martedì 17 gennaio 2012

QUAL E' LA PRIMA COSA CHE MI CHIEDONO AL RITORNO DA PARIGI?


Sono tornato da Parigi da meno di 24 ore e la prima cosa che 5 persone su 6 mi hanno chiesto è se ho fatto sesso (anche la sesta lo ha fatto ma almeno prima mi ha domandato se faceva freddo).
Quando mi capitano cose del genere mi chiedo sempre che idea abbiano gli altri di me o che immagine proietto io di me stesso perché se tutti sono convinti che io siacome uno di quei vecchi bavosi che trasmigrano in Thailandia per fare sesso a buon mercato piuttosto che godersi la natura paradisiaca dell’estremo oriente vuol dire che qualcosa non va.
Non voglio certo essere ipocrita dicendo che ho passato il tempo saltapicchiando da una mostra a un museo ma neppure che sia atterrato a Parigi con la bava alla bocca e gli occhi iniettati di sangue.
Credo che nessuno parta mai con l’intenzione specifica ma più semplicemente si lascia aperto alla possibilità che accada senza per questo sentirsi frustrato nel caso in cui torni in patria a reti inviolate e francamente mi rammaricherei più per il fatto di non essere riuscito a mangiare un macaron di Ladurer che non aver piazzato una tacca alla gamba del letto.
Tanti anni fa mi capitò di andare al gay pride di Amsterdam. Rimasi in città per quasi una settimana e non feci assolutamente nulla che non fosse andare alla parata e finire gonfio e ubriaco di birra ballando lungo i canali canzoni folkloritiche olandesi.
A ritorno ovviamente tutti mi chiesero se avevo fatto sesso. Davanti alla mia confessione, la loro espressione oscillava tra l’incredulo e il commiserevole al punto che dal quindicesimo in poi decisi di cambiare la mia versione annuendo e con essa, cambiò anche il loro sguardo che stavolta sembrava dire “ah, ecco, mi pareva!”.

giovedì 12 gennaio 2012

RIPARTE PARIGI.



















Dopodomani parto per un fine settimana a Parigi. Non c’è un motivo particolare (questa volta) è semplicemente il fatto che quando vedo un biglietto che costa meno della corriera Marozzi per andare a Pescara, è più forte di me, devo approfittarne, fosse anche per andare a Tirsumuru in Romania.
Ovviamente si parla di Ryanair che ha in genere orari comodi (il mio volo parte aslle 7 quindi sveglia alle 4,30) e ti fa atterrare a 20 chilometri da Roma ma tanto io non ho fretta.
Come al solito, per lasciare che l’offerta possa continuare a chiamarsi tale, con Ryan è tutta una lotta col coltello fra i denti. Prima di pagare, sul loro sito devi passare attraverso 16 quadri più ostici di quelli di Resident Evil e combattere contro proposte di assicurazioni, sovra tasse per accessi prioritari e costi d’imbarco bagaglio per cui alla fine, se le accettassi tutte, ti verrebbe quanto un volo in Concorde in prima classe.
La cosa più complicata, per chi non è abituato ai campi militari dei navy seals, è partire con un solo bagaglio a mano. Come appena detto, se non vuoi imbarcare (roba di 20 euro, ma a quel punto cadrebbe il vantaggio di acquistare un biglietto che te ne costa 35) devi fare un opera di compressione del bagaglio selezionando spietatamente cosa portare e così alla fine ti ritrovi a partire con il porta pasticche della nonna. La soddisfazione però di far attaccare al tram i cerberi feroci della Ryan che ti controllano con la speranza di bloccare qualcuno con un esubero farcendogli pagare l’errore con una sovrattassa e 12 scudisciate è uno dei godimenti maggiori che si possa provare.
Insomma io non vado dove mi porta il cuore ma dove tirano le offerte. Un mese fa, quella più bassa era appunto Parigi. E’ la terza volta quest’anno che vado. Io sono così, quando mi prende una fissa, la perpetro fino alla nausea come quando ebbi quella per il polpo stufato: alla fine ne mangiai così tanto dal ritrovarmi le ventose al posto dei polpastrelli.
A Parigi mi piace andarci perché nella maggior parte dei casi il loro inglese è peggio del mio e quindi mi sento una specie di madrelingua.
I ristoranti sono come piacciono a me: alla scarsa sostanza compensano con la forma e lo stile e non sembrano tutte delle trattorie da dopoguerra in periferia.

Perché c’è tanta cultura dell’arte. Poi magari non vai in un museo neppure se fosse l’unico rifugio a un terremoto devastante ma il solo fatto di essere in città di fa guadagnare 10 punti-cultura spendibili durante qualsiasi chiacchiera da aperitivo.
Le ragazze non le guardo ma almeno sono graziose, non si ostinano a indossare top elasticizzati se hanno gobbe da cammello sulle anche e non consumano una matita intera ogni volta che devono truccarsi per uscire.
I ragazzi sono mediamente tutti carini o si acchittano bene il che è un vantaggio. Non sono coatti furibondi come gli spagnoli, non sono provinciali come i newyorchesi né sciatti come i romani. Magari un tantinello più troie ma per me questa caratteristica è sempre stata più una qualità che un deterrente.
E poi la cosa che adoro di Parigi è che sono tutti scoglionati con quell’aria che pare gli abbia infilato un dito nell’occhio e quindi il mio consueto umore di merda lassù mi fa apparire al contrario come il fratellino più piccolo di “Tutti insieme appassionatamente”, con la piacevole conseguenza che nessuno si sogna di chiedermi: “ma che c’hai? Sei sempre incazzato!”

martedì 10 gennaio 2012

Kevin l'omosessuale entra al Grande Fratello. Tanto per cambiare è la solita frociona.


A eccezione di X Factor, io guardo solo le prime puntate dei programmi televisivi. Soprattutto se si tratta dell’ormai esausto Grande Fratello. Inutile fare l’esegesi della pochezza del programma, orami è una cosa risaputa ma oggi sono andato a vedermi l’ingresso nella casa di “Kevin, l’omosessuale”. Letto così sembra il titolo di un B Movie dove i teen agers bevono birra scorreggiando dalla bocca e le ragazze si cospargono i capezzoli con la panna montata ma il livello è più o meno quello. Visto infatti che il cast “tutti boni e tutte bone” costantemente in doccia non è riuscito a sollevare l’audience oltre una centesima replica de La Sirenetta, 2 erano le soluzioni: schiaffare un caso umano di un orfano abusato dal patrigno che ne ha asportato un rene per venderlo al mercato nero degli organi (ma già stiamo attraversando un periodo di depressione, evitiamo di aggravare la situazione…) o far entrare la frociona di turno.
Purtroppo un termine diverso da questo non mi viene, so che può sembrare denigratorio e io da anni mi batto per evitare le discriminazioni portate spesso dai gay stessi ai danni di altri gay ma di questo purtroppo si tratta.
Come detto altre volte in casi simili, nessuno di noi è rappresentativo dell’intera comunità, al massimo può essere manifesto di se stesso né la politica di una categoria evolve attraverso l’ingresso di un gay “regolare” e che non sembri uscito da una variazione pingitoresca di In&Out ma ci sono da fare un paio di considerazioni.
1) Ogni rappresentazione mediatica dell’omosessuale lede o esalta l’immagine sociale della categoria e in società culturalmente depresse come la nostra, dove i diritti semplicemente non esistono e vengono anzi contrastati da una classe politica culturalmente misera e meschina, anche il Grande Fratello, al livello più basso ma estremamente popolare, fa la sua parte e prende posizioni mostrando la figura del gay da operetta che conferma i pregiudizi più trivi e mortifica chi con fatica cerca di mostrare anche un lato meno stereotipato dell’omosessualità.
2) Kevin non è estraneo al mondo omosessuale ma incarna certamente una parte di esso che nessuno si sogna di censurare ma è lo stesso problema portato alla luce mesi fa dal documentario “Il corpo delle donne”: a forza di rappresentare in TV il genere femminile con una funzione esclusivamente ornamentale da “un tanto al chilo” si finisce per identificare come tali tutte le donne, deprivandole di credibilità e rendendo la loro emancipazione ancora più faticosa.

Detto questo, spero che Il Grande Fratello chiuda e che i suoi autori vadano a fare il Meteo su Tele Norba.