giovedì 28 aprile 2011

PUNTA AL RIBASSO.























La reazione a catena è un fenomeno comune tanto alla fisica quanto all’idiozia. Non si capisce perché ogni volta che un imbecille fa un’esternazione politicamente imbarazzante, invece che prontamente censurato, venga seguito da par suoi che sembrano quindi rincorrersi in una gara al ribasso. Inutile ripetere le affermazioni di Giovanardi che continua a sostenere la famiglia “naturale” versus le coppie omosessuali. Dal nord gli fa eco il sindaco di Treviso che sarebbe pronto a multare i baci gay dati in strada come se questo potesse offendere la sensibilità dei cittadini. In attesa di una sicura dichiarazione della Santanché però oggi anche Buttiglione dice la sua sulle nefaste influenze socio-economiche che causerebbero gli omosessuali: “Quando i bambini delle famiglie tradizionali sono grandi pagano tasse e contributi anche per le pensioni e l’assistenza sanitaria di quelli che i bambini non li hanno avuti e che hanno avuto molti soldi in più durante la vita. Sennò da dove pensiamo che si prendano i soldi per pagare le pensioni ai gay?”.
Rocco però non considera che sempre gli stessi gay sono quelli che con le loro tasse sostentano ad esempio l’istruzione pubblica, gli assegni famigliari, le assenze lavorative per maternità e molti altri servizi sociali che non ci è permesso sfruttare ma che nessun omosessuale si è mai lamentato di pagare perché in una società che si dica civile non si deve tener conto solo ed esclusivamente del proprio orticello. Perché in un organismo sociale sano e progredito tutti devono contribuire al suo sostentamento in una staffetta che oggi favorisce me e domani favorirà te. Una solidarietà che ci distingue dall’egoismo di una società primitiva ed egoista da dove questo trittico di politici sembra essere emerso.

martedì 26 aprile 2011

ERA MIO NONNO.

Mio nonno rimase vedovo poco dopo la mia nascita. Propose quindi alla figlia, mia madre, di trasferirsi nel suo appartamento per sfruttare uno spazio altrimenti sprecato. Per tutta l’infanzia è stato lui a occuparsi di me. Era stato tanto severo e spietato nell’educazione dei figli quanto tenero e remissivo con il nipote.
Quasi tutti i giorni mi portava al parco in carrozzina “così respira l’aria buona”, diceva, e se capitava che mi addormentassi, per proteggermi dalla luce senza farmi svegliare, era capace di stare anche mezz’ora con la mano tesa facendomi ombra sugli occhi fino a che il sole non si fosse spostato.
Mio nonno era un uomo molto riservato, ordinato e frugale. Aveva due passioni: la musica classica (che continuava a insegnare saltuariamente a giovani studenti del conservatorio) e le parole crociate.
Si addormentava spesso sulla sedia con la penna ancora in mano, la Settimana Enigmistica tenuta per un lembo e gli occhiali sul naso. Poi si risvegliava, spesso per il fragore del suo stesso russare e come se nulla fosse tornava a segnare parole su quelle griglie numerate.
Con la sua banda musicale aveva girato il mondo in un tempo in cui gli spazi erano incommensurabili, quando New York era Nuova York e i suoi ricordi di viaggio erano per me più fantastici di qualsiasi racconto di gatti con gli stivali, di nani o principesse narcolettiche.
Mi mettevo sul suo letto e gli chiedevi di ripetermi, ancora una volta, di quando era stato in Germania in Argentina o in Africa.
Non perdeva quasi mai la pazienza ma quelle rare volte che capitava di discutere con la figlia o di intruppare a qualche spigolo lo sentivo imprecare “OSTIA!”. Non ho mai capito cosa volesse dire quella parola. Sapevo si trattava della città sul mare vicino Roma e quando iniziai ad andare a messa (sempre con lui visto che si era preso la briga di occuparsi anche della mia educazione religiosa) scoprii che poteva trattarsi anche del corpo di Cristo.
Prendeva sempre le mie difese a prescindere dalla ragione e quando mia madre mi rincorreva con una ciabatta in mano minacciando sterminio era sempre tra le sue gambe che trovavo rifugio mentre lui allontanava la furia della figlia con quell’autorità genitoriale sopita che riaffiorava in quelle occasioni.
Ero in prima media quando mio nonno entrò in ospedale. Era estate, ricordo che faceva molto caldo e ci voleva sempre tanto tempo per andarlo a trovare.
Rimase lì per molto tempo.
Un giorno tornai da scuola e trovai il comodino della sua camera spalancato. La scatola delle sue scarpe vuota a terra. Erano le sue preferite.
Quello che provò a dirmi mia madre tornando alcune ore dopo fu solo una conferma di un’intuizione dolorosa. Non la lasciai finire, come se fosse bastato questo a non rendere reale la sua morte.
Corsi in bagno. Tenetti la testa premuta contro la parete, i pugni stretti e il corpo rigido cercando di comprimere un dolore dilaniante, incontrollabile.
Dopo il funerale non andai mai più a trovarlo al cimitero e non credo lo farò mai.

sabato 23 aprile 2011

Passivo: qualcuno dovrà pur farlo...


Vi è mai capitato di trovarvi a chiacchierare con degli amici e casualmente esce fuori il nome di qualcuno e ancora più casualmente si accenna al ruolo sessuale e, sempre senza alcuna intenzione, si viene a sapere che è passivo? Avete posto mai l'attenzione sull'espressione di disappunto, a quel refolo di imbarazzo che fa inarcare leggermente il sopracciglio come si fosse venuti a sapere che il soggetto in questione ha una strana malattia o la fedina penale insozzata da precedenti per furto? Beh, a me è capitato spesso. Come piuttosto frequentemente mi capita di sentire gay dare del "passivo" ad altri gay con lo stesso intento denigratorio con il quale certi etero ci danno del frocio.

in vista del prossimo Euro Pride, quindi avrei in mente di allestire un carro dove far sfilare anche la categoria dei passivi rivendicando “l’orgoglio bottom”. Del resto se i pride permettono le rivendicazioni delle lesbiche madri etero-inseminate, degli obesi di quarto tipo che si nascondono dietro l’appellativo di orsi, se sfilano gli Elohim che credono di essere discendenti degli extraterrestri, e i gay credenti altrettanto naif da credere che dio ci ami per quello che siamo, ci mancherebbe non ci fosse spazio anche per gli striscioni degli attivamente passivi!
Potete leggere il resto su gay.it

giovedì 21 aprile 2011

CHE VI SIETE PERSI!?!?

























Da alcuni mesi ho una rubrica su gay.it. Già sento la eco del sonori “e stica?” ma per quanti invece fossero interessati a leggerli da oggi inizio a linkare gli articoli sul blog così, se vi interessa l’argomento, potete poi leggervelo sul portale meno etero della rete. Certo non stiamo parlando dell’introvabile libro sulla commedia di Aristotele (quindi non vi perdete nulla), ma se non avete di meglio da fare mentre mangiate panino in ufficio durante la pausa pranzo o non dovete scappare a fare pipì nel break pubblicitario di Annozero, potete dargli una letta.


VOGLIA ALTERNATA DI COPPIA.
Essere single a volte ha i suoi vantaggi. Uno di questi è quello di non dover per forza fare sesso né tanto meno fornire spiegazioni o accusare emicranie inesistenti davanti agli assalti sessuali di un compagno.
Il mio ex storico aveva una media settimanale che avrebbe fatto invidia a una batteria di conigli d'allevamento. Al contrario, io ero una specie di rettile sessuale e come tale mi bastava farlo una tantum per sentirmi appagato per molto, molto tempo. Questo ovviamente non aveva nulla a che fare con il sentimento. Era solo una differente visione del concetto di "frequenza".
Continua qui.

giovedì 14 aprile 2011

POVERA FIGLIA MIA!!!
























Stamattina leggevo l’atto di dolore della madre di una ragazza coinvolta nei fatti di Arcore, Fede, Berlusconi e la pozza di letame. Non ha neppure molto senso riportarne il nome, ormai sono tante quante le comparse impiegate nell’esodo biblico de “I 10 comandamenti”.
Una difesa in stile “povera figlia mia” come se la fanciulla fosse stata vittima di un sequestro di persona. Martire laica inconsapevole, torturata e seviziata da un’orda di mostri come solo se ne ritrovano nelle cronache di Marcinelle o del più nostrano Pacciani.
Lei è una delle tante ma vale da sola a rappresentare quello che sembra essere ormai uno stereotipo umano molto popolare qui da noi: “quelli che sono disposti a tutto per…”.
“Voleva diventare una miss, ci teneva. E invece si è fidata delle persone sbagliate...", giustifica la madre con il cuore gonfio di dolore per la sorte della figlia.
Episodio dolorosissimo che però si sarebbe potuto tranquillamente evitare se la ragazza fosse stata cresciuta in un contesto culturale e familiare dove non si tollerano i sotterfugi, dove si rifiutano le raccomandazioni e dove l’eventualità di un fallimento non è la fine del mondo ma la più probabile delle ipotesi. Arcore-casa di marzapane della strega di Hansel e Gretel è ormai lo spauracchio di redente “qualcos-ine”, figlie sciagurate vittime più della loro educazione che delle mani tentacolari di Priapi grotteschi.
Ora, per carità, preferirei accecarmi con un tizzone ardente piuttosto che dare l’impressione anche vaga di dimostrare indulgenza per quei loschi figuri ma penso anche che se i suoi genitori le avessero detto una volta di meno “figlia mia quanto sei bella, meriti un palco!” e una volta di più le avessero insegnato come ci si deve comportare a questo mondo per poter camminare tenendo serenamente il mento in alto (perché il modo di farlo esiste), oggi la ragazza non verrebbe additata dai compaesani (buoni pure quelli…) come una bocca di rosa. Invece l’atteggiamento vittimistico ma presuntuoso di chi cerca il sorpasso sulla destra lamentandosi poi del palo che si prende frontale, l’arrogante convinzione che i nostri errori siano sempre causati dalla malizia altrui e che sia sempre “altrove” la causa dei nostri mali non fa che aggravare la misera posizione di chi si umilia a questuare, mendicare e implorare scambiando un’inquadratura di 5 secondi con una bella palpata di tette.