mercoledì 29 giugno 2011

100 ragazze per me...

























Forbes è forse la più autorevole rivista finanziaria del mondo. Più che le analisi economiche sono forse le sue liste ad essere famose. Temute e agognate, vedere il proprio nome in una di queste graduatorie è un’onorificenza da sfoggiare che va ben oltre la motivazione reale per la quale si è stati nominati.
Qualche giorno fa in un’oziosa peregrinazione domenicale su internet mi è capitato sott’occhio la lista delle “100 donne più influenti del mondo” stilata appunto da Forbes e mi sono chiesto cosa si intende per influente? In effetti non è del tutto comprensibile quali siano i parametri di giudizio. Se infatti si tratta di ricchezza la cosa è piuttosto semplice, basta vedere la dichiarazione dei redditi per assegnare la palma del nababbo. Ma quando si parla di personaggi “influenti” il sistema di selezione si fa più indefinibile. Per influente penso a un personaggio in grado di creare un cambiamento nella cultura, la politica o l’arte, e che sposti l’ago della percezione popolare.
Due terzi di queste signore però francamente non so neppure chi siano, di alcune ne ho appena sentito parlare mentre solo poche di loro sono effettivamente molto famose e decisamente “influenti”. Scorrendo la lista quindi cerco di capire quale sia la loro “influenza” al livello globale a cominciare ad esempio dalla numero 99: Martha Stewart che per chi non la conoscesse è telecasalinga più famosa d’America. Esperta di bon ton, decorazioni floreali, arredamento d’interni e soprattutto di cucina. Un ibrido tra Anna Moroni de “La prova del cuoco” e Mc Giver, visto la sua capacità di montare a neve chiare d’uovo mentre si lancia da un aereo in paracadute. Lungi dall’essere un talento trascurabile, mi rimane però difficile capire in cosa possa essere così potentemente influente al livello globale soprattutto se messa in confronto agli antipodi della lista che vede al numero 5 la segretario di Stato americano Hillary Clinton, una donna che è riuscita a fondere vantaggiosamente la solidarietà muliebre alla scaltrezza politica, mostrando vicinanza e comprensione nei confronti di un marito finito in ginocchio davanti a una nazione per colpa delle genuflessioni “improprie” di una stagista. Hillary, di fronte all’umiliazione, ha saputo mandare giù il rospo, ha perdonato senza credere nel perdono, consapevole di quanto l’ipocrita opinione comune apprezzi lo spirito di sacrificio di una moglie cornificata. Una parte recitata consapevolmente e che non poco ha favorito la sua sfavillante carriera politica, portandola ai vertici del governo e forse alla futura presidenza degli Stati Uniti.
Sempre restando nei pressi di Washington, ma facendo 4 passi più in su, troviamo invece la più influente di tutte che, ovviamente, non può che essere Michelle Obama. E qui il suo primo posto non lascia spazio a dubbi, basterebbe solo il fatto di essere moglie dell’uomo più potente del mondo per giustificarne la posizione, ma non basta un’osmosi nuziale per arrivare a tanto. Michelle è in gamba, sa stare al suo posto, fa dichiarazioni sensate, presenzia a prime dell’opera come alle inaugurazioni dei centri per anziani ma soprattutto è nera, condizione che è più spesso un limite che un vantaggio, anche nella terra delle libertà, e basterebbe anche solo questo per darle una menzione in più.
Anche la terza è un’americana, anche lei nera. Una vera e propria imperatrice mediatica: Oprah Winfrey. Una donna che se dovesse scrivere il proprio curriculum probabilmente avrebbe bisogno di un mese di tempo. Lei è tutto e ha fatto tutto. Attrice, produttrice, editore, giornalista, stilista; pensate a una professione? Lei l’ha fatta! Perennemente a dieta in bilico tra la taglia zero e le super calibrate, è l’esaltazione della donna comune di successo incarnando, anzi farcendo, l’idea tutta americana del “volere è potere”. Nessuno infatti avrebbe mai scommesso su di lei 30 anni fa, ma la tenacia è un talento imperscrutabile e la sua l’ha portata addirittura a scavalcare Angela Merkel, la cancelliera tedesca scolpita nel marmo con appena 4 colpi di scalpello che si piazza “solo” al quarto posto nonostante si debba a lei la splendida tenuta della Germania sotto la crisi economica.
Sebbene anche io mi allinei al coro adorante di Lady Gaga, devo ammettere che però il suo settimo posto andrebbe un po’ spiegato. Certo, l’influenza di una mega popstar è enorme, soprattutto se rivolta al pubblico gay che, come è noto, a sua volta influenza la cultura popolare del mondo intero. Artista di talento, santa patrona dei diseredati e cantore dei disagi sociali, è ormai talmente adorata da far venire le madonne tanto alla Ciccone (solo 29° della lista) quanto alla Beata (del tutto assente dal ranking).
E le italiane? La prima è solo 35° (anche se Forbes la segna come francese). Si tratta infatti della premiere dame: Carla Bruni. Assoluto genio di perfidia è la quint’essenza dell’arrivismo. Top model negli anni ruggenti, simpatica come una ganascia alle ruote dell’auto, cantante senza voce, ha appeso i tacchi al chiodo per poter scendere all’altezza di Sarkozy diventando, insieme alla Bellucci e la Dellera, l’ennesima italiana che ce l’ha fatta in terra di Francia.
Ovviamente la lista prosegue tra decine di altre donne di sicuro valore e, sebbene questa venga aggiornata ogni anno, dispiace un po’ notare l’assenza di una donna che, nonostante abbia 500 anni e al di là della sua compostezza formale, ha vissuto una vita che oserei dire “trasgressiva”. Una ribelle intellettuale che ha combattuto per affermarsi come scienziata in un mondo e in un ambiente che ai suoi tempi erano infinitamente più maschilisti di oggi: Rita Levi Montalcini. Un giorno in un’intervista televisiva la sentii auto definirsi così: “Io non sono il corpo, io sono la mente”. E basterebbe solo questo per assegnarle d’ufficio il primo posto e per sempre.

lunedì 27 giugno 2011

MATURITA'


















Ho provato a tradurre “all’impronta” la versione di Seneca data al classico per la maturità. Al liceo in latino riuscivo con molta fatica a strappare la sufficienza e 20 anni lontano dal Castiglioni Mariotti (IL vocabolari di latino per antonomasia) certo non mi ha favorito nella comprensione del testo.
Ogni anno vedo questi diciottenni intervistati dai TG e un po’ mi commuovo perché per un minuto torno a provare l’emozione di quel periodo.
In quel momento è la cosa più importante della vita e tutto il nostro futuro dipende solamente dal suo buon esito.
La maturità si trasforma così in un apotropaico rito di passaggio che se per le popolazioni indigene dell’Africa consiste nell’abbattimento di qualche animale feroce da noi si traduce, nel vero senso della parola, nell'adattamento d'un testo antico di 2000 anni.
L’altro giorno quindi vedendo quei ragazzi che davanti all’ingresso delle scuole si confrontano le ipotesi di temi che verranno assegnati (e che non sono mai quelle) o che continuano a ripassare, leggere e sottolineare i libri di testo, provo tanta tenerezza per loro ma ancora di più per il diciottenne che ero per le aspettative che avevo e per l’idea sognata che allora del mio futuro. Non che le cose poi siano andate tanto male. Nessuna frustrazione per appuntamenti mancati ne rimpianti fatali ma allora il domani era tanto vago quanto eccitante.
Poi passano gli anni e scopri che alla fine a nessuno interessa con quanto siamo stati licenziati, che le carriere si sviluppano a prescindere dal voto di maturità e ci si rende conto che non è stato che un episodio, quasi ininfluente, nel percorso della nostra esistenza.
La nostra insegnante di lettere a qualche giorno dall’esame ci disse: “ragazzi godetevi questo momento perché mai come ora la vostra vita vi sembrerà più carica di possibilità. È come avere delle carte in mano. Voli avete tutto il mazzo, con gli anni si assottiglierà ma per ora, giocatevele tutte bene”.
All’epoca non avevo compreso esattamente cosa volesse dire. In quel momento sentivo più lo stress della prova che la consapevolezza delle mie potenzialità ma poi, quando con gli anni le carte hanno iniziato a venir meno e il mazzo a ridursi ho capito a che gioco si riferisse la mia professoressa.

sabato 25 giugno 2011

YES, I DO!














Una folla di centinaia di persone ha salutato questa notte a New York l'attesissima, e più volte rimandata, approvazine della legge che autorizza i matrimoni fra persone dello stesso sesso. Abbracci, grida di entusiasmo, danze e brindisi sono durati fino a tardi nelle strade e nei locali gay del West Village. Oltre mille persone si sono accalcate davanti allo storico Stonewall Inn, il bar dove la notte fra il 27 e il 28 giugno 1969 un'irruzione della polizia scatenò violenti scontri fra agenti e clienti del locale dando vita a quella che è considerata la nascita del movimento di liberazione lgbt in tutto il mondo che viene ricordata nei Pride che annualmente si svolgono in moltissime città.
Il resto, se vi va, lo leggete qui.

mercoledì 22 giugno 2011

IL VENTO NUOVO CHE MUOVE LE SOLITE GONNE.



















A questo punto mi viene il sospetto che tutta la campagna (da me condivisa) di “moralizzazione” sessuale che condannava la mercificazione del corpo femminile venduto un tanto alla libra e giustificata dalla destra berlusconiana sia stata soffiata via da questo “vento rinnovatore” che spira da sinistra ma forse solo per scoprire giovani cosce.
Solo pochi mesi fa scesero in piazza centinaia di migliaia di donne per dire “Se non ora quando?”, per rivendicare un ruolo politico e sociale che non fosse di contorno o da dessert ma che premiasse quel che si muoveva nella testa piuttosto che nel reggiseno. E adesso il PD se ne esce con un’affissione del genere? E viene quindi da chiedersi se tanta indignazione da parte degli esponenti del centro sinistra non fosse altro l’invida di chi vorrebbe ma non può, quella forma a volte isterica di condannare quel che si vorrebbe per se ma che non si ha il coraggio di prendere come i preti che mortificano il piacere carnale solo perché frustrati dall’impossibilità (più di facciata che reale) di dare sfogo alla loro libido.
E così, all’indomani di una conferma elettorale che ha premiato il centro sinistra (anche se sappiamo bene quanto a Milano e Napoli non sia andata proprio così) ci ritroviamo una campagna pubblicitaria che neppure la destra si sarebbe mai sognata di fare. “Ironica”, immagino direbbero in sua difesa quelli del PD. Idiota direi io perché l’ironia è ben altra cosa e non basta far vedere una gonna svolazzante per far sorridere la gente o quantomeno non più di una puntata del vituperato Drive In.
Insomma a quanto pare il sorpasso di Bersani&Co c’è stato ma verso il cattivo gusto e ancora una volta puntando all’allusione erotica (ovviamente che ha per soggetto la donna oggetto) producendo un manifesto che più che invitare ad andare alla Festa dell’Unità sembra pubblicizzare una commedia all’italiana di serie Z dove manca solo che faccia capolino la pelata di Lino Banfi.

lunedì 20 giugno 2011

CHE L'INVERNO SI FOTTA!



















La colonnina di mercurio ha faticosamente scavallato i 27° che già inizio a sentire gente lamentarsi del caldo agognando lamentosamente l’inverno. Francamente fosse per me questa stagione la eliminerei del tutto. Tolta infatti quella piacevole quindicina natalizia fatta di vecchi film mandati a loop in tv, gli addobbi, la mattanza di panettoni e 4 tombolate con gli amici per il resto è una landa desolata fredda e deprimente.
Questa esaltazione per l’inverno è quello che chiamo la Sindrome del “si stava meglio quando si stava peggio” ovvero una lamentela cronica e stagionale che senti tirare fuori ciclicamente e che si riassume in un “oddio che palle ‘sto caldo quando arriva il freddo!?” seguito dopo 6 mesi da “oddio che freddo quando arriva il caldo?”. Ancora più stringato: non ci sta mai bene nulla.
Allora a questo punto mi pare il caso di dare una rinfrescata (e ne saranno quindi felici gli oppositori della canicola) sul perché l’estate è meglio dell’inverno.

ABIGLIAMENTO
D’estate ti alzi, raccati un pantalone, una maglietta, un paio di ciabatte e esci.
D’inverno passi la sera precedente a fare una sinossi dei siti meteo per capire se l’indomani pioverà, nevicherà, soffierà la bora o monterà uno tzunami. Una volta scoperto a quanti meno gradi sarai costretto ad uscire, passi almeno mezz’ora della mattina a bardarti come un palombaro costretto ad un’immersione. E questo se non guidi uno scooter. In questo caso ti tocca anche aggiungere del tempo extra per cospargerti di grasso di foca.

APPUNTAMENTI
L’estate è tutto un aperitivo all’aperto, grattachecche lungo il Tevere e passeggiate sotto i tigli in fiore.
D’inverno invece vi capita mai di ricevere un invito per un’uscita, magari dopo il lavoro, mentre fuori è già buio, la pioggia non è fatta di gocce d’acqua ma di puntine da disegno, il traffico ovviamente è un delirio e per affrontare tutto questo ad invitarvi deve essere almeno la nazionale neozelandese di rugby altrimenti meglio rintanarsi in casa sotto le coperte?

LA LUCE
Io sarò metereopatico ma a me avere la luce fino alle 21 mi mette di buon umore più che sapere che i ladri del mio scooter adesso versano in coma al policlinico con fratture diffuse di ogni parte del loro corpo, cellule comprese.
L’inverno invece alle 3 cala un drappo nero. Se ci aggiungi il neon mefitico dell’ufficio ti ritrovi senza volerlo in un quadro del primo Van Googh a pelare patate insieme a dei contadini del XIX secolo.


LA PELLE
Solo questo argomento dovrebbe essere sufficiente a far vincere l’estate sull’inverno per sempre tappando la bocca dei suoi detrattori: il freddo secca la pelle e invecchia!
Basta invece una buona protezione e sotto il sole potete anche svenirci per 12 ore che non vi succederà nulla.


SENSUALITA’
In inverno come fai a coglierla se la sola porzione di corpo esposta sono gli occhi che si intravedono tra bendaggi di lana chiamati sciarpa (o burqua, dipende dalla religione) mentre il resto della bardatura termica costringe a muoverti con la sinuosità di un corpo composto al massimo da 12 ossa?
Siano invece benedette le canotte sudate, i pantaloncini inguinali e tutto quel che lasciano scoperto a maggior gloria dei nostri occhi!!

domenica 19 giugno 2011

LA SPIAGGIA NON E FATTA DI SABBIA MA DI POLVERE DI CIPRIA.
























È ormai ufficialmente aperta la stagione estiva. In effetti qui a Roma, vuoi per le conseguenze del Niño, vuoi perché è a Sud vuoi perché le finocchie c'hanno sempre le fregole, è praticamente partita a fine marzo. E se per il resto del mondo con 18° non si esce di casa se non con piumino e sciarpa, per i gay basta non si scateni una bufera di neve e che un timido raggio di sole faccia breccia tra la coltre di nubi per scendere in spiaggia.
Il resto, se vi va, lo trovate qui.

mercoledì 15 giugno 2011

CARRA' VS KANT: POP FIGHT















Tra pochi giorni inaugura la decima edizione dell’alternatamente acclamato e criticato Gay Village.
Ho visto la nuova campagna pubblicitaria e benché questa volta non l’abbia fatta io la trovo molto carina e ironica.
Ma la cosa su cui mi sono soffermato a pensare leggendo la notizia dell’imminente apertura è la frase “d’eccezione” che terrà a battesimo l’evento e che recita: “Ogni creatura che rispetti le regole del vivere nella società e che non faccia del male a nessuno ha la libertà e il diritto di decidere le proprie scelte di vita”, firmato: Raffaella Carrà.
Ovviamente la sentenza ci trova tutti d’accordo ed è vero che stiamo parlando di una manifestazione ludica quindi chi meglio della Raffa potrebbe fare da testimonial?
Ma francamente in questo ultimo periodo mi sembra che i latori del pensiero sociale egualitario e solidare stiano diventando sempre più esponenti dello spettacolo, meglio se megastar, come Madonna, Lady Gaga e da ultima appunto Raffaella Carrà. Questo non è necessariamente un male dato che la fama del messaggero diventa così cassa di risonanza formidabile e necessaria comunque utile al fine di rivendicare diritti.
Nonostante questo però voglio lanciare una provocazione: non sarebbe stato più dirompente se non addirittura alternativo usare come dichiarazione d’apertura quest’altra frase: “Nessuno mi può costringere ad essere felice a suo modo (come cioè egli si immagina il benessere degli altri uomini), ma ognuno può ricercare la sua felicità per la via che a lui sembra buona, purché non rechi pregiudizio alla libertà de- gli altri di tendere allo stesso scopo, in guisa che la sua libertà possa coesistere con la libertà di ogni altro secondo una possibile legge universale”, scritto da Immanuel Kant più di 200 anni fa?
Per carità è tanto “bello far l’amore da Trieste in giù” ma qualche volta volare un po’ alto con le citazioni e i riferimenti potrebbe diventare più pop e rock di qualsiasi “Born this way”.

martedì 14 giugno 2011

EUROPRIDE: IO C'ERO!



















Ormai non me la cavo con meno di 48 ore di ricovero per riprendermi da eventi come il Pride. A 20 anni mi bastava una mezza giornata, tra 5 anni mi ci vorrà una settimana in qualche clinica svizzera di quelle che ti fanno anche il riciclo del sangue e la ricostruzione cellulare.
Sono passati appena 3 giorni ma questo lasso di tempo mi sembra appena inferiore a quello impiegato dalla Pangea a frazionarsi in continenti tanto sono state dense le ore di questo Europride.
Ecco allora con un lieve ritardo alcune considerazioni sul MIO pride.
1) mai più Converse ai piedi per fare più di 50 metri. Queste non sono scarpe ma metodi alternativi di tortura. Le All Star non sono che che la versione bassa delle taxi shoes. Sono tornato a casa che avevo i piedi di un pellegrino appena giunto a Compostela.
2) cambiare subito la scheda di memoria della mia macchinetta fotografica. 4 giga significa infatti fare le foto a ogni singolo coriandolo lanciato dai carri. Preso dalla sindrome del fotoreporter ho iniziato a fare su e giù per il corteo. Il che è significato in pratica averlo percorso almeno 3 volte. A questo punto mi arrogo il titolo di “Campione del Pride”, per cui anche se non partecipassi ai prossimi 2 comunque sarei sempre mediamente in paro.
3) domenica mattina mi è stata recapitata una targa offertami dall’associazione nazionale venditori ambulanti di alcolici come miglior cliente del mese e pare che la Moretti metterà in commercio una versione limitata in mio onore: “Insy Beer”.
Ho fatto più soste ai loro carretti durante il percorso di quante ne faccia Felipe Massa a un GP per cambiare i treni di ruote.
4) un segno dell’evoluzione della nostra comunità, forse il più evidente e carico di speranza per il futuro, è stato il trenino delle famiglie arcobaleno quest’anno ancora più lungo. Era carico di genitori omosessuali con i loro figli avuti non importa come ma comunque desiderati (e alla fine è la sola cosa che importa). Contrariamente ai timori di Giovanardi, dei miliziani di cristo e di tutta quella fronda di borghesi che parlano di morale con la stessa consapevolezza con cui io potrei parlare del calciomercato, i bambini che ho visto al corteo erano sorridenti, allegri e divertiti e non sembravano certo degli psicopatici in erba come vorrebbero farci credere.
5) boni, boni e ancora boni e credo di averli fotografati quasi tutti. Lo so che al pride ci si dovrebbe andare con uno spirito più politico e che la bava gocciolante rischia di far scivolare le drag abbarbicate su tacchi tanto alti da richiedere bombole d’ossigeno ma come ho detto tante volte l’impegno politico non esclude il piacere degli occhi, quelle censure lasciamole alle monache dei conventi.
6) Lady Gaga. Perfetta, misurata, una che finalmente sa cosa dire e non si limita a dichiarazioni imbecilli come fanno le nostrane “icone” italiane che intervistate ti parlano dei gay come fossero accessori da abbinare alle scarpe e la borsetta. Credo abbia posto il livello della solidarietà politica a un livello più alto. Un discorso fantastico e solo il fatto che mia madre mi abbia chiamato per complimentarsi del suo intervento dovrebbe far capire che cosa significa impegnarsi attivamente per la causa.
7) Roma. Ma che le vuoi dire? E’ la città più bella del mondo e vedere un milione di persone che ballano (molte sui miei piedi) si divertono, si baciano davanti al Colosseo, accarezzati dal sole e salutati dalla cittadinanza tutt’altro che diffidente non può che farti considerare come l’estetica abbia anche un valore etico.
8) Mancavano i Raeliani. Il mitico gruppo convinto di discendere da civiltà extrtaterrestri e che partecipa ogni anno questa volta non l’ho visto. Forse sono stati rimbarcati sulle navicelle e si sono finalmente ricongiunti al pianeta madre…

venerdì 10 giugno 2011

UN SOSTEGNO TANTO PER DARLO E' UN SOSTEGNO INUTILE.



Uno non è che voglia fare il polemico a tutti i costi ma anche essere preso per il culo non è affatto una sensazione piacevole.
Questo manifesto dei comunisti è a favore del pride...ma pride di cosa? degli allevatori della coldiretti? Dei circensi sottopagati o dei tifosi della Lazio? No perché non si capisce cosa stiano sostenendo.
Sono queste le cose che mi amareggiano. La destra figurati se ti spalleggia ma quando invece il supporto della sinistra è di maniera e nasconde una mofobia latente che la porta ad affiggere manifesti pro pride dove la parola gay e tans non è scritta neppure sul retro mi sento doppiamente discriminato. in sostanza: le cose o ce le facciamo noi perchè se aspettiamo sta manica de buffoni bipartisan stiamo freschi!!
cos'è hanno paura che altre che mangia bambini si sentano dare dagli oppositori anche dei "froci"?

giovedì 9 giugno 2011

GIOVANARDI E L'INCREDIBILE CASO DELL'ASINO PARLANTE.


Carlo Giovanardi riguardo all’intervento che Lady Gaga farà sullo stato dell’omofobia in Italia.

Giovanardi:
“La signorina Gaga ha tutto il diritto di criticare, se ritiene, la nostra Costituzione. Ma se nel suo annunciato `comiziò dovesse offenderla, allora commetterebbe un errore”.


Criticare non è offendere. Quello è appannaggio dei politici della destra che non sanno neppure chiedere l’ora a un orologio senza usare toni da trivio.
Oltretutto la nostra Costituzione parla di uguaglianza tra i cittadini e Giovanardi può parlare fino a farsi seccare la gola con i suoi discorsi insensati e fumosi: qui in Italia gay e etero non navigano sulla stessa barca.


Giovanardi:
“Tra l`altro forse è poco informata sul nostro Paese visto che tutti i sondaggi provano scientificamente come la stragrande maggioranza degli italiani sia schierata contro i matrimoni tra uomo e uomo e tra donna e donna”.


Sondaggi mai visti né letti.
Anche fosse, sappiamo molto bone come questi possono cambiare a seconda delle domande e di come queste vengono formulate.
Mostrasse fonti e ricerche, poi ne riparliamo.



Giovanardi:
“Per il popolo italiano i figli devono crescere all`interno di una famiglia tradizionale: solo così la loro personalità viene tutelata”.



Anche questa, fonte di quale ricerca?


Giovanardi:
“Quindi Lady Gaga, che viene qui in concomitanza con il lancio del suo nuovo disco, forse dovrebbe essere messa a conoscenza di questo”.



O del fatto che un sottosegretario alla famiglia invece di occuparsi dei reali problemi della famiglia (asili insufficienti, tutela della maternità, disfacimento dei nuclei familiari per cause extra omo) ripete a pappagallo da mesi lo stesso ritornello stonato che orami non convince più neppure le monache di clausura.



Giovanardi:
“E’ inoltre sbagliato consentire che il Colosseo, simbolo della morte di decine di migliaia di martiri cristiani, venga avvolto dai colori della cosiddetta bandiera arcobaleno”.




Giovanardi sei un pozzo di ignoranza.
I cristiani morti al Colosseo è un falso storico come gli ebrei schiavi in Egitto.
Taci!!!



Giovanardi:
“Il Colosseo è il luogo dove il Papa celebra la Via Crucis, il luogo del martirio di Cristo”.




Semmai è il papa ad essersi appropriato indebitamente di un luogo nato per altri scopi.

Giovanardi:
“E` mai possibile che non si trovi un altro monumento da illuminare per la causa dei gay senza intaccare la sensibilità di nessuno?”

Roma è tutto un santuario, una chiesa e un luogo sacro. L’unico posto privo di spiritualità e significato è il tuo cervello. Se ci dai l’autorizzazione marciamo lì.

mercoledì 8 giugno 2011

PERCHE' LA FIAMMA TRICOLORE DEVE FARMI VENIRE I BRUCIORI DI STOMACO?

Arrivano minacce dalla Fiamma Tricolore - Destra Sociale. "Noi ci prepareremo al lancio di pomodori sulla pop star internazionale. Non possiamo tollerare che la reginetta del nulla ci dia lezioni di giustizia. La famiglia è una sola, quella tradizionale. Noi abbiamo l'obbligo morale di difenderela". Lo dichiara in una nota il Segretario Romano della Fiamma Tricolore - Destra Sociale, Stefano Tersigni.
Caro Stefano, con il tuo proclama rischi di diventare la causa dell’acuirsi della mia ulcera e il fallimento del mio tentativo di gestione della rabbia ma proverò comunque a essere civile e propositivo. Che tu e i tuoi abbiate le vostre idee è sacrosanto e nessuno vuole farvi cambiare opinione, ma a un discorso fatto da una persona (anche se vestita come una festa partorita dalla mente di uno schizofrenico) non si risponde con un atto violento come lanciare dei pomodori. Se fossimo tutte persone civili ascoltereste e semmai poi ribattereste con un comunicato. Potreste addirittura manifestare con dei cartelli ma capisco che l’italiano per alcuni è un dono e che la formulazione di un pensiero sensato e originale non è da tutti ma i pomodori le lanciano le scimmie e pochi altri primati con il pollice opponibile.
Alle vostre esternazioni, trivie, trite, vecchie e violente, nessuno di noi si sognerebbe di reagire tirandovi gavettoni di merda come avevate invece minacciato di fare voi la scorsa settimana sui fari che illumineranno con i colori della rainbow la parata.
Quindi perché mostrarvi al mondo così? Non vi basta che la gente sappia che aria viziata gira nelle vostre teste? Dovete per forza aggiungere ridicolo al ridicolo che caratterizza le vostre vite? Da su Stefano…
Sabato purtroppo minaccia pioggia ma nel caso contrario, andate a farvi un bel giro la mare. Lo iodio non risolve ma aiuta

martedì 7 giugno 2011

8 PESSIMI MOTIVI PER DISERTARE UN PRIDE

















Dal 1995 non salto un pride. Ed è da allora che arrivati in prossimità della parata sento sempre le stesse scuse, le solite motivazioni e le critiche più ovvie tirate fuori per giustificare la propria defezione.
Quest’anno ho giocato d’anticipo. Non solo le ho già scritte io ma ho anche cercato di dare una risposta.
Lo so che non cambia niente, che non si cava sangue da una rapa o acqua da una pietra ma, visto mai, qualcuno, fosse anche solo per non sentirsi così ovvio e banale, decidesse per una volta sola, anche una soltanto, di scardinare i propri “principi” e si mettesse in gioco per qualcosa che vale un po’ di più dei propri convincimenti? Fosse mai iniziasse a capire che le cose che facciamo non le facciamo mai solo per noi ma anche per quella comunità alla quale, volenti o nolenti, apparteniamo per nascita e che è tanto più forte quanto più è coesa e compatta? Che forse quello che per noi è la perdita di poche ore del nostro preziosissimo tempo diventa per chi non ha voce una iniezione di coraggio? Tanto più qui da noi, in questo preciso momento, in una nazione che dal punto di vista dei diritti civili sembra ancora vivere nel medio evo più buio?

1)
Non è così che si rivendicano i diritti.
Il Pride è la coronazione di un percorso culturale e politico svolto nell’anno: una festa di fine corso (forse così rende meglio...). A volte c’è molto da festeggiare, altre volte di meno e nel nostro caso praticamente nulla ma è forse quando la situazione è tanto tragica che si dovrebbe essere più reattivi. Nessuno dice che sia il solo modo di rivendicare i diritti ma di certo male non fa.

2)
Non vado al pride perché è una pagliacciata.
Il corteo può anche esserlo ma stiamo parlando di una festa non della processione del flagellanti del venerdì santo. Quindi qual è il problema a scendere in piazza allegri e divertiti? Possibile che chi gaio lo dovrebbe essere per definizione si presenti con saio e cilicio? E poi scusa, io queste polemiche in America, Francia, Spagna e tutti quei “fari” di democrazia, non le ho mai sentite fare. Perché dobbiamo essere sempre noi i più borghesi e bacchettoni?

3)
Io faccio il mio “pride” nella mia vita di tutti i giorni.
Ecco, bravo, allora fallo una volta di più. Qui c’è bisogno di tutti. E non perché tu sia gay, etero, trans o onnivoro: chi ha una coscienza politica e si sente indignato per quel che non va in questo paese dovrebbe manifestare, oggi con i gay, domani con i metalmeccanici e dopodomani anche con le foche se fosse necessario.


4)
alla fine i media fanno vedere sempre le trans con le tette di fuori.
Allora vieni e manifesta quello che sei. È un corteo enorme e c’è posto per tutti. Se ti senti di farlo portando la tua verità fatta di giacca e cravatta, visto il caldo sahariano dei pomeriggi estivi, avrai la mia doppia approvazione e se sarai tanto democratico da accettare che “persino” le trans hanno diritto di sfilare allora dimostrerai di essere davvero una persona migliore. Certo molti di quelle che vedo nei pride non sono esempi di buon gusto ma vogliamo noi discriminarci quando siamo i primi a esserne vittime nella società dei sepolcri imbiancati?


5)
tanto non cambia niente…
e mai succederà se non ti dai da fare. E poi è meglio morire avendoci provato che non aver tentato mai. Ricordiamoci che lamentarci è un diritto ma solo se nonostante le avversità ci diamo da fare. Il resto sono solo piagnistei da vecchie di paese.

6)
ho paura mi riprendano le telecamere.
io sono 20 anni che me li faccio tutti (i Pride) e la discrezione non è certo una mia caratteristica.
Oh, dico mai che qualche tg mi abbia ripreso! Quindi, stai sereno. E poi anche fosse, sei frocio, non ladro e sono ben altre le cose di cui ci si deve vergognare.



7)
sono fotosensibile e il sole di giugno mi brucia la pelle.
Avrei almeno apprezzato l’originalità ma, purtroppo questa scusa l’ho inventata io perché i gay si dice siano originali ma di certo non quelli che disertano i pride.


8)
chiudo con una frase che ho sentito mille volte e che mille volte mi ha dato la misura della meschinità di certe persone:
“Semmai però stasera un salto alla festa lo faccio…”, perché magari una marcia non te la fai ma l’energia per una maratona notturna di pesca con lo strascico tra i locali la si trova sempre.

lunedì 6 giugno 2011

Gaga, la salvatrice del pride, ma a dirla tutta...





















A meno che tu non sia ricoverato nel reparto comatosi da almeno 24 ore a questo punto saprai che Lady Gaga, la santa protettrice dei gay di tutto il mondo, l’avvocatessa nostra, la paladina indefessa degli invertiti per la quale persino l’ambasciatore americano si è dato da fare (!) arriverà a Roma per chiudere il corteo del pride de Noantri, e praticamente gratis.
Probabilmente avessero scoperto il vaccino per l’AIDS avrei visto meno entusiasmo di quanto la notizia abbia suscitato tra i gay, almeno a leggere gli status su facebook.
Non che uno voglia fare il critico a tutti i costi ma siccome le dita per digitare ce le ho io qualche perplessità la nutro e anche se condividerle potrebbe costarmi la messa sotto scorta come quel disgraziato di Saviano, io qualche appunto lo voglio fare nonostante già sia stato da molti ripreso per le mie critiche.
Pare infatti che siccome Gaga verrà tutti debbano che essere giubilanti e ogni forma di critica suona ora come una blasfemia, un disfattismo fuori luogo, un’eresia disfattista.
Senza essere troppo specifico però ci sono state a tutt’ora delle lacune organizzative piuttosto gravi dal mio punto di vista.
Dico subito che io sono al 101% felice che venga. Dal punto di vista mediatico porta acqua al nostro mulino dando alla manifestazione un lancio internazionale che per il resto non aveva proprio.

1)
Il programma del pride park allestito a piazza Vittorio è eufemisticamente “non all’altezza”. Ha un calendario di eventi dove ci fosse una cosa e dico una che possa essere condivisa con un pubblico internazionale. Si chiama EURO-pride e fa dibattiti, spettacoli e incontri solo in italiano.

2)
Il programma di questi 10 giorni sono apparsi sul sito troppo tardi per permettere ai turisti di pianificare un viaggio a Roma (non è insomma che uno che vive a Sydney prende il primo volo e viene al pride di Roma se non sa affatto che cosa offrirà la manifestazione).

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le feste, anche queste sono state stilate a mio avviso con troppo ritardo. Sempre per il suddetto motivo bisogna dare il tempo a persone che vivono anche più lontano di Velletri di organizzarsi. Del resto, si sa molto bene, lo zoccolo duro è formato da migliaia di gay che si spostano in base a un semplice criterio: dove c’è più gente io vado. E benché i convegni sull’omogenitorialità e le identità di genere siano appuntamenti nobili e necessari, non fanno correre nessuno su intenret a comprare un biglietto per Roma.
Cinico? Forse. Ma guardate Circuit e Pride madrileni: il finocchio è come la cavalletta, se non c’è grano, non salta e per fare un buon lavoro c’è bisogno dei loro soldi.
Dal punto di vista meramente pubblicitario si poteva e doveva fare quindi meglio e con una tempistica adatta.

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Sono costernato che gli sponsor non abbiano aderito e che gli “artisti” nostrani siano i primi a fare video di supporto non sognano però di fare performance sul palco ma da un punto di vista mediatico al mondo non interessa. Se non c’erano i soldi non era necessario fare un euro pride.
Ora c’ha detto culo che è scesa santa Gaga ma se non fosse stato per lei, sabato chi mettevamo sul palco?
E torno quindi al focus del giorno: la sua apparizione.
Lei porterà almeno una mezza milionata in più di persone pronte come pellegrini medievali ad affrontare intemperie e sacrifici per vederla. E io mi chiedo, che valore politico ha sapere che ci saranno così tante persone del tutto disinteressate ai veri problemi della comunità e che interverranno con lo spirito di una 14 enne al concerto dei jona’s brother?
Io di gay così non so che farmene, anzi, li disprezzo e me ne vergogno. Sono infatti pronto a scommettere che molti di loro sabato salteranno il corteo per piazzarsi “ai meglio posti” in adorazione davanti al sacro altare della Germanotta.
E’ vero, Machiavelli diceva che era il fine a giustificare i mezzi. Quindi più gay=più visibilità=più soldi per fare domani sempre meglio, ma si può non essere avviliti se questo mezzo diventa l’unico fine?

PS: non rispondete: “allora fallo te il pride”. Ognuno ha il suo lavoro e le critiche vanno fatte e accettate con civiltà. Io mi vedo offrire un prodotto, se non mi soddisfa, non posso fingere che sia una bomba solo per il suo alto valore “morale”. Un Europride è innanzitutto un evento ludico non un concilio religioso o una missione in Africa.