martedì 29 aprile 2008

ROMALEMANNO.


Ogni Natale mi stupisco di una cosa: i film panettone dei fratelli Vanzina sono sempre campioni d’incasso eppure, quando vado in giro a chiedere chi abbia mai potuto vedere quei film, nessuno fa auting confessando il “peccato”.
Durante queste elezioni è successo più o meno la stessa cosa. Nessuno, almeno tra quelli che conosco, ha votato la destra eppure questa ha vinto, anche al comune di Roma, la mia città.
Come ho gia scritto in un altro post, io non ho votato. A causa di questo, per coerenza, confermo la mia posizione acritica sulla sorte del mio paese, almeno fino a che non mi deciderò a tornare ad essere un cittadino elettoralmente attivo. Questo però non significa che non abbia delle considerazioni personali da fare.
Sono sorpreso della vittoria di Alemanno sindaco della capitale almeno quanto lui. Eravamo tutti convinti vincesse l’ex vice premier Rutelli e invece no.
Purtroppo le elezioni non sono una partita a dadi dove la vittoria è affidata al caso. Qui se si perde la motivazione esiste e sono sicuro che la sinistra si porrà, come deve, in un atteggiamento introspettivo per interrogarsi di questa che doveva essere una vittoria risicata ma sicura. Non ho una grande stima di Rutelli, anzi, non ne ho affatto e credo che tra i due candidati sarebbe stato solo il meno peggio. Questa volta il suo faccione rassicurante e la sua dialettica clintoniana fatta di sguardi penetranti e di parole soppesate, evidentemente non hanno incantato.
Alemanno, con il suo sguardo impaurito e la sua capacità comunicativa che rasenta lo zero, non è certo un campione ma Rutelli viene dal governo e questi anni nel palazzo l’anno reso sicuramente il più impopolare tra i due. Personalmente non avrei votato per Rutelli perché non scordo il suo “tradimento”, alla comunità ghei durante il Uorld Praid né il suo prosternarsi a baciare i purpurei mocassini pradeschi del Santo Padre quando era sindaco dell’Urbe. Per carità, non mi aspettavo che si mettesse ad incendiare chiese ma da qui ad andare a messa a battersi il petto con la moglie con tanto di velo di pizzo sul capo, ce ne corre.
Mi auguro dunque che questa sconfitta della sinistra venga presa come stimolo per un’opposizione severa, reale, tenace.
Gli allarmisti (soprattutto quelli ghei) hanno subito indossato il saio del profeta di sciagure in pieno stile 1000 e non più 1000, già lì a prevedere rappresaglie contro i locali omosessuali e rastrellamenti di finocchi. Io sono certo che non accadrà nulla di tutto questo. Non viviamo più in un frangente storico che possa più permettere cose del genere, ci sarebbe troppo clamore e a questa destra gli onori della ribalta piacciono troppo per essere dipinti come dei fascisti che girano con spranghe e vasetti di olio di ricino. Ma, se anche così fosse, saremo lì, manifestando e contestando, senza timori e senza concessioni come il ruoli di opposizione ci impone.
Non so se questo nuovo governo adempirà a tutti i buoni propositi declamati in campagna elettorale ma in quanto cittadino, pur non essendo affatto un loro sostenitore, me lo auguro di cuore perché non è mai dignitoso sperare nel proprio successo augurandosi che sia frutto degli errori della controparte. Come in una partita di calcio, se si vince lo si deve fare per un proprio valore, non per un fallo dell’altro e se l’altro fallisce, la squadra che perde è la stessa in cui siamo noi.

lunedì 28 aprile 2008

NON ME GUSTA, MINS ARD CHENDI.



L’ufficio reclami della Telecom ha trovato la soluzione per fiaccare le lamentele dei clienti furibondi che chiamano per contestare le bollette già pagate: metteranno una canzone a caso del nuovo album di Madonna come musica d’attesa prima di passare la chiamata. E’ stato testato che le tracce fanno talmente schifo che in capo a 15 secondi, saresti disposto anche a pagare i debiti del Mozambico pur di far cessare la tortura.
Io ho provato a farmelo piacere ascoltandomelo tutto il fine settimana. Mi sono detto che, dai che ti ridai, se l’ascolti in continuazione si finisce per trovare del buono anche nel discorso d’insediamento della Marcegaglia alla dirigenza della Confindustria e invece niente. Non riesco a trovare una sola canzone valida ma tra tutte, quella che in assoluto a trasformato l’album da brutto a ridicolo è Spenish Lesson.
Non dico che da una canzone di Madonna ci si aspetti delle poesie di Neruda ma come fai a scrivere dei testi in cui dici “Io te chiaro/mins ai lov iu e “io te intuendo/ mins ai ger it”.
Sembra la colonna sonora per un film di Zorro arrangiata dai Gipsi Ching o, peggio, la risposta ibericheggiante di “Mambo italiano”.
Meno male che stavolta se l’è presa con lo spagnolo sennò questa era capace di trasformare “Lo vedi, ecco Marino” in “Can see, Marino is over der”.
Fossi in Zapatero le chiederei i danni per lesione dell’immagine degli ispanoablanti perché, sentendo sta canzone, pare che non dicano altro tutto il giorno che “me gusta, te chiaro, segnorita e olè”.
Ma invece di produrre sta porcheria, non ce l’aveva qualche altro bambino del terzo mondo da sequestrare con la scusa dell’adozione? Non poteva aprire una nuova sinagoga o mangiare un piatto di fettuccine visto che nella copertina del disco sembra una statua di cera di Madam Tussò dedicata a una cavalletta anoressica?

mercoledì 23 aprile 2008

PRETI VOLANTI.


Vorrei inaugurare oggi una rubrica intitolata “Così t’impari”, dedicata alle imprese più idiote che mente umana possa concepire.
E’ già tanto difficile arrivare incolumi alla fine della giornata pur non facendo l’operaio alla Tissen-Crup che io, francamente, non andrei a sfrugugliare ulteriormente la sorte.
Ho letto infatti stamattina sul Corriere della sera di questo prete brasiliano disperso durante il tentativo di mettere il record di volata con palloncini gonfiati ad elio.
E’ vero che di imprese impossibili, come far indossare scarpe con il tacco 12 ad una lesbica senza che lo scambi per un'arma impropria da usare durante una partita di calcio, ce ne sono tante ma quando queste sono anche idiote e portano, come in questo caso, ad un tragico epilogo non posso non dire, con una punta di sadico cinismo: così t’impari!
Inizialmente pensavo fosse un gesto estremo di avvicinarsi al Signore, una forma estrema d’ascetismo, e invece no.
La motivazione è ancora più stupida dell’impresa in sè: raccogliere dei fondi per creare un’area di sosta “spirituale” per camionisti su un’autostrada in Brasile.
Apparte il fatto che vorrei capire chi è che paga per vedere un prete che svolazza attaccato a dei palloncini se neppure puoi avere il gusto di usarlo come bersaglio per un torneo ti tiro con la carabina ma poi come ti viene in mente di costruire delle cappelline nelle aree di sosta?
L’unico essere meno spirituale di un camionista è soltanto Satana e le sole cose che questi poveracci, dopo magari 48 ore ininterrotte di viaggio, vogliono fare sono due: ridisegnare con una penna la linea del culo che gli si è cancellata dopo tanto tempo seduto a cassetta e trovare un buco qualsiasi per dare sfogo ai loro istinti erotici (per questo i ghei, che tutto gli puoi dire meno che non siano degli svelti, hanno la mappa delle aree di sosta stampata a fuoco sulla coscia).
Insomma a tutt’oggi hanno solo ritrovato i palloncini ma del prelato se ne sono perse le tracce.
Non vorrei malignare ma a me sembra un chiaro caso di punizione divina.

martedì 22 aprile 2008

IL QUESTIONARIO DI PRUST


E’ un vero peccato che non sia diventato un personaggio famoso.
Da piccolo, invece di andare all'oratorio a giocare a pallone, fingevo di esserlo e mi immaginavo di rilasciare interviste durante qualche programma televisivo.
Mi facevo delle domande e mi davo delle risposte perché mi dicevo: “e se da grande divento un personaggio in vista? Devo saper rilasciare interviste che non siano banali”
Studiavo anche la mimica del viso che doveva comunicare un misto di riflessività, finta sorpresa e consapevolezza perché una cosa mi era ben chiara: anche se dici che il tuo gusto di gelato preferito è la stracciatella, deve sempre sembrare di aver rivelato il punto esatto dove trovare i resti dell’arca di Noè.
La cosa che mi affascinava delle interviste, era la sicurezza, la naturalezza e, soprattutto la rapidità con cui i personaggi famosi davano le risposte, anche alle domande più complicate.
Da grande m’hanno spiegato che spesso queste vengono condivise prima per dare il tempo di preparare le risposte e che, nel caso non si abbia il tempo di farlo, l’intervistato semplicemente dice la prima cosa che gli viene in mente.
Sabato scorso il mio amico PJ mi ha fatto un regalo utilissimo: il questionario di Prust. Non vi preoccupate se non sapete di che si tratta. Di Prust so solo che era un grafomane con la passione per i biscotti alla mandorla.
A quanto mi ha spiegato PJ, è una serie di domande che lo scrittore aveva elaborato e sottoposto ai suoi amici.
Insomma una vera a propria salvata per quelle serate in cui la conversazione langue e non hai Trivial a portata di mano visto che, di fronte a un questionario, tutti quanti ci sentiamo più importanti ed è facile che si scateni una competizione alla risposta più originale.
Di seguito vi riporto alcune domande dell’illustre intellettuale a cui potete rispondere se vi va.
Mi sarebbe piaciuto riportare anche le mie risposte ma alcune ancora non le ho capite e, per giunta, vorrei che fossero il più originali possibile perché, non si sa mai, metti divento famoso e il giornalista è un adepto del “questionario”, potrei controbattere prontamente con l’espressione di chi dice “ah, questa la so!”.
E dare la risposta più originale della storia.

La cosa che mi piace di più di me stesso/a:

La cosa che più detesto di me stesso/a:

Quello che mi fa piacere un uomo:

Quello che mi fa piacere una donna:

Cosa ci vuole per diventarmi amico:

La volta che sono stato/a più felice:

La volta che sono stato/a più infelice:

In che cosa mi trasformerei, se avessi la bacchetta magica?

Cosa sognavo di fare da grande?

L'errore che non rifarei:

La persona di cui sono segretamente ma follemente innamorato/a:

La persona che invidio di più:

La persona che ammiro di più:

La persona che ringrazio Dio di non essere:

Tre libri da portare sull'isola deserta:

Il libro che dovrebbe avere un seguito:

Il rosso o il nero?

Il capriccio che non mi sono mai tolto/a:

L'ultima volta che ho perso la calma:

Chi vorrei fosse il mio angelo custode?

Cosa farei per sostenere ciò in cui credo?

Come vorrei morire?

venerdì 18 aprile 2008

SOLIDARIETA' AL CIRCOLO


Quando ho iniziato a frequentare il Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, non sapevo neppure chi fosse Mario Mieli. All’epoca la sede sembrava un rifugio per sfollati, d’inverno si accendeva la stufa elettrica perché ancora non c’erano neppure i termosifoni. Ci si sedeva su delle sediacce raccattate qua e la e si affrontava “l’ordine del giorno”, in puro stile collettivo anni ’70.
Le riunioni politiche del lunedì erano sempre affollate. Tanti venivano a vedere di cosa si discuteva, pochi se ne andavano, molti sono rimasti per anni. Ci si confrontava e si cercava insieme di costruire un’identità di gruppo, una cultura di genere che poi potesse essere condivisa con la società che ci circondava senza lasciare che le energie profuse ristagnassero in un circolo chiuso e auto referenziato.
Muccaassassina nacque proprio dal lì come strumento per finanziare le attività del circolo come l’assistenza ai malati di AIDS, quando ancora la società politica ignorava bellamente questa emergenza.
Sempre lì presero vita i servizi gratuiti di assistenza legale, sindacale e psicologica per tutti quelli che subivano vessazioni, spesso familiari, a causa della loro omosessualità.
Aut fu creato in questo clima e da 15 anni continua a pubblicare gratuitamente un giornale che ha sempre svolto un ruolo d’informazione utile e professionale e che vive, anche questo, grazie ai contributi gratuiti dei suoi redattori.
E poi le manifestazioni, il Uorld Praid del 2000, i sit in davanti le ambasciate dei paesi che violavano i diritti umani (e non solo dei ghei, cosa importantissima), i tafferugli con i vicini di stabile che non sopportavano che nel cortile due ragazzi si baciassero davanti ai loro figli. Eppure si è andati avanti con la consapevolezza di star facendo un servizio valido, giusto, non scevro a volte da errori ma, chi non ne fa?
Non è la prima volta che il Circolo subisce un’aggressione e forse non sarà neppure l’ultima. Tutto questo non mi sorprende né mi spaventa perché ho la certezza che non potranno mai essere quattro disadattati a fermare il lavoro del Circolo. Il servizio che rende è troppo più importante per essere frustrato da episodi del genere.
E conoscendo i volontari del circolo che per anni sono stati i miei migliori amici e, a volte, anche la mia famiglia, so cosa faranno: si rimboccheranno le maniche, aggiusteranno i danni, cancelleranno le scritte dal muro ed andranno avanti sull’unica strada da percorrere. Quella giusta.

qui la notizia:
http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=74760

mercoledì 16 aprile 2008

ROVESCIO SUL DIRITTO DI VOTO.


Alzo subito le mani. Io non ho votato. Non avevo la scheda elettorale e non mi andava di fare la fila per ritirarla. Il che significa che per il futuro o si decidono a far esprimere il voto via sms come per tutti i realiti che si rispettino o io nella cabina elettorale non ci metterò mai più piede.
Di conseguenza questo mio atteggiamento irresponsabile nei confronti della politica e del futuro del mio paese non mi permetterebbe di esprimere giudizi sull’esito delle votazioni.
Quindi non lo farò. Mi limito però a segnalare una serie di frasi, quasi tutte fatte, che ho sentito nei giorni di pre e post elezione e che mi hanno rincuorato sul fatto che "ci meritiamo questo governo" (la più comune delle frasi, qualsiasi governo salga al potere).

Avvertenza: le parole “destra” e “sinistra” sono messe senza una logica precisa visto che molte delle dichiarazioni vengono dette dai votanti dell’uno o dell’altro schieramento.

Partiamo:

“Tanto destra o sinistra sono uguali”
(provate ad applicare la stessa considerazione ad esempio alla guida di un'auto sorpassando a destra e dando la precedenza alla sinistra e poi ditemi se è così);

“Se vince la destra, io faccio le valigie ed espatrio”
(Malpensa non deve chiudere! Da sola Fiumicino non ce la fa a smaltire quest’onda migratoria);

“Ora con la destra al governo vedrete voi froci che vi succederà!”
(un vero peccato perché grazie al governo di sinistra ero riuscito a sposarmi, ad adottare 2 bambini e ad ottenere una casa comunale. E adesso comefaccio?!);

“Io non voto perché sono apolitico”;
(almeno io l’ammetto: la mia è pigrizia, ma volerla mascherare per una posizione di protesta non regge proprio);

“io non voto perché fanno tutti schifo”;
(stesso motivo di cui sopra)

“Non voto perchè questa legge elettorale non mi soddisfa”;
(come se sapessero riconoscere la differenza tra maggioritaria e maggiorata)

“Voto a sinistra così mandiamo fede sul satellite”;
(e io a destra così ritrasmettono “Chendi chendi” e “Gundam”)

“Voi non l’avete vissuto il fascismo, non lo sapete che significa” che va solitamente in coppia con “per i comunisti quello che è loro è loro e quello che è tuo è sempre loro”;
(che vanno a braccetto con altre frasi memorabili come “i neri hanno il ritmo nel sangue” e “il sonno perso di notte non si recupera più”)

“Se vince la destra me faccio la veranda abusiva tanto poi c'è il condono”;
(beato te che c’hai un terrazzo dove farla, io faccio asciugare i panni su uno stendino accanto a letto)

"Voto sinistra critica perchè c'è una donna;
(non l'ha vista nessuno tranne i collettivi lesbici)

“Io voto la Santanchè perché è una bella donna”;
(premesso che questa è una dichiarazione che grida “finocchio” a perdifiato, ricordo che questo non è un voto di scambio per cui se voti una donna diventi come lei, ma poi Daniela da quando è bella? Ha una pugnalata al posto della bocca con l’aggravante di avere anche il marito chirurgo plastico)


“io vado a votare ma sulle schede ci disegno un cazzo”;
(per fortuna in questi casi annullano il voto perché se lo attribuissero al candidato che meglio incarna il pittogramma non se ne uscirebbe vivi dai ballottaggi)

lunedì 14 aprile 2008

ORA LA SPAGNA ESAGERA.



Capisco che quando è a fin di bene su certe azioni si può anche chiudere un occhio ma qui c’è da chiuderli entrambe con la saldatrice.
La notizia è questa: a Salamanca devono costruire un’aula per una scuola e per trovare fondi le mamme si spogliano per un calendario ma siccome le foto sono roba da farti diventare dipendente da ansiolitici, non solo nessuno lo compra ma ora loro devono 9000 euro allo stampatore che meriterebbe almeno 10 anni di galera per spaccio d’armi di distruzione di massa.
Per cui adesso gli alunni non solo si ritrovano senza aula ma dodici di loro saranno anche costretti a fare richiesta formale di adozione per avere una madre meno indecente. Certo, anche i figli di Eva Engher non se la passano bene visto che è una di quelle attrici che sul set non indossa mai più di un lecca lecca ma almeno è bona.
Un modo magari per ovviare al debito contratto potrebbe essere rivendere i diritti del calendario alla FAO per risolvere il problema della fame nel mondo dato che a me è bastato dare un’occhiata prima di pranzo per togliermi l’appetito chissà per quanto. Per lo stesso motivo potrebbero spacciarli in formato tascabile alle modelle al posto della cocaina per tenere anche loro sotto controllo i morsi della fame mantenendo la loro saluberrima tagli zero.
Io capisco che le povere signore, per imbarazzo abbiano chiesto che sui set ci fossero poche persone (anche se credo che non debbano aver dovuto insistere molto per fare deserto intorno a loro) ma almeno il fotografo, a meno che non si fosse diplomato all’Istituto “Anna dei miracoli”, poteva fare qualcosa, che so, poteva lasciare il tappo sull’obiettivo.
È vero anche che qui con fotosciop aggiusti ben poco e che forse solo un intervento del gruppo di premi oscar per gli effetti speciali del Signore degli anelli avrebbe, con mesi di lavoro, potuto risolvere qualcosa ma almeno un tentativo di post produzione, anche con il Commodor vic20, si poteva fare.
Le poverine poi hanno tutte lo sguardo disteso come avessero appena saputo che i figli si scambiano mms porno con un gruppo di pedofili.
Alcune sono riprese con un fucile in mano e una pelliccia di volpe addosso dove però non si capisce chi delle due abbia scuoiata l’altra.

Altre sembrano un frontale tra Lolita e Bet Devis in “Che fine ha fatto Bebi gein”.

Ce n’è persino una distesa sul tavolo di un forno con tre pastarelle davanti (a quanto pare prima dello scatto il tavolo era ricolmo di dolci ma, per smorzare la tensione, la modella dicono se ne sia mangiati qualcuno, e si vede pure).

Lo scatto poi dedicato al Natale è talmente triste che ti viene voglia di convertirti al ebraismo per evitare di festeggiarlo ancora.
Va bene che la Spagna ormai è il paese dove tutto è possibile, dove le ministre nel governo superano di numero quello dei colleghi maschi, dove i matrimoni tra ricchie è equiparato a quello etero, dove i preti non mettono bocca nelle scelte dello stato e se lo fanno li prendono per l’orecchio e li mettono dietro alla lavagna, ma qui hanno davvero esagerato: il mondo non è ancora pronto per accettare anche questo calendario.

domenica 13 aprile 2008

MAI "PIU'" SPEIS.


Sono arrivato al CD quando ormai i lettori mp3 ce li avevano anche i pastori sardi.
Al cellulare solo dopo aver capito che con i segnali di fumo era un problema comunicare dopo il tramonto o con condizioni di tempo piovoso.
Insomma non sono di quelli che colgono le tendenze al volo e le fanno subito proprie, soprattutto se hanno a che vedere con la tecnologia.
Stessa cosa quindi per Maispeis.
In piena sindrome da escluso, ho deciso la settimana scorsa di aprirmene anche io uno, lanciandomi in questa specie di loggia massonica virtuale.
Visto da profano a me sto Maispais mi sembrava una cosa senza senso ma solo dopo esserci entrato, uniformandomi ai riti degli adepti dello “spazio”, mi sono reso conto che non è lo sbuccia ricci di mare l’oggetto più inutile in mio possesso.
A parte che quando ho finito di scegliere i colori per lo sfondo, quello per i bocs, quello per le scritte, per il riquadro delle mail in entrata, in uscita, i contatti, c’avevo messo così tanto che ormai ero entrato in andropausa, l’imbarazzo più forte l’ho provato nel compilare tutti i riquadro che il format dello speis prevede (visto che anche qui ce ne è uno da rispettare come quello dei Realiti che impone sempre un concorrente che, a un certo punto sbrocca, bestemmia e viene cacciato come Adamo dall’Eden). In realtà potrei ignorarlo ma per una mia forma di nevrosi, se non rispondo sempre a tutto mi sento uno che conduce una vita piatta e senza riferimenti (mmhhh…).
Passino i campi più ovvi come film preferiti e musiche (quello te lo chiedono ormai Anche se devi affittare una bicicletta a villa borghese) ma la domanda che mi ha lasciato più perplesso è stata: qual è il tuo eroe. Il mio eroe? Insomma dopo aver letto che per alcuni il libro preferito è Il profeta o Il piccolo principe (per quanto mi riguarda, motivo più che sufficiente per evitare ogni contatto con l’individuo anche se avessi contratto la malaria in Amazzonia e lui fosse l’unico ad avere l’antidoto in tutto il sud America) e ascoltare solo musica elettronica di gruppi islandesi (ovviamente parte a palla la traccia audio e li capisci che deve essere uno di quei metodi di tortura usati nelle carceri antiterroristi di Guantanamo per farli parlare), ti trovi a dove leggere chi è il loro eroe che invariabilmente, visto che quelli che incontro sono tutti saiber recchie, sono solitamente Madonna, Biorc o Ledi D.
C’è poi il campo dedicato agli amici: ora io sarò uno che da troppo valore alle parole ma definire amici uno che ti aggiunge alla sua collezione di fotine, che vive nel nuovo galles australiano e con il quale il solo scambio avuto è una frase (anche questo di defolt per i maispeisaroli): “grazie di avermi aggiunto”, mi sembra un po’ una sopravvalutazione del termine amico. Ho visto gente avere addirittura 4000 “amici”. Io così tante persone non le vedo neppure in 4 mesi di struscio a via dal Corso.
E poi mi chiedo, i tuoi amici, quelli veri, li senti per meil, per telefono, per sms, per lettera cartacea se sei uno in stile Ugo Foscolo, quindi che senso ha dirsi “ti voglio bene” su maipsdeis facendo leggere i cazzi tuoi a tutto il mondo?
Esibizionismo per esibizionismo tanto vale mettere le foto con l’autoscatto di quando giochi alla cavallina con le maschere da coniglietti.
Insomma sto maispeis a me sembra la quintessenza del narcisismo mediatico. Un manifesto egocentrico per mostrare chi si è attraverso tante immagini e pochissime parole.
Quello è quello che ai miei tempi era la Smemoranda, il cui volume già cospicuo a fine anno era più che raddoppiato per aver messo ritagli e figurine di ciò che ci rappresentava.
Un modo alternativo di rimorchiare per gli ipocriti che criticano le ciat dichiaratamente erotiche ma che dopo due messaggi, ti chiedono lo stesso se hai msn (e da li in poi è la stessa solfa di sempre). In definitiva ci si mette in vetrina con la sola differenza che al posto della spazio dedicato a “ruoli e dimensioni” devi fare uno sforzo di fantasia maggiore inventandoti di aver letto chissà che cosa e di idolatrare chissà che eroe.

giovedì 10 aprile 2008

PODI COME PALCHI.



Quando entro nella mia stanza d’ufficio ho la sensazione di trovarmi nelle segrete di un castello.
La luce, l’umidità e persino le sbarre alle finestre sono le stesse, con la differenza che la vista, dato che siamo seminterrati, dà su un muro di mattoni, a ridosso di un parco, dove ti capita di vedere sono solo cani che pisciano.
Quindi m’aspetto anche io di vedere da un momento all’altro un manipolo di attivisti per i diritti umani arrampicarsi sul palazzo con degli striscioni con su scritto: INSY libero!
E, in mancanza di fiaccole da spegnere, tentare almeno di impedire ai i vecchi con problemi alla prostata di pisciare sulle mie finestre (perché al parco si sa, non fanno pipì solo i cani).
Le minacce di boicottaggio e le proteste di questi giorni contro la politica repressiva cinese nei confronti del Tibet non mi convince del tutto.
Non credo che accanirsi contro quella povera fiaccola olimpica sia il metodo migliore per far sentire le ragioni dei tibetani.
Le Olimpiadi, checché ne dicano i detrattori che in questa manifestazione vedono solo l’occasione per gli sponsor di fare soldi (e, in parte, è innegabile che sia così), in realtà è altro.
E molto di più.
Le olimpiadi hanno un valore simbolico che le pone al di sopra degli stati e delle loro politiche. Semmai, sono i conflitti tra le nazioni a dover cessare in loro presenza e non il contrario. È per questo che il boicottaggio avrebbe il sapore di una sconfitta e non di una protesta.
L’indignazione nei confronti della Cina è insindacabile e manifestare è giusto e necessario. Mi chiedo però se non sia più corretto farlo di fronte alle ambasciate della Cina che sui ponti di San Francisco.
La ricerca della visibilità in una protesta è fondamentale ma la si otterrebbe ugualmente se ci si presentasse in milioni, in marcia, a favore del Tibet, senza correre per il mondo appresso ad un tedoforo brandendo un estintore.
Io credo nella forza dei simboli e veder spenta la fiaccola olimpica mi disturba molto.
Non vorrei che questa protesta fosse l’ennesima bolla di sapone tale per cui tra qualche settimana nessuno saprà più distinguere un monaco tibetano da un quadrupede del Perù.
Lo sport, come l’arte e la cultura, non vive fuori dal mondo ed è quindi ovvio che esprima anche esso una sua opinione. Troverei quindi formidabile che gli atleti, piuttosto che boicottare le Olimpiadi, partecipassero e, come Tommi Smit nel ’68, trasformassero ogni podio in un palco di protesta.

martedì 8 aprile 2008

DA QUI ALL'ETERNITA': PIOGGIA.


Oggi piove. Domani pioverà. Dopodomani anche e il giorno seguente pure. Per questa previsione mi sono affidato a due metodi infallibili: il meteo del colonnello Giuliacci, trasmesso stamattina durante il tg5, e il mio reumatismo al braccio sinistro.
Sarà l’occasione migliore per verificare la teoria di Madonna la quale insiste nel dire che la perfezione della sua pelle non è dovuta, come i più maligni credono, a creme prodotte grazie all’estrazione di midollo di neonati del terzo mondo ma al clima piovigginoso dell’Inghilterra. La teoria, che per valore scientifico è seconda solo a quella altrettanto attendibile che la donna deriva dalla costola di Adamo mi convince poco ma se così fosse per il fine settimana dovrei avere anche io l’incarnato puro e luminoso di Madonna, ma quella originale, quella che fa i miracoli.
Per ora i soli effetti riscontrati di questo colpo di coda invernale, come dice sempre Giuliacci, mi ha portato ad aspettare in ufficio che la burrasca terminasse di spazzare via alberi, scoperchiare tetti e ribaltare macchine, tanto più che il mio motorino credo sia l’unico essere inanimato ad aver sviluppato la metereopatia.
Di conseguenza si muove esclusivamente se il cielo è terso e sgombro da nubi, se la temperatura è compresa tra il i 18 e i 35° e l’umidità non è superiore al 25 %, il che fa del mio scuter un mezzo davvero utile.
Mi dirigo verso il motorino nel momento in cui la pioggia sembra essere meno insistente. I fiumi che corrono lungo i marciapiedi, complice il formidabile sistema fognario romano, non nel senso della città di Roma ma fatto dai romani, quelli di 2500 anni fa, portano via con se detriti, tronchi d’albero e carcasse di mucche affogate. Le pozzanghere sono così profonde che, se ci cadi dentro, o sei Pellizzari, il campione mondiale di apnea ad alta profondità o il tuo corpo verrà restituito alla terra non prima di 5 giorni.
Il motorino appena mi vede si mette a ridere. Mi ringrazia per la fiducia ma dice che con questo tempo lui non si muove, oltretutto ha una fortissima emicrania quindi resta li al parcheggio.
Poco male, prenderò i mezzi.
Mentre vado alla fermata vengo assalito da almeno 4 indiani che vendono ombrelli e mi chiedo se non siano loro, in quanto indiani e quindi maestri nell’antica danza della pioggia, a far cadere acqua per incrementare le loro vendite (si lo so che non sono gli stessi indiani di Bufalo Bill, ma sono sempre scuri di pelle e stranieri e tanto basta).
Ora, in se, tornare a casa con gli auto, o auti se lo dici alla romana (ricordando al resto degli italiani che da noi l’auto è l’atobus di linea), non richiede tanto tempo.
Basta prendere per un tratto il bussino elettrico, grande quanto il bagno di un intersiti e come questo portatore di vibrioni colerosi e poi il 71 che mi porta dritto sotto casa.
Adoro prendere questo auto. Visto che va verso la stazione Termini, è pieno di immigrati che abitano li intorno e spesso mi ritrovo ad essere il solo italiano. Siccome le etnie sono solitamente cinesi, filippini e peruviani, tre tra le razze più basse del sistema solare, per me, che sono il più basso, ma solo della terra, è una bella sensazione essere visto li dentro come una stanga (è per questo che da anni medito di trasferirmi a Pechino o in un’altra di queste capitali di gente bassa ma di cui ignoro i nomi).
Il 71 è una linea all’avanguardia, il che significa che l’autista non deve bestemmiare ogni 45 minuti perché il motore gli va in ebollizione e che ha un televisorino al centro della vettura che ti da notizie interessantissime tipo l’oroscopo, il meteo (tante volte uno non si accorgesse che fuori c’è il nubifragio del secolo) e le cose da vedere zona per zona (ho già fatto domanda per includere casa mia ma dicono che è più sputtanata del Colosseo e preferiscono favorire dei siti meno noti). La sola pecca di questo auto è che è stato disegnato da un progettista con gravi disturbi della personalità. In sostanza l’area interna ha la famosa forma geometrica del “serpente che ha ingoiato l’anatra”. Una figura assai nota agli studenti d’architettura. Questa consiste in un spazio molto largo al centro che si restringe a imbuto verso estremità, proprio dove ci sono le porte per salire. Ora io non so se vi è mai capitato di prendere un auto con il borsone della palestra, il portatile a tracolla, un ombrello di quelli rubarti in spiaggia allo stabilimento “La stella dell’Adriatico” e tutto questo cercando anche di obliterare il biglietto. In più, montato da altre 45 persone inferocite e pronte ad uccidere pur di salire, manco fosse l’ultima scialuppa di salvataggio del Titanic. Ma dico, c’è bisogno di una laurea per capire che sarebbe meglio togliere qualche sedile e fare gli ingressi più ampi?
Fatto sta che finalmente arrivo alla mia fermata e ne approfitto per andare alla GS per fare un po’ di spesa. Arrivo alla cassa e trovo lui, il barbone polacco di San Lorenzo, quello che dice “curva, curva” a tutte le donne che vede (io una sola parola so in polacco ed è Curva che significa: puttana, ma non mi chiedete perché la so). Alla sua puzza si possono applicare gli stessi principi fisici della propagazione del suono: come per il fischio del treno, ti accorgi che sta arrivando già 20 minuti prima, poi più si avvicina più la puzza si intensifica, e poi mentre si allontana, se nel frattempo non sei collassato dal fetore, ne senti l’olezzo per altri 20 minuti.
Ora immaginatevi ad averlo davanti mentre il cliente prima di lui ha fatto la spesa in previsione di un prossimo inverno atomico.
Come se tutto questo non bastasse, il polacco arriva barcollando alla cassa ed è li che assisto alla scena più surreale del mese: porge alla cassiera il suo solito cartoccio di vino bianco da tavola nel tetrapac a marchio GS, usato dalle massaie per cucinare arrosti e dai mafiosi per sciogliere i cadaveri dei rivali, e lei cosa gli chiede?
“Hai la tessera punti GS?”.

PS: per la cronaca, io sono a 18015 punti.
La poltrona Giunone di Sciatò d’Acs è ormai praticamente sotto il mio culo.

lunedì 7 aprile 2008

QUAL'E' IL TEMA DELLA FESTA?



Io sono una persona semplice. Le cose troppo elaborate non le capisco tanto.
Il piatto che piace di più è spaghetti olio e parmigiano quindi, quando conosco una persona, se questo di mi dice fare per professione, come mi è capitato, il Responsabile dei sistemi informativi dell'area di pianificazione della produzione, della distribuzione e della domanda mi viene la stessa espressione di smarrimento che avrebbe la Gregoraci se le chiedessero di spiegare perché la tabellina del 2 procede di due numeri in due. Posso arrivare a capire se fai il giornalista, il panettiere, l’insegnate ma oltre non vado.
Figuriamoci quindi se mi capita di andare alle feste a tema che ormai non si accontentano più di dare come indicazione cose semplici come “Tutto in rosa” o “Puttane e papponi” (dove in genere gli uomini finiscono per vestirsi da puttane che sembrano papponi).
Solo nell’ultimo mese sono stato ad un parti che aveva come tema “Pimp mai parti - pimps and ho's” (e per capire come cacchio ci si dovesse vestire è stato convocato lo stesso gruppo di studiosi che ha tradotto i papiri del mar morto negli anni ’60 ma, di fronte all’improbo sforzo, hanno detto che sarebbe stato più semplice rappare il codice di Ammurabi per il prossimo disco di 50 sents) e quella di sabato scorso che era Killer Plastic.
Lo scorso fine settimana infatti, insieme alla coppia da operetta ed un altro nostro amico siamo stati in Toscana per una festa di compleanno. Penso che un’organizzazione così meticolosa e precisa non l’abbiano messa su neppure quelli del comitato olimpico di Pechino: 5 spettacoli ad intervalli regolarli, cambi d’abito, vassoi umani di frutta fresca, D Get set e laiv performans, insomma roba che se lo viene a sapere Del Noce chiama il mio amico come direttore artistico di Sanremo e manda Baudo a fare SerenoVaribile il sabato pomeriggio.
Il tema era appunto “Chiller Plastic” e per le tre ore di viaggio in macchina abbiamo cercato di capire come potesse essere interpretata.
Alla fine, essendo dei nostri il “Costumista quasi affermato” che vede il chirurgo estetico più spesso che la madre, abbiamo creduto che presentarci con lui sarebbe stato sufficiente per rispettare il tema della serata.
Le donne, come sempre, sono quelle che si lanciano di più quando si tratta di rispettare un tema e molte di loro hanno creduto di unire l’utile al dilettevole avvolgendosi di cellofan acquisendo il giusto luc e credendo al contempo di perdere qualche chilo asfissiando l’epidermide.
Alcuni invece erano vestiti in una maniera tale da non capire se fosse una personale interpretazione del tema o semplice cattivo gusto. Per fortuna, come spesso accade alle feste, quando le luci si abbassano e il tasso alcolico si alza nessuno sta più a fare caso se ti sei vestito con una busta della coop o se indossi un principe di Galles.
Aspetti positivi della festa:
nonostante l’esuberante offerta alcolica non mi sono ubriacato al punto di addormentarmi accanto alla tazza intento a vomitarmi la lista intera dei coctel più diffusi in occidente (e non è un’immagine metaforica), non ho quindi rischiato i soliti sette anni di sventura rompendo lo specchio che rifletteva la mia immagine appena sveglio all’indomani della festa e, cosa di cui sono più fiero, non ho infilato la lingua in gola al “primo che capita” ma ho aspettato circa 45 minuti prima di farlo, previa scelta attenta e meticolosa.

giovedì 3 aprile 2008

UOVA ALLA FERRARA.


A me piacciono gli attacchi ad effetto.
“Quel ramo del lago di Como che volge al mezzogiorno” trovo che sia un incipit davvero accattivante come altrettanto lo è l’attacco dell’articolo di oggi della Mafai su Repubblica: “Fossi stata ieri sera a Bologna, avrei difeso il diritto di Giuliano Ferrara di esporre in pubblico le sue idee sull’’aborto”. Un intento assolutamente nobile e condivisibile che si richiama al principio inoppugnabile della libertà d’espressione. Ma se il pensiero espresso è palesemente teso ad ottenere reazioni anche violente da parte dell’uditore, possiamo intendere questo come una provocazione?
Il fatto che Giuli sia contrario all’aborto va benissimo ma i suoi toni sono chiaramente da attacca briga, del resto Ferrara, prima che un giornalista, è un gran comunicatore e sa come rigirare su di se il faro dei media.
Dirimere la questione del diritto d’espressione è, per come la vedo io, una cosa davvero ardua: le idee di Ferrara vengono portate sempre senza mezzi termini (per lui l’aborto è un omicidio) e a me, devo dire, piace, ma mi sembra quindi poi abbastanza naturale che le reazioni, soprattutto delle donne, che su questo argomento hanno una sensibilità più accentuata, possano essere viscerali, persino violente.
Quindi, il lancio di pomodori e uova (che poi Ferrara ha elegantemente rilanciato contro il pubblico) non mi sorprende affatto se ci si sente dare, sopra o tra le righe, delle assassine.
Non so, a me questa esaltazione dello scambio civile di opinioni, del diritto di replica, della tolleranza assoluta nei confronti dell’interlocutore, non mi convince affatto: se uno dice una boiata e la dice anche in maniera greve, si merita delle risposte forti.
Implicito nel concetto di dialogo è il desiderio di comunicare ma non può essere solo un intento univoco.
Se Ferrara in questi mesi di campagna politica avesse esposto il suo pensiero evitando di paragonare l’aborto allo sterminio degli ebrei, ieri i toni della controparte non sarebbero stati tanto esasperati e se invece, nonostante questo, la reazione della piazza fosse stata così aggressiva, allora sì che sarei sceso anche io con la Signora Mafai a difesa di Ferrara.