martedì 27 aprile 2010

CHE NE FACCIAMO DEI GHEI? PRIMO CONCORSO A PREMI PER CAPIRE CHE FINE DOBBIAMO FARE.










Sabato sera su un bus notturno è accaduta a Roma l'ennesima aggressione ai danni di un ragazzo ghei da parte di 4 ceffi che, come da copione, li becchi sempre in gruppuscoli come le merde di capra. Nessuno dei presenti ha alzato un dito perché se si tratta di accusare il clima di violenza, stanno tutti da Santoro a bocca aperta a gridare indignazione per il degrado sociale e culturale ma se pistano un finocchio a un centimetro da te ti metti a leggere le modalità d'oblitterazione stampate sul biglietto dell'ATAC piuttosto che intervenire.
Non commento ulteriormente l'accaduto perché ormai mi sembra fiato sprecato.
Ma qualcuno di voi ha delle proposte creative per far fronte alla violenza omofoba? Chessò, una falange armata di lesbiche a presidio della città, crearci uno stato a parte come ha fatto Israele per poterci preservare senza che il primo dittatore decida che i finocchi migliori sono quelli fatti alla graticola o che qualche vescovo, uno di questi giorni, ci accusi anche della crocefissione di Gesù Cristo?
Alla proposta più valida un cartonato di Bertone da usare come bersaglio per le freccette o quello della Carfagna che continua a non vedere nessun clima omofobo in Italia tale da giustificare leggi anti omofobia.

mercoledì 21 aprile 2010

LA RIVOLTA DELLE SCHIAVE












Pur non essendo una casa di studentesse fuori sede che lasciano ciuffi di peli pubici nel bidé, mozziconi di canne sul materasso o capelli robusti come cime di una nave nelle pentole calcificate dentro il lavandino, non posso dire che casa nostra sia uno specchio. Solitamente una settimana è il tempo massimo che l’appartamento ha prima di regredire allo stadio di catapecchia.
Anche questo mercoledì però la nostra schiava si è data malata. Mai visto una sudamericana tanto fragile. In due mesi che lavora da noi sarà venuta al massimo 5 volte, tre delle quali ha lasciato dietro di se i cadaverici cocci di una lampada d’alabastro, una tazza ricordo della Turca (NDR: non il bagno per soli uomini ma il mio coinquilino) e una cornice della quale non si è neppure presa la briga di togliere dal pavimento i vetri infranti presupponendo forse una mia recondita passione per il fachirismo.
Fosse almeno brava faremmo di tutto pur di tenerla con noi ma dal momento che lei pulisce fin dove arriva (o ha mentito sull’età e ha 10 anni o si tratta di un caso di nanismo armonico) i vetri di casa ormai sono oscurati come i cristalli della macchina di un politico e tutto ciò che si trova oltre i 75 centimetri resta coperto da una coltre di zella.
Stufi dell’andazzo ci siamo rivolti ad un amico che pare abbia un residuato bellico della guerra fredda, una ex militare slava dell’oltre cortina che smonta armadi ad occhi bendati come era abituata a fare con un calasnicov.
“Quant’è alta?”, è la prima cosa che gli chiedo.
“Non molto ma viaggia con una sua scala personale che fa parte della dotazione di serie insieme allo sprai al napalm e una fresa circolare per lo sporco più ostinato”.
“La vogliamo! Dacci il numero!”.
Il nostro amico ci confida però che lei è molto richiesta essendo probabilmente l’ultima donna delle pulizie che fa le pulizie.
Insomma ci rassicura che metterà una buona parola per noi facendo così scalare anche alla categoria delle colf il ranching dei raccomandabili e piazzandola in cima insieme ai medici e agli amministratori di condominio.
Finalmente ieri il nostro amico (del quale continuo a tenere nascosta l’identità per tutelarlo da sudice richieste di altri disperati e bisognosi) ci da la buona notizia.
No, tranquilli, non ha detto che lavorerà da noi ma ci concede un provino. Dice che vuole vedere la casa, chi siamo e se la situazione le piace “potrebbe” considerare l’offerta.
Last Dei (NDR, l’altro mio coinquilino dalla vita sempre in bilico) ed io siamo rimasti basisti ma anche agitati per un controllo che immaginavamo riservato solo alle coppie in attesa di un bambino in affido.
Venerdì dunque arriverà per l’ispezione. Giovedì sera ho fissato un turno di corvé che coinvolgerà amici e coinquilini nel disperato tentativo di rendere l’appartamento il più pulito possibile.
Un po’ come faceva mia madre che il giovedì mattina mi svegliava per farmi uscire di casa presto: “sbrigati che deve arrivare Rita”, mi gridava agitata mentre la vedevo passare lo straccio per terra e spolverare i mobili.
“Scusa ma non viene a fare le pulizie?”, le chiedevo le prime volte.
“Certo, ma non voglio farle credere che viviamo in un porcile!”.
Ad ogni modo, domani sera, per imbonire il terminetor del pulito, stavo pensando di prepararle anche una torta di mele e in segno di rispetto, se lo ritrovo, le regalerò un paio di anfibi da sbarco di mio nonno usati nella seconda guerra mondiale.
Insomma a me questa sembra comunque una situazione paradossale: dover superare una selezione per farmi pulire la cucina e cambiare le lenzuola del letto, ma noi abbiamo più bisogno di lei di quanto sia vero il contrario, quindi accetteremo qualsiasi condizione, foss’anche conquistare il suo rispetto guadagnandocelo con un duello corpo a corpo (no, non ci provate neppure a suggerirlo: io dopo aver lavorato come un somaro tutta la settimana non ci penso proprio a mettermi a pulire casa per conto mio).

giovedì 15 aprile 2010

QUASI PREFERISCO BERTONE


















Ecco un articolo scritto da un'altra mente eccelsa: Franca Sozzani, direttrice di Vog, che invece di parlare di orli e borsette pitonate ci regala un suo pensero sui ghei, un accessorio indispensaile per inossidabili sfigate metropolitane.
In coda al suo pezzo, la meil che le ho inviato.


Ecco il vero amico: il gay!L'editoriale del Direttore



E'fuori questione: alle donne piace avere come amico, anzi, come amico del cuore, un gay.

Si dice addirittura che sia l'unico amico sincero, fedele, che non ti tradirà mai e che da te non vorrà mai nulla. E questo a volte è un vero peccato. Se ha tutte queste qualità, perché doverci rinunciare? Ma non importa, è così perfetto in tutto che qualche difetto lo deve pur avere.

Innanzitutto, l'amico gay non può avere una moglie. Di quelle odiose, brutte e gelose. È quindi disponibile. Come amici si può andare in giro parlando di uomini senza correre il pericolo che cerchi di rubartelo. O tu o lui, salvo rare eccezioni. Non avrà mai tacchi più alti o gioielli più belli. Non si girerà mai a guardare un'altra o non succederà mai che, guardando la protagonista di un film, ti dica che quella è esattamente il tipo di donna che gli piace.

Ti dirà sempre che sei bellissima perché non ha nessun interesse a dirti che non ti sta bene un abito. Perché contrariarti quando alla fine non è un suo problema? Sarà un problema di tuo marito (o fidanzato o compagno).

Ma alle donne piace essere rassicurate e adulate, e quindi è meglio una bugia affettuosa che quelle critiche odiose che solo gli uomini riescono a fare.

Meglio essere l'icona di un gay che apprezza il tuo modo di vestire, che la compagna di uno a cui dover estorcere un complimento, spesso sul capo che ti sta peggio. E poi, siamo sincere, spesso i gay sono belli, raffinati, hanno un senso estetico vicino a quello delle donne e, a parte la mamma, non hanno vicino donne bisbetiche pronte a trovarti difetti. Un vero idillio. I gay sono pettegoli. Perché, gli etero no? E poi parlare degli altri (male) piace a tutti.

Ma c'è un "ma". Frequentando solo amici gay finisci per adagiarti in una serena routine. Sei ammirata, vezzeggiata, coccolata così tanto che sei felice di non doverti misurare con flirt dall'esito incerto. Per lui sei sempre e comunque perfetta. Puoi dormire con pullover, calzini e maschera, o uscire con look improbabili. Tutto è permesso con lui. Certo non è così con i fidanzati.

Nel mondo della moda ci sono più donne, anzi più donne in assoluto e la maggior parte ha come amico del cuore un amico gay.

È rassicurante un amico sempre così disponibile e sempre indulgente sul giudizio estetico. La realtà fuori da questa situazione dorata è molto diversa. È rarissimo trovare un fidanzato che si ricordi tutti i tuoi vestiti e che ogni volta ti dica che stai benissimo.

A questo proposito, mi piace ricordare la risposta di Michelle Obama al marito che le faceva i complimenti per una gonna vecchia di qualche stagione, già indossat più volte: "Occupati di problemi più grandi, come la fame nel mondo, che ai vestiti ci penso io!".

E allora? La soluzione è semplice: un fidanzato il cui amico del cuore è un gay. E vissero tutti felici e contenti!

Franca Sozzani






Signora Franca, mi faccia essere franco.
E già grave pensare cose del genere, scriverle è preoccupante ma pubblicarle è davvero imbarazzante.
Più che un essere umano lei ha descritto una chimera inquietante composto da un coglione, un cicisbeo e cavalier servente come non se ne vedevano dai tempi del Parini.
Un capolavoro di confusi luoghi comuni che neppure i Vanzina avrebbero accroccato trovandosi a girare il remake di "Omicidio al blue gay".
Cara Franca, mi permetta di rivelarle, con tutta la modestia di cui sono sprovvisto, che i ghei non sono un accessorio di scorta alla mancanza di rapporti umani ben costruire e che all'occorrenza sanno essere crudeli, spietati e competitivi persino con le donne, persino con le amiche, persino con chi si ostina a portare una nostalgica acconciatura stile "Casa nella prateria".
Per avitare tutto questo, forse basterebbe si trovasse un'amica sincera e un uomo vero (e non una caricatura briatoresca di quelle che le capita di incrociare nei party di beneficenza), per avere tutte le conferme che ogni donna meriterebbe di avere.
Detto questo, mi auguro trovi presto altri argomenti a lei più congeniali di cui parlare.
INSY LOAN

martedì 13 aprile 2010

SOLO UNA PAROLA

Contravvengo al mio voto di silenzio solo per commentare l'ultima ridicola, patetica e violenta esternazione del cardinal Bertone il quale dichiara: "Molti sociologi, molti psichiatri hanno dimostrato che non c'è relazione tra celibato e pedofilia - ha dichiarato il segretario di Stato - e invece molti altri hanno dimostrato, me lo hanno detto recentemente, che c'è una relazione tra omosessualità e pedofilia".
Non si capisce però da quando i vertici vaticani abbiano iniziato a dare credito a teorie e studi scientifici dal momento che nei secoli hanno usato centinaia di illuminati scienziati come carbonella per le braciole di maiale mentre solo i più fortunati hanno visto le loro opere bandite e messe all'indici.
Resto quindi sorpreso che ora portino avanti discutibili studi sociali per attribuire la patologia della pedofilia all'omosessualità e piuttosto che ricercare nella loro bieca condotta e nella loro blanda condanna le cause del male, incolpano i ghei anche di questo, come se non avessimo già le nostre gatte da pelare tra bigottismo sociale e indifferenza politica.
E comunque io a farmi insultare da uno che va in giro vestito così, non ci sto.
Ora, scusate ma torno nella mia cripta.

giovedì 1 aprile 2010

10 suggerimenti personalissimi per una pasqua a Roma.
















Anche questa Pasqua Roma è pronta a ricevere la solita invasione di vecchi in gita parrocchiale e l’arrivo di centinaia di coppie di burini che si chiamano: “amo’!”, dove lui ha una faccia galvanizzata da centinaia di lampade ad alta pressione e lei non rinuncia ad indossare degli stiletto borchiati pronti a ogni passo a piantarsi tra i sampietrini millenari. Ancora pochissimi giorni e le strade del centro saranno assalite da orde di turisti a buon mercato che preferiscono mettersi in posa accanto alle vetrine di Cavalli piuttosto che davanti la fontana della barcaccia di Trinità dei monti.
Ma cosa più importante, a Pasqua, la città verrà invasa da centinaia di omofrociani pronti a lanciarsi nella squinternata movida ricchio-capitolina, evento questo che in me risveglia lo stesso entusiasmo di un cacciatore alla vigilia della stagione venatoria. Come infatti ho ripetuto appena quelle 14 mila volte nel corso degli anni, essendo io il ghei più sputtanato della capitale, ho qualche speranza di accoppiarmi soltanto durante i flussi vacanzieri delle feste comandate, visto che i forestieri ancora non sono stati raggiunti dalla mia fama. In alternativa potrei anche puntare sul famoso ricambio generazionale (credo infatti che le nuovissime leve ancora non mi abbiano visto ovunque) ma, sebbene viva all’ombra “der cupolone” vaticano, a me i ragazzini non piacciono.
Per quanti quindi si accingono a sfruttare la Pasqua per passare qualche giorno nella città eterna, che siano ricchie o etero, ho pensato di suggerire 10 cose che devono assolutamente vedere o fare una volta arrivati in città. 10 esperienze capitoline che non troverete mai in nessuna Rutar o Lonli Planet ma delle quali, al ritorno a burilandia, potrete vantarvi di aver vissuto.

1. un pomeriggi di sciopping da MAS.
Dimenticate i soliti Gucci di via dei Condotti o Miu Miu di via del Babbuino, vendono stracci a cifre con le quali si potrebbe risollevare l’economia di stati africano come il Congo. Correte piuttosto a Piazza Vittorio, in via dello Statuto per scoprire quello che, prima di essere un negozio, è un esperienza estetica seconda solo ad un overdose di LSD.
Un tempo chiamato Magazzini Allo Statuto, da cui appunto MAS, oggi questo palazzo di 4 piani è la versione coatta dell’Arrods londinese.
Le commesse hanno nomi che vanno da Jessika, a Phamela, a Katiuscia. Anche alle 10 del mattino hanno l’espressione benevola delle ospiti di una casa circondariale. Nonostante ognuna presidi un reparto è del tutto inutile chiedere informazioni a meno che non vogliate farvi esplodere sulla faccia il pallone di ciuingam che masticano dal 2008 mentre vi risponde: “ e che cazzo ne so io do’ stanno e mutanne!”.
Potete trovare di tutto, dalla gioielleria alle gavette militari, dalle scarpe alle pellicce di astrakan ed è forse per questo che anche il suo pubblico è, con un eufemismo piuttosto spinto, altrettanto variegato: dalle trans perse tra gli scaffali del reparto langerì alle lesbiche che si preparano per qualche festa delle loro acquistando capi consoni all’avvenimento nel reparto dedicato all’abbigliamento militare.

2. lo Zozzone di Porta maggiore.
Storico chiosco delle prelibatezze che posteggia dai tempi di Caligola a Porta Maggiore, viene preso d’assalto dalle 2 di notte fino alle prime luci dell’alba.
In genere ci si va all’uscita della discoteca a smaltire quei 6 negroni preparati con dosi che stroncherebbero anche Pit Doerti, con la speranza che, mettendo qualcosa di solido in bocca, si possa evitare il ricovero per coma etilico. Spesso il rimedio funziona dato che se si chiede il “mettimici dentro tutto”, ti porti via un quantitativo di cibo sufficiente non solo per la colazione ma anche per il pranzo, la merenda e la cena. La cassiera ha gli stessi lineamenti aggraziati di Marghrita Ac ma non lo stesso talento per i calcoli dato che per darti il resto fare ancora la conversione da euro in lire e da lire in euro.
Se siete particolarmente fortunati, verso le 3 arriva la carovana dei sudamericani che pompano merenghe a tutto volume dallo stereo delle loro Seat e, birre nelle mani, vi improvvisano uno spettacolo che manco i peggiori bar di Caracas hanno visto mai.
Un consiglio: non guardate mai le unghie di chi vi prepara il panino, potrebbe passarvi l’appetito e sarebbe un peccato.


3. Villa Celimontana.
Tra le ville romane è la mia preferita. Non è sputtanata come villa Borghese ne infestata da pariolini insopportabili come villa Ada.
Lì si gode una splendida vista, soprattutto se vi appostate nei cespugli e aspettate che qualche coppia si apparti un po’ per una fugace smucinata nelle mutande.
Se invece siete di gusti più classici, potete stendervi sullo splendido prato, ideale per leggere un libro, fare un pic nic o tirare fuori la chitarra per violentare la memoria Lucio Battisti suonano La canzone del sole.

4. il mitreo di San Clemente
ho pensato molto alla possibilità o meno di metterlo in lista dal momento che è il mio cavallo di battaglia personale. Ogni volta infatti che mi piace un ragazzo, cerco di ammaliarlo portandolo nei suoi sotterranei, sciorinando la storia del tempio ormai con la stessa meccanicità con cui un 12enne recita la poesia di pasqua. Siccome però su 4 che ce n’ho portati, 3 m’hanno mollato il giorno dopo, inizio a pensare che è arrivato il momento che condivida anche con altri il fantastico potere seduttivo del luogo.
Ad ogni modo, è un posto che vale davvero la pena vedere perché si entra in una chiesa protocristiana, si scende giù, attraverso una villa romana, per poi finire in un tempio dedicato appunto a Mitra.
NB: Visti i miei precedenti, mi sento di sconsigliarlo vivamente alle coppie in crisi.


5. la pizza bianca a campo dei fiori.
Per riprendesi dalla maratona attraverso i monumenti, una sosta nella deliziosa piazza di campo dei fiori, vicino piazza Navona, è d’obbligo.
In genere la pizza ve la servono calda, bassa e farcita con fette di mortadella spesse come una fiorentina e insaporita con i pistacchi. Datemi retta, vale più di qualsiasi ristorante scureggione dalle pareti immacolate, i piatti di porcellana quadrati e la musica diffusa di un cazzo di café del Mar.

6. prendere il 64
è una delle linee di autobus più famose e frequentate di Roma. Dal momento che termina al Vaticano è sempre gremito da turisti stranieri e monache. Questo significa che insieme a loro salgano a bordo legioni di scippatori attratti dai primi e di maniaci sedotti dalle seconde (anche se non ho ancora capito se siano i maniaci a salire per le monache o le monache a prendere il 64 con la speranza di sentirsi una mano piazzata nel culo).

7. mangiare le caldarroste con la temperatura di 28°
un po’ come il gelato che, ai miei tempi, era un prodotto esclusivamente estivo, anche le castagno hanno subito lo stesso processo di destagionalizzazione e vengono servite anche ad agosto da africani ridotti in stato di semi schiavitù, gli unici geneticamente in grado di sopportare la canicola estiva e i 12.000 del braciere, dal momento che vengono servite rigorosamente bollenti.
Solitamente appostati in prossimità della lussuosissima via dei Condotti, si adeguano i prezzi alle vetrine. Unico indizio per distinguere le pepite di Bulgari dalle caldarroste è il prezzo: le seconde sono molto più care.


8. Andare al coming aut
E’ l’unico bar, che possa chiamarsi tale, rivolto alla popolazione ghei dal momento che gli altri sono degli scannatoi dove per via orale non si assumono solo gli alcolici, e chi vuole capire, capisca.
La via prospiciente al pub è gremitissima di omoricchioni o turbolelle.
Andare a bere una cosa al caming è sempre un balsamo per quei periodi in cui ti senti un cesso dal momento che la media del pubblico potrebbe benissimo giacere nella categoria “non ci credo che è un essere umano!?”.
Come ne “I guerrieri della 56° strada” (riferimento per le lettrici saffiche) o “Gris” (per i lettori dalle chiappe affamate), la strada è suddivisa in zone, ci sono le bone (…), i finocchi denutriti di 20 anni che pesano come un pacchetto di Cipster (e che avallano la mia tesi che dall’’85 in poi abbiano aumentato la dose di progesteroni negli omogeneizzati) e poi le lesbiche. Data la frequenza di liti tra quest’ultime, è stato da poco allestito un chiosco gestito da Lottomatica dove poter puntare e fare scommesse sull’esito delle loro risse.

9. De rittis e la Casa del rosario
cito i più rappresentativi dei tantissimi esercizi rivolti ai religiosi e agli amanti dei souvenir di cattivi gusto.
De Ritis in particolare propone abiti talari che sembrano disegnati da Capucci. Ardite creazioni geometriche con colori sgargianti e impunture dorate imbarazzanti anche per il carnevale al sambodromo di Rio.
Tabernacoli scolpiti in oro (per chi avesse una chiesa da arredare) arricchiscono le vetrine altrimenti affollate da rappresentazioni della natività e statue di Bernadet in formato 1:1 che a me ricordano tanto Maddalena bambola serena, la pupazza degli anni ’80 grande come una giocatrice di pallacanestro.
Se invece il vostro bagget è più esiguo, La casa dl rosario di Santa Maria Maggiore, fa al caso vostro. Dalla miniatura delle basiliche che cambiano colore con il tempo alle penne con la guardia svizzera che si spoglia nuda quando premete il pulsante.


10. toccare un monumento a caso dei fori imperiali
Se vi capita di venire a Roma e volete davvero provare un’esperienza che pochissimi altri luoghi sulla terra possono regalarvi, appoggiate una mano su una colonna del foro o su uno dei tantissimi ruderi disseminati fino in periferia e provate a pensare che quelle rastremature, quei fregi, quelle statue sono state cesellate, levigate, scolpite più di 2000 anni fa da persone come noi che, forse ignari dell’opera che stavano realizzando, ci hanno regalando una testimonianza preziosissima senza la quale oggi avremmo una civiltà ancora più disgraziata.
Entrate in empatia con quelle persone, cercate di immaginare per qualche istante cosa stessero provando, come vivessero o quali fossero i loro pensieri.
Io, ogni tanto lo faccio, ed è un’emozione fortissima.