lunedì 26 ottobre 2009

GF9: LA PRIMA E L'ULTIMA PUNTATA CHE VEDO (perché rosico che non mi hanno fatto entrare)

Per una coerenza filologica con la mia fulgida carriera da “più checca di roma” e di narratore di aulici episodi come quello del ciuingam attaccate ai peli del sedere ottimamente descritto nel mio libro, non potevo certo non candidarmi anche come concorrente del Grande Fratello. Oh, neppure loro mi hanno voluto! E sì che avrei risolto il problema di casa e del lavoro con una botta sola. Quindi, dal momento che mi hanno scartato ed essendo oltretutto un campione di eleganza e sportività, io li odio già tutti. Anche quest’anno in studio ad affiancare la Marcuzzi che come la nonna rincoglionita e Starda, la piantana in alluminio di Ichea, dove la metti sta, Alfonso Signorini, oltre ad essere a Verissimo, dirigere Chi, togliere malocchi con un piatto d’acqua e 2 gocce d’olio sapere in anticipo che Marrazzo lo avrebbero beccato a mutande calate insieme a Brenda, è anche qui.
Anche quest’anno la casa è stata arredata nello stesso stile sobrio che impera nella villa di Lele Mora, ma viso che tanto poi lì finiranno a massaggiargli i malleoli, tanto vale che si abituino sin da ora.
Il primo concorrente ha 22 anni è di Catania. Si chiama Tullio e i suoi amici lo definiscono l’amico delle donne che dalle mie parti significa che l’ultima volta che ha visto la figa era quella della madre il giorno del parto.
Camilla, 24 anni, modella, è metà brasiliana, metà boliviana ma tutta deficiente. Grida anche per chiedere l’ora ad un orologio. Come Belen è stata scelta perché mastica la coniugazione perifrastica attiva e passiva e, che lo crediate o no, sogna il mondo dello spettacolo.
Poi finalmente l’avvenimento!! Entra un ghei! Ancora non si definisce omosessuale ma nella clip di introduzione sembrava una operatrice di bellezza della Revlon durante una dimostrazione su come si stende il rimmel.
Poteva essere un’occasione ma invece anche stavolta veniamo selezionati solo per fare le macchiette. Per consolidare l’immaginario da “Omicidio al blu ghei” e per rassicurare ancora il pubblico che noi finocchi siamo solo una versione rachitica e più isterica delle donne.
A sentire le storie dei concorrenti, il padre è la prima cosa che si perde. O muoiono prematuramente o si suicidano o scappano con qualche amante. Se sapevo che era così facile entrare, facevo fuori anche il mio ed entravo senza neppure fare un provino.
Tra le cose interessanti che si vengono a sapere vedendo le pubblicità durante i brec è che si può fare nostra la casa disegnata dalla chiabotto per sciatò d’ax, in un elegante color pervinca e che, viste le esigenze urinarie della ex miss, ha una vasca da bagno al posto della tazza del cesso.
Altra clip, altro concorrente: Alberto, 26 anni, molto bello con tanta fede, crede nell’amore e non nel sesso fine ed è un cattolico professante. Dice di voler trovare in casa un pò di tranquillità. E lo capisco. Immaginate che vita dissoluta conduca a Vasto, andando in chiesa tutte le mattine.
C’è anche una trans da femmina a maschio ma non hanno ancora detto chi è. Siccome però in media le F/M vengono meglio degli M/F (che il più delle volte sembrano P.E. Baracus di Ei Tim con la parrucca e un paio di Scianel numero 48), sarà davvero un mistero capire chi sia.
Come sempre, troppi giochetti poco divertenti: fai entrare uno se elimini un altro, scegli la porta che ti garantisce di restare dentro, si salva il primo che riesce a suonare l’inno di mameli suonandolo con una foglia e un pettine. Troppi ghirigori!
Come sempre ci sono un sacco di donne. Tutte dalla vita uguale. Studiano, amano la famiglia, vorrebbero tanti bambini e la pace nel mondo. Mai nessuna che ti mostri un pirsing alle grandi labbra o che aspiri ad aprire un locale di lap dens affianco alla sede centrale dell’opus dei.

Aggiornamento dell’ultima ora dall’ufficio stampa dell’Unicef che tira le somme del GF:
5 orfani di madre o padre. 2 hanno i fratelli dispersi. 1 ha il padre incidentato, ma con questa china, vedrai se non si risolve in tragedia. E, caso più disperato di tutte, una concorrente è in evidente soprappeso.

giovedì 22 ottobre 2009

IL NUOVO UFFICIO


Occhei, non dovrei lamentarmi perché, dopo tanto penare, ho finalmente trovato lavoro. Capisco pure che ce n'è molta di gente a spasso che ora, oltre alla sofferenza della disoccupazione, deve subire anche la beffa di un esecutivo che inneggia al posto fisso. Ma qui sono tutte donne! È l’inferno in terra e la legge del contrappasso di Dante fusi insieme e scagliati con violenza contro la mia vita. È una settimana che non faccio altro che presentarmi nuovamente a colleghe già presentatemi il primo giorno e che, per mio disinteresse nei confronti del genere femminile, non riesco a memorizzare ne a distinguere.
I cestini in bagno sono carichi di confezioni scartate d’assorbenti. Il rumore di tacchi mi martella il cervello, per non parlare dei profumi fruttati che si mischiano dando vita ad una nube venefica che mi corrode le narici.
Risulterò pure ingrato ma se entro un mese non allestiscono qualche ponteggio davanti la mia finestra, con qualche operaio da guardare, io mi licenzio e vado a lavorare in miniera.
Ora vi saluto che sta venendo il direttore. Donna, ovviamente.

domenica 18 ottobre 2009

RICOMINCIAMO.

Oggi si ricomincia.
A 10 mesi esatti dal licenziamento, torno a lavorare.
E così dovrò abbandonare tutte quelle abitudini che, per quasi un anno, avevano caratterizzato la mia vita.
Dovrò riesumare la sveglia e puntarla su un numero inferiore al 10. Non potrò più seguire i programmi del pomeriggio televisivo, a cominciare da Pomeriggio 5, e sarò quindi privato del pensiero illuminato di ospiti come Daniela Santanché, novella porofetessa, castigatrice dei costumi e campionario deambulante di tecniche di chirurgia estetica estrema (che, nonostante tutto, nulla hanno potuto per migliorare quella catastrofe somatica che si ritrova in faccia).
Sono finite le deliziose pennichelle postprandiali che tanto bene facevano alla mia digestione. Potrò però tornare a celebrare il rito condiviso dell’attesa del venerdì sera per dare il via al uic end (cosa che spesso si inizia a fare già dal mercoledì), stipando in quei 2 giorni tutto quello che non mi è stato possibile fare durante la settimana, arrivando così la domenica sera ad esser più stravolto che se avessi lavorato sette giorni di seguito, con in più, quel magone da vigilia del lunedì che ognuno di noi inizia a sperimentare già dalle scuole elementari.
Non potrò più vantarmi di essere il più giovane tra i clienti del supermercato: fare la spesa alle 11 del mattino da certi vantaggi.
E però vero che potrò tornare ad usare la scusa: “devo andare, che domani mi devo svegliare presto per andare a lavoro”, per tagliare la corda quando l’appuntamento si dimostra oltremodo noioso e, soprattutto, non leggerò più lo sguardo di imbarazzata compassione che molti dei miei interlocutori assumevano quando dicevo di aver perso il lavoro.

martedì 13 ottobre 2009

MAMMA, I FROCI CHE PAURA!



Insomma, un'ennesima aggressione ad una coppia di ghei. A colpi di casco, in pieno centro a Roma, di domenica pomeriggio.
Soliti assalitori che inneggiano ad un fascismo di cui non so neppure quanto bene ne sappiano, e, soprattutto, solita indifferenza da parte delle persone che si trovavano lì ad assistere al pestaggio.
Inutile reiterare indignazione e sdegno. Quelli, almeno io, li ho esauriti già dai tempi del primo attacco al Ghei Villag, ed oggi non avrebbero lo stesso vigore, avvilito, come ormai sono, dalla cadenza quasi settimanale di questi bollettini di guerra. Le istituzioni, anche quelle di destra, continuano a condannare questa violenza ma neppure le fiaccolate, i cortei e le manifestazioni sembrano aver migliorato il clima infausto in cui ci stiamo muovendo.
Ma, allora, il problema reale qual è?
Ho l'impressione che, per molti, noi omosessuali siamo diventati l'ultimo e definitivo capro espiatorio su cui sfogare frustrazioni accumulate in altri ambiti, personali e sociali. In me è forte il sospetto che tanta violenza tragga la propria giustificazione nella retorica della destra che, in questi ultimi anni, ha demonizzato le unioni civili tra persone dello stesso sesso usando spessissimo termini come "contro natura", "aberrazione" e "attentato alla sacra istituzione del matrimonio", talvolta addirittura dipingendoci come esseri prossimi ai pedofili e ad altri pervertiti. Sono abbastanza convinto che questo abbia generato nella mente di molti (alcuni di essi violenti) l'idea che fossimo lontani dalla loro umanità e quindi meritevoli di aggressioni incondizionate.
Del resto se lider di partiti crociati, canuti direttori di giornali e psichiatri da tolc sciò costantemente screditano le nostre rivendicazioni bollandole come pretese inaccettabili o bizzose richieste, mi sembra abbastanza naturale che poi i più rozzi ed ignoranti dei nostri concittadini si sentano giustificati a darci una bella lezione.

giovedì 8 ottobre 2009

IL PREZZO DELLA BELLEZZA
















Le mensole del bagno, anche se belle ampie, sono un accatastarsi di prodotti di bellezza. Non sono convinto fino in fondo della loro efficacia, ma mi crogiolo nell’illusione che lo siano. Insomma, ben lungi dall’essere un’ossessione, preferisco parlare di vezzo, tenera civetteria, ponendomi a metà strada tra Nivea (tanto varrebbe lavarmi la faccia con la polvere di alluminio che si accumula nei cantieri) e Sislei (per la quale non basterebbe lo stipendio mensile di un operaio di quel cantiere per acquistarla).
Per evitare pubblicità gratuita, eviterò di riportare il nome dei prodotti che adopero (pur ricordando ai produttori che sono sempre disposto ad offrirmi come testimonial). Dirò solamente che il tonico che uso ogni mattina era quasi finito. Quindi, stamani, vado nella farmacia sotto casa che è grande quanto un negozio Ichea e che di conseguenza è il paradiso per gli ipocondriaci del mio quartiere.
Mi guardo intorno e punto verso il bancone della BEEEPP. Cerco il mio tonico ma non lo trovo. Mi giro e vedo la dottoressa Possoesserleutile? Che mi guarda e mi sorride.
“Si cercavo il tonico della PPPEEPPPP”.
“Perché usa quel tonico?”, mi chiede socchiudendo l’occhio come una lince e scrutandomi il viso, avvicinandosi a 3 centimetri dalla mia pelle. Lei scuote la testa ed io provo l’imbarazzo di chi viene giudicato per essersi presentato ad un ricevimento indossando l’abito sbagliato.
Poi, mi afferra per un polso e mi porta davanti ad un macchinario con lo schermo. Prende una sonda dalla vaga forma fallica e mi tranquillizzo solo quando la punta verso la mia fronte. “Mi scusi ma voglio vedere la sua pelle di che tipo è, perché…mi…pare…” e si interrompe. Ho fatto da poco le analisi dell’hiv e, in confronto, giuro, ho provato meno ansia. “Le “pare”, come!? Per tutte le pelli, parli!!”, penso terrorizzato.
Mentre sullo schermo scorrono le immagini della mia epidermide ingrandita 70 miliardi di volte che me la fanno apparire come una palude disseminata di arbusti mi inizia a parlare di sebo, macchie rosse, verdi e blu, rivelatrici di secchezza da una parte e di eccessiva idratazione dall’altra.
“Come sospettavo”, mi dice senza distogliere lo sguardo dallo schermo. “Lei ha la pelle mista”.
La cosa non mi è nuova ma detta da lei, con quel tono, assume sfumature che gettano oscuri presagi di morte sul futuro del mio derma.
Continua a toccarmi la pelle della faccia: “Tu prendi molto sole, vero? Perché sulle guance la pelle si vede che è più sottile”.
Io rispondo che in verità, quest’anno, sarò andato al mare massimo 10 volte e sempre con creme fattore protettivo: scafandro da palombaro. “Allora ne devi aver preso molto da piccolo”. Ha l’insistenza della cartomante quando il cliente non conferma le sue predizioni. “Sarà…”, taglio corto per non entrare in polemica.
Da quel momento in poi parte a razzo, con i propulsori che bruciano ettolitri di benzina al secondo.
Io vengo investito dalle sue parole e aspetto un momento di pausa, che so, mentre riprende fiato, e poterle dire che voglio solo il mio tonico della BBBEEEPPPP.
È impossibile. Irrora i polmoni d’aria con delle branchie perché altrimenti non c’è spiegazione ad un monologo di 15 minuti durante i quali il mio atteggiamento passa però da scettico, a vagamente interessato a definitivamente sedotto.
“Ma allora io ho sempre sbagliato ad usare quei prodotti?!”, chiedo terrorizzato.
“Ma possiamo rimediare”, mi dice con complicità. Io neppure i testi delle canzoni della Spiers riesco a sciorinare con altrettanta padronanza e conoscenza quanto lei fa con i nomi dei prodotti, conoscendo per ognuno le percentuali di silicio, tormalina, sali minerali e alcol. Se lei è solo una semplice farmacista ed è così preparata non oso immaginare la sapienza che si annida nelle menti dei premi nobel per la chimica!
Ancora 5 minuti e la scena seguente vede me, chino sul bancone, che prendo appunti.
“Quindi”, le faccio chiedendo conferma, “il detergente della BBBEEEEPPPP, solo la mattina. Questo esfoliante, solo la sera ma a giorni alterni, riducendo l’applicazione con il sopraggiungere del freddo (promemoria: acquistare un barometro per verificare l’arrivo definitivo della bassa pressione) e solo nelle settimane di luna crescente. Giusto?”.
Lei sembra molto soddisfatta della prometeica missione appena compiuta. E anche quando poi, a chiusura, le chiedo delle semplici striscette depilatorie per il viso, anche su quelle, lei è l’esperta mondiale. E altri 10 minuti partono per spiegarmi come usarle per evitare che mi rimangano macchie scure sul viso che, per altro, lei ha già notato.
Alla fine, il lettore ottico conta: un latte detergente che sostituirà il mio sapone microesfoliante, un nuovo tonico più delicato del mio che, a suo dire va bene per sgrassarci il motore dello scuter, riequilibrante per la zona T e le striscette depilatorie. Mentre esco dalla farmacia, mi sembra di sentirla dire al collega “incredibile come la gente ancora abbocchi a ‘ste stronzate!”, ma forse è solo frutto della mia fantasia. Ricontrollo lo scontrino: beh, questa roba non è proprio a buon mercato.
Però, mi ha anche regalato due prove di una crema che dice faccia miracoli, quindi, cerco di rincuorarmi come farebbe chi riceve in omaggio una bicicletta montan baic con 14 marce dopo aver speso l’ira di dio per una batteria di pentole in acciaio.

mercoledì 7 ottobre 2009

PACE e MISERICORDIA



Ieri alle Iene, il seguito del servizio, fatto a distanza di mesi. Non solo i Maroniti rifiutano di soprassedere sul debito della signora, ma non la fanno neppure entrare nel loro covo per parlare con 2 avvocati che hanno reiterato, all'inviato delle Iene, le richieste dell'ordine, adducendone la giustezza.
Meno male che Cristo è resuscitato dopo la morte sennò si starebbe rigirando nella tomba.

martedì 6 ottobre 2009

NEL PARADISO DEI MOTORINI












Il fido scudiero è definitivamente dipartito, sgommando verso il paradiso dei catorci. Dopo quasi 9 anni insieme, stamattina l’ho consegnato allo sfasciacarrozze che aveva la barba incolta come solo la può essere quella di chi la mattina si sveglia all’alba e, sapendo che dovrà passare tutta la giornata tra carcasse d’auto informi, se ne frega del pelo e contropelo.
In tutti questi anni, non ha mai subito un incidente eppure, stamattina, la sua carrozzeria sembrava la buccia di un’arancia dopo esser stata spremuta fino all’ultima goccia.
Gli specchietti non c’erano più. Uno rubato, l’altro divelto da un tubo Innocenti che mi cadde addosso da un ponteggio lo scorso anno, mentre me ne stavo fermo ad un semaforo, e che per poco non mi trafisse.
Del parabrezza ne restava solo metà dopo esser caduto una sera in cui qualche culone fuorisede, di quelli che bivaccano solitamente nel bar sotto casa mia, aveva confuso lo scuter per una sces long durante uno dei loro interminabili aperitivi.
Il cavalletto aveva perso una delle 2 staffe e, di conseguenza, il suo equilibrio instabile mi aveva costretto negli ultimi mesi a parcheggiarlo appoggiandolo ai muri.
Anche del freno sinistro, che poi è quello che serve ad avviarlo, se ne persero le tracce una fredda notte di febbraio. Spezzato di netto, non ne ritrovai neppure i resti.
Il sellino squarciato, ormai esponeva la spugna dell’imbottitura quindi immaginate che piacere fosse poggiarci il sedere dopo una bella pioggia.
Le frecce si accendevano solo in rare occasioni e, possibilmente, non quando dovevo fare una curva. L’unico elemento integro era il faro, che avevo rimesso 2 volte perché altrettanti me ne avevano rubati negli anni passati.
E per finire, il bauletto, volatomi via, e mai più ritrovato, la notte di capodanno del 2006 mentre schizzavo a tutta velocità verso Muccassassina.
Avrei voluto fargli una foto, così, per ricordo, ma mentre il signor Sfasciacarrosse lo trascinava oltre le alte mura fatte di macchine accatastate l’una sull’altra, mi sembrava di dare troppo peso ad una cosa e, sebbene non sia mai arrivato all’eccesso di darli un nome, insufflandogli così la dignità che spetterebbe solo agli esseri viventi, devo ammetterlo, quando sono andato via, ho provato tanto dispiacere.

lunedì 5 ottobre 2009

BUON VICINATO


Non mi aspettavo certo un comitato di benvenuto, con i condomini schierati lungo l’androne che ci infilano intorno al collo ghirlande di fiori intonando canti di gioia, ma neppure che avessero un atteggiamento diffidente con punte di vera cafoneria, come se il nostro arrivo fosse un invasione del loro territorio.
Pare che salutare, o meglio rispondere ad un saluto, per molti di loro sia del tutto normale, nonostante appartengano in grande maggioranza a quella generazione ben nota per lamentarsi costantemente della malacreanza delle nuove generazioni.

L’altro giorno, entro nell'androne. Mi accorgo che dietro di me c'è una copia carica di buste della spesa. Aspetto che mi raggiungano tenendo loro il portone aperto. Ringraziano, poi, salgo verso l’ascensore e premo il bottone. Loro invece rimangono vicino all’ingresso e iniziano a discutere se fosse il caso o meno di andare a ritirare la posta nella cassetta. E già il fatto di discutere se andare, non andare, andare, non andare, mi sembrava una pagina scelta a caso da un’antologia di casi psichiatrici.
Arriva l’ascensore.
“Salite?”, chiedo loro.
“No, grazie. Dobbiamo andare a prendere la posta”.
Beh, accidenti. Davvero un'operazione improcrastinabile.
Entro allora da solo e quando arrivo al mio piano, sento che sono ancora lì sotto a parlare. Quindi, aspetto sul pianerottolo per togliermi un sospetto che avevo in mente. Qualche istante e il dubbio si scioglie.
Appena la lucetta rossa sul pulsante si spegne, l’ascensore scende, chiamato dalla coppia. Insomma i 2, non volevano condividere la cabina con me e non solo hanno preferito aspettare ma hanno persino sentito la necessità di inventare un motivo per non salire insieme.