1 e così via via all’infinito portandomi quindi a non decidermi mai di fare l’acquisto.
Il vero motivo però è che verso in una tale crisi economica per cui rischio di finire nel mirino della BCE e degli speculatori internazionali e a quel punto le sole azioni che potrei vendere per risollevarmi sarebbe di dubbissima moralità.
Ad ogni modo una delle funzioni che invidio di più del cellulare dalla mela mozzicata è la possibilità di geolocalizzarsi su Facebook (cosa che credo si possa fare anche con il Blackbarry ma è un telefono troppo da manager e in mano a me striderebbe come un dildo nella borsa della Binetti).
Essendo ormai il sindaco di questo social network posso però vedere dove si geolocalizzano i miei amici e così facendo mi venivano in mente un po’ di considerazioni.
Come molti altri servizi proposti da FB anche questo ha pochi lati positivi e 45mila negativi.
Positivo.
Hai la possibilità di collocarti in una località e permettere agli amici di darti indicazioni e dritte sul posto. Non so ti trovi a Piazza Navona e qualche amante dell’arte può suggerirti un percorso interessante lungo i viottoli della zona o magari (anche più utile) ti trovi al Circuit a Barcellona e in diretta gli amici da Roma possono segnalarti l’ospedale più vicino come fosse l’892424 delle Pagine Gialle.
Positivo.
E’ un servizio meno spudorato di quanto possa essere Grindr per far sapere ad amori e amanti dove ci si trova e se sei da quelle parti ci si vede per un caffè o un incontro galeotto.
Tolte queste, per il resto la geolocalizzazione (che da ora chiamerò “geoloc” per economizzare sulle lettere e scrivere queste stronzate in meno tempo) è una gran rogna.
Negativo.
Rischi di ritrovarti davanti stalker, ex fidanzati e creditori che scoperto dove sei non ti daranno più tregua.
Negativo.
Provate a pubblicare d’essere in luoghi come Ikea o la SMA.
Vi ritroverete una lista di notifiche di amici che vi chiederanno di comprargli questo e quello costringendovi a tornare carichi di candele profumate, orribili cornici in betulla e la spesa per una settimana (del resto a un amico non glielo fai un favore?).
Negativo.
Vi trovate in prossimità di botteghini per teatri, concerti o cinema. Altra lista infinita di amici che vi supplicheranno di unirsi a voi e darete così fondo alla vostra carta di credito (si sa che tanto poi i soldi, come per le quote dei regali, difficilmente li rivedrete) e in più sarete costretti a condividere lo spettacolo con loro.
E’ l’aspetto che potremmo chiamare “dimmi dove vai e ti dirò chi sei”. Se infatti nel giro di una settimana ti geoloc presso via di Monti Parioli (per gli extra GRA: una zona moooolto bene di Roma), l’ufficio del catasto, la filiale della tua banca e uno studio notarile si rischia che moti dei tuoi “amici” (che come sappiamo su FB il più delle volte sono solo aspiranti amanti) inizieranno a farti una corte tutt’altro che disinteressata e tu farai la fine di un primo ministro qualsiasi in balia di una qualsiasi schiera di escort di provincia.