domenica 27 settembre 2009

Tra Slochi


Eppur tornerò a riveder le stelle. Sommerso dai pacchi ( di cartone, e non è un nome proprio di persona). Sistemo casa nuova e torno.
INSY

giovedì 17 settembre 2009

X FACTOR. Come fosse la prima puntata.
















È appena stata pubblicata la notizia che il ministero della salute ha dato il via libera per una nuova procedura anestetica nelle sale operatorie. Più efficace, meno costosa e che non richiede analisi di tolleranza preoperatoria. Il nuovo anestetico si chiama X Factor. E ieri sera per tenermi sveglio ho dovuto prima imparare a fumare per poter accendere una sigaretta e spegnermela sul braccio per restare sveglio.
Causa invito a cena la scorsa settimana (e si sa, quando si tratta di mangiare rinuncerei anche al vedere le riprese della D’addario che balla il Limbo piegandosi come una sdraio da mare sotto le gambettine di SB), mi sono perso la prima puntata, quindi ieri sera mi sono sintonizzato scontrandomi subito contro una tragedia euripidea avvenuta mercoledì scorso: la Mori (che per chi non lo sapesse è quella sulla destra dello schermo, che condivide il parrucchiere con la moglie di Franchestain e che causa decenni di corna del marito è diventata la persona più cattiva finora conosciuta nella storia) ha mandato a casa un cantante della sua squadra. Chi la infama, chi ne loda l’obiettività, fatto sta che sono andato su iutube e, in effetti, questo emetteva latrati sentiti prima d’ora soltanto durante l’accoppiamento di una barboncina con un mastino napoletano.
Come prevedibile tra le donne dello sciò (cantanti, esclusi) c’è una malcelata rivalità. La Maionchi, non so se per dovere di copione, guarda la Mori come fosse un foruncolo sul culo ma è solo una della fila visto che c’è una coda da distribuzione del pane sulla piazza rossa della Russia sovietica composta da tecnici, fonici, coreografi e signore delle pulizie che la vorrebbero prendere a randellate.

Anche quest’anno dj Francesco, dopo tre edizioni, scopro con piacere, ancora non riesce a dire “PUS DE BOTTON” e continua con storpiature come: BOTOL, BOTTOM e BURBON. Come non bastasse, dopo la dipartita del Sor Buongiorno, vedi se non lo mettono a pure fare Riscaitutto su Scai Uno e temo che non ce ne libereremo tanto facilmente. L’estero? Un’ipotesi praticabile.


Ancora presente in questa edizione, Luca Tommasini che non pago dello scetticismo dimostrato ogni due per tre dalla Ventura, ha deciso con spirito masochistico di farsi “schifare” (come direbbe la neoeletta Miss Italia) anche dalla signora Mori. E più vedo i suoi allestimenti più stento a credere che abbia davvero fatto il coreografo a Madonna e Caili Minog perché neppure le didascalie sotto gli animali impagliati del museo dei bambini sono così banali. La prima cantate infatti scende cantando Rino Gaetano e lui la veste come Gaetano. Seguendo questo principio, spero a nessuno venga in mente di far cantare a qualche maschio le canzoni di Ledi Gaga.

Nella squadra di Morgan c’è Marco. Credo che non ne abbia mai vista una neppure in cartolina e quindi, per rafforzare i dubbi, gli fa cantare: L’amore si odia, canzone di Noemi e Mannoia. Infatti ci vuole un brano cantato da due donne per adeguarlo al suo tasso di femminitudine.
L’unico uomo che sembra vagamente tale e questo Damiano. Bello sguardo ma una secca un po’ inutile (e avendo io peso qualche chilo st’estate lo odio anche per questo). Non mi dice nulla ma, come per il 90% degli uomini, me lo farei comunque. Ha uno stile personale che io definirei con un termine poco affine alla critica musicale: palloso, al punto che in confronto, fa sembrare gino paoli Ozi Osborn ai tempi in cui mangiava pipistrelli vivi sul palco.

Quest’anno, per dare una graffiata sporca e maledetta al programma, hanno deciso di invitare due opinionisti di tendenza: uno non lo conosco, ma stava lo scorso anno al processo a XF il sabato pomeriggio, ha una brutta bombetta in testa e un pessimo dentista. L’altro è Pastore, un VGei di MTV dall’età apparente di 23 mesi (l’ho detto che era una trovata graffiante ed incisiva!) il quale tenta il rito di passaggio all’età adulta con un atto di coraggio e critica la Mori che, a quel punto, lo piazza su una sling (ndr: strumento da sventro per sadomaso fatto di pelle e catene appese al muro: una roba davvero brutta, brutta) e lo prendeva con violenza sul banco dei giudici.
Poi il colpo di fulmine. So di arrivare in ritardo anche qui ma io le Iavanna non le avevo mai viste e già le amo. Hanno orecchie a punta, vestiti di seta e ali sulle spalle e ti fanno la versione polifonica anche dei canti della patria se glielo chiedi. Cantano una canzone dei Massiv Attac che se fossero morti si rivolterebbero nella tomba e probabilmente si uccideranno oggi stesso per poterlo fare.
Il momento del televoto e del responso è sempre uno dei momenti di massima suspans insieme all’estrazione del numero per la quaterna che pesca mia nonna la notte della vigilia
Di natale.
Vengono nominate proprio le tre follette insieme ad un orco e due elfi. A quel punto la Maioni si sente di dissentire con il verdetto e per 5 minuti è tutto un “cazzo” e coglioni” alleggerito da qualche “vaffanculo”. Piange pure e la Mori corre ad abbracciarla ma io avrei scommesso fosse più una tecnica di soffocamento.

Ripresi da dramma rotola sul palco Chiara, la grassona. Forse la voce migliore del programma ma anche quella peggio conciata da quel misogino di Tommasini che la avvolge in un sudario di ciniglia spacciandola per l’abito di una geiscia. Ed è subito bombolo in omicidio al ristorante cinese.
Qui lo dico e lo confermo. Io, famoso per i miei poteri divinatori infallibili, tipo “il 2008 è l’anno del mio fidanzamento”, o “sono certo che nel 2009 mi daranno una promozione”, sono certo che vince lei perché è il paradigma di quella sfigata ma con una gran voce quindi se vuole il contratto, non si azzardasse a dimagrire perché la fanno fuori.

Altra voce interessante è quella di Francesca. Io purtroppo ancora non sono entrato in empatia con loro quindi di lei posso solo dire che si agita come la brunetta dei ricchi e poveri e canta una canzone dei Pu, arrangiata in versione Alligalli.

Chiude la competizione il gruppo romagnolo degli orribol porno stantmen che, visto che a fine serata verranno fatti fuori, permetteranno a qualche atro gruppo con un nome di cazzo come "Stringorrgjsdùfèkwi34kdi&" di entrare come loro rimpiazzo per costringere la Maionchi a soffocarsi con la lingua tutte le volte che pronuncerà il loro nome.

Pillole della serata:
collegamento con Scorie e la nuova conduttrice che ha la verve travolgente di una statua di pasta di sale. La Maionchi le parla e tira in ballo alcuni meriti professionali del padre, rivelando che anche lei è una che sta lì per meriti non perchè ha i sacri lombi;

l'icona in basso a sinistra del gruppo over 26 ha una foto della loro capitano che è la Mori ma la foto è evidentemente stata scattata il giorno della prima comunione.;

34, è il numero di volte che la maionchi ha detto “cazzo”.

mercoledì 16 settembre 2009

II (ch sta per PAUSA, non per secondo)

Lo so che il sole continuerà a sorgere ad oriente Bruno Vespa continuerà a proclamarsi indipendente anche qualora lo fotografassero mentre pratica il rimming a SB, ma scusatemi se non sto aggiornando il blog da tanto tempo.
Il dio dei disoccupati si deve essere accorto anche di me e mi sono piovuti addosso dei frilens che devo presentare in tempi calcolabili sono attraverso cronometri atomici. In più, quando ho un minuto di tempo, lo passo ad impacchettare le mie 4 carabattole per il trasloco.
Grazie comunque a quanti continuano a passare di qui, giuro, che appena esco da questo ciclone, mi rimetto a scrivere.

PS: il primo che risponde con frasi a caso tra "e sti cazzi", "meglio che non scrivi" o "vaffanculo!", verrà perseguito a norma di maledizione Maia.

mercoledì 9 settembre 2009

3 SETTIMANE AL TRASLOCO.


Ancora tre settimane al massimo e poi, dopo quasi 10 anni, lasceremo questa casa. Sembra che lei abbia vita propria e che stia prendendo il distacco davvero male visto che sta cadendo letteralmente a pezzi. Quando entrammo a dire il vero non era particolarmente in forma, aveva mattonelle fuori moda da ormai un ventennio, l’erogazione dell’acqua calda era più che altro un avvenimento e asciugarsi i capelli con il fon per più di 5 minuti causava un blec aut a tutto il quartiere (per questo, a casa nostra, sempre tutti con i capelli corti). Nell’ultimo mese però sembra ormai in fin di vita: la pressione dell’acqua è diminuita forse perchè ormai il calcare sta ostruendo le tubature come il colesterolo le arterie di un vecchio e man mano che iniziamo a togliere i nostri mobili dalla stanza, si inizia a vedere la fatale decadenza delle stanze. La signora è vecchia e ha davvero bisogno di un intervento drastico di ristrutturazione, cosa che il padrone di casa farà.
E’ una casa a cui abbiamo voluto molto bene e tanto ce ne ha voluto lei a noi. E’ stata testimone del mio passaggio da studente a impiegato, da fidanzato a singol, a rifidanzato, a risingol e così più o meno per un altro paio di volte. Ha visto tanti coinquilini, innumerevoli feste e pochissimi screzi. Ci ha accolti tornando devastati dalle sere in discoteca e ha sempre trovato un letto in più in cui ospitare gli amici che venivano a trovarci. Ci sono state cene romantiche a lume di candela, tavolate sterminate come quelle di “Aggiungi un posto a tavola” e conversazioni ubriache fino all’alba sull’esistenza di un dio e su chi si era scopato chi.
Mi ha fatto conoscere la vita di un quartiere popolare e sempre sopra le righe come solo San Lorenzo, e pochissimi altri, sa ancora essere. Ho conosciuto la trans triste, che pranza sempre nel bar sotto casa e si trascina melanconica per il quartiere come se stesse smaltendo una delusione d’amore. Il cieco del quartiere, che potevo sentire da cento metri di distanza per il suo violento battere il bastone sui muri, cosa necessaria per tracciare il percorso ed evitare d’essere travolto da un tir. Il dirimpettaio, costretto dalla moglie a fumare in finestra e, per questo, condannato per anni a vedermi girare in mutande se non avvinghiato in laocoontici amplessi amorosi. Gli studenti calabresi fuori sede, signori incontrastati dell’aperitivo che parte alle 5 del pomeriggio e finisce alle 3 di notte. Il mio pizzettaro, che fa la pizza più buona di Roma e al quale, prima di traslocare, dovrò saldare il conto che avevo aperto da lui.
Mi mancherà il “Ale, apri!!!”, gridato dalla strada, come soluzione ad un citofono rotto e mai volutamente aggiustato.
L’anima di una casa è fatta da chi la abita e dovunque andrò, verrà con me. Tra qualche giorno quindi la metempsicosi la farà trasmigrare dalle parti di San Giovanni. In una casa con il bagno che non sembra arredato da Tania e un impianto elettrico che non richiede la firma di un testamento prima di infilare una spina. Una casa che, per dirla con il gergo di Tecnocasa, è “rifinitissima e luminosissima” e persino con un citofono funzionante, che sarà la prima cosa che smonterò.

sabato 5 settembre 2009

CANDELE CHE SCALDANO IL CUORE

La fiaccolata di ieri sera è andata davvero come speravo che andasse: benissimo. Se poche sere prima ero andato via dal sit in di protesta con un senso di delusione, ieri mi sono senti parte di un corpo che si ribella spontaneamente al virus dell’intolleranza sviluppando centinaia di anticorpi. Ieri, come raramente mi è capitato di vedere, ho visto davvero la trasversalità e la varietà del nostro mondo frocio. Attivisti della prima ora, discotecari incalliti, studenti, travestiti, impiegati che mai penseresti scenderebbero in piazza, genitori con bambini, tutti con la loro candela in mano e tutti, ordinatamente e con dignità, sfilare lungo via dei fori imperiali. Senza eccessi ma consapevoli della necessità di darsi da fare, ora e in qualche maniera. Verrà il tempo di proteste più efficaci e articolate ma adesso è il tempo di iniziare a darsi da fare, in qualche maniera, agire.
Mi ha commosso la spontanea ingenuità di quanti, una volta al campidoglio hanno preso la parola. Alcuni con la voce mozzata dall’emozione di parlare davanti ad una platea così vasta per la prima volta in vita loro, con i loro foglietti stropicciati dove avevano appuntato qualche pensiero per il timore di dimenticarsene. Li ho apprezzati tutti.
Mi ha intenerito vedere che i promotori hanno preferito preoccuparsi, attraverso mail, social netuorc e forse anche piccioni viaggiatori, di ricordare a quanti più possibile di partecipare, piuttosto che occuparsi di trovare un megafono serio ("questo l'ho comprato da icinesi, che ce volete fa'!?"), in mancanza del quale la gente, pur di ascoltare gli interventi, ha collaborato facendo, di buon grado, ancora più silenzio. Ho apprezzato la presenza degli esponenti dei partiti e delle associazioni che hanno marciato senza reclamare visibilità. Ho sorriso alle battute che hanno colorito l’adunata. Alcune forse un po’ sopra le righe, ma del resto, siamo ghei e se non sapessimo concederci un sorriso anche davanti ai fatti gravi della vita, non saremmo noi.
Sono eccitato all’idea di partecipare alla prossima fiaccolata perché il movimento sta crescendo, e se ieri la meta era il campidoglio, la prossima settimana sarà la Corte Costituzionale. Ecco è così che ci si deve muovere: con ponderazione ma inesorabilmente. Aggiungendo ogni volta un obbiettivo più ambizioso.
E se ieri eravamo già molto, ma molto più numerosi di venerdì scorso, il prossimo è imperativo che si sia ancora di più. Non è quindi questo più il momento dei dubbi e dell’indolenza. Scendete anche voi venerdì prossimo. A roma o nelle vostre città, perché stanno sorgendo manifestazioni spontanee e apartitiche un po’ ovunque. Credetemi, fa bene ai nostri diritti e anche al cuore.

venerdì 4 settembre 2009

L'AVARIZIA, LA STREGA E LA RICERCA DI UNA CASA.



















“Ciao Ale, ho sentito la SIGNORA, le ho dato le vostre garanzie ma purtroppo lei non le ritiene sufficienti affinché possa affittarvi l’appartamento”. Mentre l’agente immobiliare parla io saltello da un canale all’altro della televisione premendo i tasti del telecomando con la stessa violenza con cui vorrei infierire sulla giugulare di quella vecchia ingorda che non ci darà la casa.
“Sono certa che troverete una soluzione giusta per voi”, che ha lo stesso sapore di circostanza di un “era tanto un brav’uomo”, sussurrato all’orecchio di una vedova il giorno delle esequie del marito.
Come avrete intuito a questo punto, il problema “dove vado a vivere?”, schizza nuovamente alla vetta della classifica dei miei pensieri scalzando d’un sol colpo l’ormai consolidato dubbio “com’è possibile che non riesco a buttare giù un chilo anche se sto praticamente vivendo sul tapirulan?”.
La ricerca di questa casa, oltre a togliermi il sonno la notte, mi sta dando però la possibilità di scoprire un mondo a me fino ad ora ignoto che è quello delle agenzie immobiliari, delle garanzie, e, soprattutto delle orrende vecchie padrone di appartamenti. Sembra infatti che il mercato degli immobili, almeno a Roma, sia gestito da un cartello di bacucche le quali, dopo aver fatto sgobbare i propri mariti come muli per una vita per comprare appartamenti, una volta congedatili sotto sei metri di terra, sono diventate diffidenti detentrici del loro patrimonio. La vecchia in questione è un caso a parte. Credo che escluso il Vaticano, Palazzo Madama e un lavaggio auto della ESSO sulla Tiburtina, lei possegga tutti gli immobili della capitale. Come lord Valdemort di Erri Potter, lei io non l’ho mai vista di persona, ma il suo spirito aleggiava ogni volta che mi capitava di incontrare la sua procuratrice nonché parente. “La SIGNORA dice…, la SIGNORA pensa che…”. E dopo ogni incontro la mia opinione che la SIGNORA fosse una vecchia stronza, si faceva vieppiù consolidata.
Insomma per avere l’affitto di questo appartamento, sì bello, sì in una zona centrale, sì con vista sul Tevere (sebbene il fatto che fosse un 5° piano senza ascensore mi avrebbe costretto a fare la spesa con maggior attenzione dal momento che, qualora avessi ad esempio dimenticato il sale, avrei preferito mangiare sciapo per una settimana piuttosto che scendere di nuovo per prenderlo), non è bastato che Last Dei ed io accettassimo senza quasi battere ciglio ben tre mesi di caparra, 2 mesi anticipati e il mese di compenso per la scagnozza. No, l’ingorda decrepita voleva anche garanzie date dalle nostre buste paga. Perfetto ma qui sorgeva quindi il primo dilemma: come dare garanzie per un affitto se si è stati licenziati e si sta lavorando come fri-lens, quindi con partita iva, e il tuo coinquilino ha un contratto a tempo determinato? “Semplice”, ci risponde l’agente che in quel momento parlava sotto ispirazione della cupidigia della centenaria: potete farci avere la garanzia di un genitore. “D’accordo”, rispondiamo perplessi e mortificati da questa regressione ai tempi delle medie, quando dovevi portare la giustificazione di mamma e papà per motivare un’assenza a lezione.
Salta fuori però, a quasi un mese dalla prima visita dell’appartamento, che la busta paga del genitore deve essere comunque pari al doppio dell’affitto della casa. Inizio a sentirmi un giocatore di Monopoli che cerca di interpretare uno degli infernali cavilli che regolano l’acquisto di un albergo in parco della vittoria.
“Perdonami, scagnozza, ma questa cosa mi è nuova. E poi, scusa, io non so quanto prenda la madre di Last Dai (la quale si era generosamente offerta di farci da garante) ma non credo arrivi a 3000 euro al mese! Se uno avesse uno stipendio del genere, la casa se la comprerebbe”.
La Scagnozza, con l’empatia di un cmer rosso, insiste: “la SIGNORA voleva poi sapere se la madre di L D sarebbe disposta a firmare lei il contratto”. E vendere un rene al mercato nero per portarlo come ulteriore garanzia, no?
Insomma, per andare dritto al punto, siccome la madre di LD di cognome non fa Agnelli, ieri, la SIGNORA; “ha reputato le garanzie insufficienti”, quindi, a noi, non resta che risalire sulla giostra della ricerca della casa.
Alcune considerazioni che però mi vengono da fare, sono queste.
Rimango sempre basito davanti all’ingordigia umana. D’accordo che sia roba sua e che voglia disporne come crede ma, siamo bravi ragazzi (anche questa cosa andrebbe accettata con buona dose di altruismo e fiducia, ma senza queste, dove finirà il mondo?!), ti diamo sull’unghia oltre 8mila euro, abbiamo una madre che fa da garante: ma che cazzo cerchi di più?
In un’ottica sociale più ampia se oggi tutti siamo precari, senza quindi busta paga con stipendio fisso e garantito, come potremo mai affittare una casa? Se oltre a ciò, non si hanno genitori che possano garantire, lo stato non da sovvenzioni e le case del Comune sono sempre troppo poche perché possa ottenerne una anche un singol come me, che possibilità avrò mai di affittare un appartamento, volendo ovviamente navigare nella legalità di un contratto regolare? Mi si costringe così a tornare a vivere con mamma, a ben più di 30 anni, andando ad ingrossare le fila dei mammoni tra i quali molti certamente ci marciano, ma che, per il resto, sono composte di persone che vivono la mia stessa impossibilità d’emanciparsi. Per poi sentirsi chiedere dagli stranieri: “ma come mai in Italia vivete con i vostri fino a tarda età?”, con l’espressione stupita di una dama dell’ottocento che vede per la prima volta una indios delle americhe sbucciare una noce di cocco a mani nude. Ora, io piuttosto che tornare da mia madre, vado a vivere sotto ponte Milvio, sostentandomi con la pesca di pantegane del Tevere, ma intanto auguro alla vecchia arpia, una ormai prossima legge del contrappasso dantesco che le faccia scontare i prossimi 15mila anni litigandosi torsi di mele con le altre anime, dannate anche esse per lo stesso peccato di avarizia.

mercoledì 2 settembre 2009

BREVE CONSIDERAZIONE SULLA MANIFESTAZIONE CONTRO L'INTOLLERANZA.


Sono appena rincasato dalla manifestazione. 10, a tutti quelli che sono venuti. 9 all'intervento di Vladimir, sempre molto arguto, senza però rinunciare ad una certa leggerezza. 4 all'organizzazione. Ma dico, si può dedicare alle considerazioni politiche un quarto d'ora e poi musica sparata a tutto volume come fossimo in una discoteca qualsiasi? possibile che non si capisca che c'è il tempo per indignarsi e quello per divertirsi? L'ho trovato francamente inappropriato. Avrei preferito vedere più esponenti delle associazioni salire e arringare la folla che si è mostrata tanto generosa venendo stasera. Forse questo un segno dell'inadeguatezza rappresentativa delle associazioni, sempre più preparate nell'allestimento di feste e manifestazioni ludiche e incapaci di dimostrare un nerbo politico in occasioni come queste dove, la presenza massiccia anche degli organi di informazione, avrebbe potuto aiutarci nel diffondere le nostre rivendicazioni ad una platea più ampia, dimostrando che oltre ai carri bestiame carichi di manzi con il culo all'aria e le limusin con le trans che colgono l'occasione del praid solo per mettere in mostra i prodigi della chirurgia estetica, c'è una popolazione omosessuale in grado anche di manifestare con la necessaria compostezza. Non sapendo il motivo per il quale nessun presidente di nessun circolo ha preso la parola, chiedo a loro, o chi per loro, di spiegarcene la ragione dato che, in quanto rappresentanti di noi che componiamo la base con le nostre tessere arci o Mieli o vattelappesca, abbiamo il diritto di capire il perchè di questa latitanza.
Tra le altre cose, ieri sera, ho scorto nella folla il signor Franceschini (se gli occhi non mi hanno ingannato). Ma vuoi salire e mandare un messaggio di solidarietà o devi continuare a mostrarti solo come un rappresentante incolore di quelli che sono gli ideali della sinistra?
Resta comunque per tutti l'appuntamento di venerdì prossimo per la fiaccolata. Una manifestazione spontanea che si vuole tenere lontana da bandiere politiche e associazionistiche. E forse per questo, funziona.

martedì 1 settembre 2009

BOMBE CARTA NELLA GHEI STRIT DI ROMA. STASERA ALLE 22 TUTTI IN VIA DI SAN GIOVANNI IN LATERANO. NIENTE SCUSE.














Mi aspetto che stasera, ogni ghei, ogni lesbica, ogni cittadino ancora in grado di indignarsi davanti all’irragionevolezza della violenza, intervenga. Mi auguro che non ci siano scuse ciniche e rassegnate per giustificare un’assenza perché, se questo ennesimo atto di intolleranza è frutto di un clima politico connivente, è anche vero che tocca a noi spalancare le finestre e far cambiare aria.
leggi l'articolo de La Repubblica

MIO FRATELLO, MEGLIO NOTO COME UNO DEI CAVALIERI DELL'APOCALISSE.



Probabilmente, anche se a quei tempi l’abitudine di affidare i figli a delle bebisitter non era ancora così diffusa, grazie a loro, i miei avrebbero potuto comunque continuare ad avere una vita sociale da condividere con i propri amici. Ma non richiedere i loro servigi non era tanto dovuto alla scarsa fiducia nella professionalità di qualche studentessa di 18 anni nel prendersi cura di due ragazzini, quanto alla certezza che una serata con Stefano, mio fratello, avrebbe trascinato i nostri genitori in tribunale come responsabili nel primo caso di sevizie domestiche causate da un bambino di 5 anni nei confronti di un’adulta.
In effetti fintanto che mio fratello era costretto in ceppi nella culla, la possibilità di ricevere ed essere ricevuti dai nostri amici era ancora un’occasione proponibile a patto che si ignorasse il fatto che la carrozzina sobbalzasse come il letto di un esorcizzato a causa della vivacità del pargolo. Ma con i primi passi mossi da mio fratello e soprattutto l’uso della parola (la sua prima infatti non fu “mamma” ma “vaffanculo”) iniziò ad essere sempre più difficile gestire la sua esuberanza, soprattutto in presenza di altri, a meno che non si volesse ricorrere a massicce dosi di chetamina sparate con un fucile di precisione, operazione pressoché impossibile date la sua agilità e rapidità di movimento. Del resto, risultava quanto meno disagevole per i miei intraprendere con chi che sia una piacevole conversazione a base di pasticcini e the se nel frattempo tentavano con le braccia, viola per lo sforzo, di bloccare un ragazzino di 4 anni che cercava di divincolarsi urlando, fino a diventare cianotico, frasi come: “lasciatemi, sangue di Giuda!! Lasciatemi!!!”.
La scelta da parte dei miei di ritirarsi a vita privata fu comunque agevolata anche dal diradarsi degli inviti delle coppie di loro amici che erano direttamente proporzionati alla conoscenza di quell’invasato di mio fratello.
Neppure il metodo della trucidazione, che pure aveva dato ottimi risultati applicato su di me, era riuscito a scalfire la sediziosità di Stefano. Anzi, sembrava che traesse energia dalle botte che prendeva grazie ad un singolare, quanto unico, caso di termoconversione e, sia pure tra le lacrime che gli scorrevano sulle guance, era piuttosto inquietante sentir dire da uno che ancora doveva varcare la soglia della prima classe elementare: “menami pure, tanto non mi hai fatto niente!”.
L’ultima volta che i miei fecero una cena in compagnia di altre persone che non fossero i propri figli fu a casa di una cugina di mio padre. Non ricordo il motivo dell’invito ma per ignorare la fama di mio fratello che ormai serpeggiava fino alle propaggini estreme dei gradi di parentela, doveva trattarsi di una ragione assai importante.
L’espressione di mia madre ormai era invariabilmente la stessa ogni volta che usciva con mio fratello al seguito: terrorizzata. Ormai aveva sviluppato la capacità di svincolare i due occhi dalla vista stereoscopica, e se con uno seguiva i discorsi dell’interlocutore, con l’altro monitorava mio fratello che nel frattempo seminava panico e devastazione.
Durante la cena siamo tutti riuniti intorno al tavolo, mangiamo ma la conversazione non è particolarmente effervescente. Forse è per quello che mio fratello, nel silenzio dei commensali, guarda la padrona di casa, che a onor del vero non la si poteva certo dire una bella donna, e le dice: “tu hai la faccia da porco”. E’ vero che per educazione e cortesia si cerca sempre di indulgere sulle marachelle dei bambini e la parente fu tanto magnanima da glissare sull’accaduto, forse mossa a compassione tentativo di mia madre di soffocarsi con una forchettata di fettuccine, ma l’aria si era fatta in effetti piuttosto tesa. “Ma no, è che Stefano ha visto il viso di XXX (nonmiricordoilnomedellaparente, dato che fu l’ultima volta che la vedemmo) attraverso la bottiglia dell’acqua e ha visto il suo viso deformato”. Ora ditemi se voi avreste creduto ad una scusa del genere, neppure Taormina per la Franzoni si sarebbe spinto così in là con la fantasia. “no, ha la faccia da porco!”. L’affermazione proveniva sempre da mio fratello che troneggiando con la bocca sporca di sugo e il tovagliolo legato intorno al collo, come un piccolo tiranno che godeva dell’imbarazzo che stava causando, confermando così la teoria che vede nei bambini una naturale tendenza al diabolico.
In qualche maniera, che lo scioc dell’episodio non mi ha permesso di ricordare, riuscimmo a congedarci da quella serata con una certa disinvoltura.
Varcata però la soglia di casa dei nostri ormai ex parenti, mio fratello fu pistato come si fa solo con l’uva ad ottobre ma tollerante al dolore, come ho già detto, al termine della mattanza, sputò un fiotto di sangue dalla bocca, e con lo sguardo traverso degno di un primo piano di Sergio Leone, si rivolse ai miei dicendo, anche questa volta: “tanto non mi avete fatto niente”.

correzioni eseguite da REDRUM.