martedì 30 novembre 2010

QUANDO LA COPPIA TROPPIA.


Una volta in un film sentii dire: "in 2 è una coppia, in 3 un'ammucchiata".
Ecco cosa ne penso delle troppie.
INSY

mercoledì 24 novembre 2010

PILLOLA ANTI HIV. MI SFUGGE QUALCOSA.

















Scusate ma solo io trovo ci sia qualcosa che non torni in questo farmaco e nella sua sperimentazione? (ecco l'articolo)

1)Come hanno calcolato la percentuale di contagio del gruppo di soggetti sottoposti a sperimentazione? Li seguivano ad ogni atto sessuale?
2) se chi lo ha sperimentato ha usato comunque anche il preservativo come si fa ad attribuire il merito della protezione all'uno piuttosto che all'latro?
3) l'assunzione quotidiana non è quantomeno disagevole soprattutto se si considera la non totale preservazione da parte del virus?
4) come calcolano l’aumento di percentuale di rischio a fronte di un uso non quotidiano del farmaco?
5) come mai il campione testante era composto solo da omosessuali, trans e bisessuali?

Io non sono un medico ma almeno da quel che si legge la cosa non è chiarissima.
Oltretutto la necessità di un dosaggio quotidiano mi fa sorgere il sospetto che possa essere una trappola commerciale che fa leva sulla paura dell'AIDS (tant'è che è già acquistabile).
Ben vengano comunque sperimentazioni che abbiano il fine di debellare o ridurre il contagio da HIV ma credo si debba puntare molto più sulla cura dal momento che la prevenzione migliore e più efficace, a tutt'oggi, non è l'astensione come dice Benedetto ma il profilattico.

martedì 23 novembre 2010

UNA PICCOLA CONSIDERAZIONE SUL CONCETTO DI INFALLIBILITA' E DI MORALE.






















Dio è infallibile. Quello che crea è perfetto. Quindi se l’omosessualità è congenita (come ipotizza il Santo Padre) è voluta così da Dio. Se poi però il Papa dice che questa essenza non è moralmente giustificabile non mette in discussione l’infallibilità del Creatore? L’omosessualità è sicuramente una devianza (non in termini di morale, ovviamente) rispetto a norma fissata sui numeri.
E se la maggioranza determina il concetto di “sano” e se implicito nel concetto di congenito c’è l’impossibilità da parte del soggetto di determinare la sua essenza perché non pretende anche dagli storpi di correre i 200 metri a ostacoli? Ai cechi di dipingere? Perché non condanna moralmente anche chi nasce idrocefalo o ritardato perché diverso dal?

mercoledì 17 novembre 2010

UNA STORIA D'AMORE E DI RABBIA.

Per tutti quelli che con ostinazione e cieca ignoranza vogliono mortificano l'omosessualità negandoci la capacità d'amare, giudicandoci indegni di sentimenti profondi, osteggiando il diritto ad un'unione che sia sancita e riconosciuta. E anche a tutti quei leader politici che in monologhi autopromozionali si "dimenticano" di citare le nostre istanze nella lista di ciò che dovrebbe essere un valore per la sinistra. Una storia d'amore come tutti vorremmo che fosse e come non vorremmo finisse mai.

lunedì 15 novembre 2010

-30

























Non sono mai stato un dormiglione ma ultimamente sono io a svegliare la sveglia. E questo succede ormai anche nel fine settimana. Ci provo a restare nel letto, a concentrarmi per riprendere sonno, ma il cervello una volta acceso non riesce a fermarsi e iniziando a macina pensieri.
Provo comunque a godermi con calma tutto quel tempo che resta prima di dover uscire di casa. Per molti questo è solitamente brevissimo e si scapicollano per infilarci dentro la doccia, la colazione, la scelta degli abiti da indossare e una controllatina al proprio profilo su Facebook (o latri social/erotic network). Io invece, anche se forzatamente, posso fare tutto questo con moltissima calma.
Oggi fuori c’è un tempo da lupi. Piove e fa freddo e mi godo il conforto di chi non è ancora costretto ad uscire. Il rumore del traffico è un lento crescendo che inizia a partire dalle 6. Alle sette, arriva il camion dei rifiuti a svuotare i cassonetti. E’ sempre puntuale. Alzo la serranda ma non troppo per evitare che la luce della lampada faccia della mia stanza un teatrino ancora più visibile a quei 20 appartamenti del palazzo di fronte che affacciano sul mio (spiarli è un piacevole passatempo del quale posso anche io a mia volta esserne vittima).
Attraverso il vetro guardo le persone giù in strada che si muovono con passi brevi e rapidissimi, avvolti da sciarpe e cappotti. Alcuni raggiungono la fermata del bus che inizia ad affollarsi.
Mi rimetto a letto e sotto la coperta con i piedi vado a cercare il tepore lasciato lì dal mio corpo.
Accento la televisione, seguo il telegiornale che quasi sempre propone le notizie riscaldate della sera precedente poi mi alzo, mi preparo il pranzo che mi porterò in ufficio e mentre aspetto che si cuocia mi sdraio nuovamente nel letto. Incrocio le mani dietro la nuca e guardo passivamente le notizie sul calcio (figuriamoci con che interesse).
Insomma nonostante le gocce di biancospino, continuo a dormire sempre pochissimo. Saranno i pensieri.
E tra un mese esatto sarò a New York.

mercoledì 10 novembre 2010

ROMBO DI TUONO





















Quando l’anno scorso venne il carrattrezzista per prendere e portare al cimitero dei rottami il mio motorino mi disse chiaramente che sarebbe stato più adatto portare paletta e rastrello per rimuovere quel cadavere macilento che orami era diventato il mio scooter.
Pensai quindi che con l’acquisto del nuovo avrei dato fine all’umiliazione di farmi vedere in giro con un “qualcosa” che viaggiava su due ruote e andava a benzina ma che aveva il parabrezza spaccato, la marmitta legata col fil di ferro, il cruscotto tenuto con il nastro isolante e il cavalletto allentato che toccando terra creava scenografiche scintille apprezzabili soprattutto all’imbrunire (ah, dimenticavo, una busta nera della mondezza ne copriva il sellino squarciato).
Regola numero uno, quando devi comprare qualcosa: mai rivolgersi ad amici.
Regola numero due, quando devi comprare qualcosa: mai rivolgersi a parenti.
Regola numero tre, la più importante di tutte, quando devi comprare qualcosa: mai rivolgersi ad amici di parenti.
Contravvenendo a 3 regole su 3 mi sono fidato degli amici di mio fratello per acquistare un SH 150 (almeno così mi hanno detto si chiamasse quel mezzo ma per me poteva essere anche un Tornado dell’aviazione italiana, la mia capacità di distinguerli infatti è pari a zero).
A vederlo comunque sembrava tutto a posto. Mio fratello garantiva con la sua conoscenza dei motori (io però so distinguerti un punto croce da uno a giorno, è solo questione di talenti diversi) che “era tutto apposto”.
Ora io non so se per “apposto si intende uno scooter che quando supera il 40 all’ora inizia a sibilare come uno spiffero attraverso la porta aumentando di frequenza fino a diventare un ultrasuono perfetto come richiamo dei cani che mi facevano codazzo come a una cagna in calore, ma con il tempo ho imparato a non farci caso: bastava aumentare il volume dell’ipod.
Dopo 3 settimane sulla tangenziale mi vola uno specchietto e per poco non rischio di essere travolto da un tir per recuperarlo.
Dulcis in fundo, mi accorgo che il freno davanti mi blocca inspiegabilmente la ruota ogni volta che percorro più di 500 metri per cui la mia velocità di crociera è pari a quella di un bruco mela da luna park.
Faccio presente a mio fratello che sto motorino è una mezza sola. Lui mortificato lo porta ad aggiustare. Riparano il freno (temporaneamente perché adesso ha ripreso a farmi lo stesso scherzetto), riattaccano lo specchietto ma aggiungendo una struttura in ferro battuto “perché il buco era spanato”, quindi adesso è comodamente montato su una specie di baldacchino che ricorda molto la macchina di Santa Rosa di Viterbo.
Ma non finisce qui.
La maledizione del vecchio scooter, quella che gli si era accanita contro rendendolo molto simile a un pacchetto accartocciato di Marlboro, pare sia passato come una tassa di proprietà anche al nuovo.
Una mattina infatti mi ritrovo il cruscotto e parte della fiancata sbriciolati. A giudicare da come era stato riparcheggiato qualche testa di cazzo deve aver fatto una manovra di parcheggio come solo le donne sanno fare (o forse è stata una donna vera) procurandomi il danno.
Lo specchietto riaggiustato si è spanato di nuovo per cui se devo fare un sorpasso mi affido alla clemenza del cielo dal momento che il braccio è pendulo e si muove in funzione della velocità sembrando piuttosto il flap di un aereo che un sistema di retro visione.
Ma la cosa al momento peggiore è la marmitta. Un giorno prendo lo scooter e mi accorgo che non sibila più. Poi mi accorgo che al mio passaggio la gente guarda il cielo, tende il palmo per sentire se sta iniziano a piovere e nel dubbio apre l’ombrello. In effetti il sibilo c’è ancora ma è sovrastato da un rombo assordante che mi segue. Poi mi accorgo che sono io. Insomma mi si è sfondato l’ugello della marmitta. Inspiegabilmente. Il giorno prima c’era, il successivo no. Per cui adesso me ne vado in giro per Roma su un SH che fa il rumore di un Harley e non mi restano che 2 opzioni: o faccio aggiustare la marmitta violentando la mia indole fancazzista o mi metto una bandana al collo e un giubbotto di pelle e inizio a frequentare qui raduni di fanatici che si vedono sfrecciare in carovane lungo le autostrade.

lunedì 8 novembre 2010

UN BIGLIETTO SOLO, GRAZIE.




















Venerdì sera sono uscito dall’ufficio, ho fatto un salto in palestra, cena da clinica a base di merluzzo bollito e passato di verdure consumato rigorosamente alle 19,30 e poi cinema. Da solo. Si, lo so che a molti la cosa sa di piccola fiammiferai ma a me piace andare al cinema da solo anche perché il più delle volte faccio fatica a trovare compagni a cui piacciano horror e porcate americane varie.
Al di la della mia ormai patologica misantropia c’è una lunga serie di motivi che mi fa preferire la visione solitaria a quella di gruppo.
Innanzitutto non si perdono ore e ore cercando di accordare gli amici sull’orario e, cosa più ardua sul film da vedere. Eviti battute e commenti negativi al limite dell’insulto qualora il film da te così calorosamente caldeggiato si riveli una boiata.
Quando ti presenti al botteghino e chiedi un biglietto solamente, certo hai sempre la sensazione di apparire uno sfigato ma becchi sempre e comunque posti ottimi e centrali al contrario dei grupponi che, per una malsana perversione voglio sempre e comunque stare tutti raggruppati beccandosi così le poltrone peggiori della sala (che poi mi chiedo: ma che ti frega di stare tutti insieme? Cos’è devi commentare ogni scena con ognuno dei componenti della brigata?).
Quando vai da solo hai sempre il piacere di assistere a una duble fiture: non solo ti godi il film ma puoi ascoltare i cazzi degli altri prima che cominci lo spettacolo e, in alcune sale, anche tra il primo e il secondo tempo, senza che però gli altri ascoltino i tuoi.
La cosa però che apprezzo di più della solitudine dell’ultimo spettacolo è la serenità di non dover dare immediatamente un giudizio sul film perché quando mi ritrovo invece ad andare con altri, non ti danno nemmeno il tempo di far accendere le luci in sala che parte la domanda: “allora che ne pensi?”. O Signore che ansia!

giovedì 4 novembre 2010

SE QUESTO E' UN MEDICO (E la cosa aberrante è che a fare queste dichiarazioni siano proprio delle donne).



Parto dalla dichiarazione di Daniela Santanché per arrivare all'ultima idiozia del medico deputata del Pdl Melania Rizzoli che scrive sul Giornale in difesa del premier. "Quale donna incinta si augura di partorire un figlio gay?", dichiara la donna di scienza. Mi chiedo allora se non sia altrettanto inauspicabile mettere al mondo una figlia se il clima politico e culturale in cui viviamo le penalizza al punto da renderle cittadine di serie B se non vera e propria carne da bordello. Stessa linea di pensiero andrebbe la possiamo ovviamente applicare anche ai portatori d'endicap o, perché no, anche ai credenti in di altre religioni (non sia mai mi nascesse un figlio che poi voglia diventare musulmano!!).
Credo infatti sia proprio questo il punto dolente della questione: per le persone in possesso ancora di intelletto il timore di mettere al mondo un figlio omosessuale (o andicappato o musulmano o che desideri fare il ricercatore senza dover partire dagli Appennini per andare verso le Ande) non riguarda tanto il fatto in sé quanto il terrore di vederlo soffrire crescendo in una società ostile e violenta come quella italiana.

martedì 2 novembre 2010

FINO A QUANDO, BERLUSCONI?


Amici, compagni, minorenni marocchine e dittatori magrebini, il mio punto di vista sull'ennesimo sproposito del Signor Premier.