giovedì 22 novembre 2012

IO PORTO I PANTALONI ROSA.

Andrea aveva 15 anni e non ne avrà di più. Si è tolto la vita ieri pomeriggio impiccandosi in casa a seguito degli attacchi di bullismo omofobo che subiva da più di un anno da parte dei suoi compagni di scuola. Sono addolorato e furibondo. Notizie come queste mi straziano per l'ingiustizia profonda di veder persa una vita così giovane, per l'incapacità che hanno certe le persone di comprendere come le parole possano mortificarci (sì, anche quelle 
che sembrano all'apparenza così innocue come dare del "ricchione" a qualcuno o “il ragazzo dai vestiti rosa”, come erano soliti schernire Davide i suoi compagni che hanno addirittura aperto una pagina Facebook, moderna piazza della gogna) e ancora di più per il disinteresse che quasi tutti, a partire dai politici, sembrano avere nei confronti del bullismo e dell'omofobia. Ben inteso, nessuna legge sarà mai tanto potente da azzerare casi tragici come questo. Quello che serve è una rivoluzione culturale che ci veda tutti coinvolti ma che, proprio per questo, ha bisogno di una legittimazione forte e incontrovertibile che venga anche dallo stato che condanni con una legge quello che il semplice buon senza sembra non riuscire a limitare.



PS: Ragazza e ragazzi è arrivato il momento di dimostrare che non siamo bravi solo a sdegnarci con le parole ma anche con i fatti. Stasera alle 19,30 partirà una fiaccolata in via San Giovanni in Laterano (Coming Out) per ricordare Andrea. Non fate che non potete, che avete le riunioni di condominio, X Factor o la palestra. Per favore, pubblicate ovunque il messaggio. Grazie. https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=554895897870513&id=276823222344450





martedì 20 novembre 2012

UN CABARET DI RICCHIONI


A me il cabaret mi mette una tristezza infinita. Sono comici per lo più che campano su una battuta riuscita e raramente hanno una "linea" comica più robusta e strutturata che gli permetta di andare oltre il personaggio azzeccato o dosi massicce di volgarità. Per questo evito i Colorado, gli Zelig e tutti quegli altri programmi dove il pubblico rischia l’infarto ridendo per una scorreggia di 15 secondi. Su suggerimento del sempre ottimo Spetteguless ho visto la penosa performance si Fabrizio Casalino (Questo il testo riportato sul blog di Spetteguless: "Belen  è irraggiungibile. E’ perennemente circondata da una nuvola di ricchioni. Ovunque lei vada, ci sono rcchioni che le ronzano intorno. Uno sciame di ricchioni. Per un etero Belen è irraggiungibile. O ti infiltri tra i ricchioni, ma è pericolosissimo. Quelli ti beccano in un attimo e ti crocifiggono in un atelier di Dior. Ragazzi non è facile vivere 24 ore al giorno in una nuvola di ricchioni. Noi la vediamo su una moto, attaccata al manzo di turno, ma dietro ci sono 12 ricchioni che la rincorrono. In quei pochi secondi che Belen riesce a liberarsi dai ricchioni, lei ha bisogno di ricordarsi cos’è un maschio"). 
Quindi il suo sketch ruota intorno a Belen Rodriguez, donna inarrivabile perché costantemente contornata da RICCHIONI, termine che diventa il tormentone di tutta la sua performance. Inutile fare una critica perché risulterebbe pleonastico come cercare di spiegare perché con la pioggia il bucato non si asciuga. Giusto un paio di appunti però:
Fabrizio, se la Rodriguez non ti si fila non è per il nugolo di ricchioni che la circonda ma più semplicemente perché evidentemente uno come te non arriva neppure a quel minimo sindacale richiesto per suscitare il suo interesse (e già questo è un caso davvero eccezionale visto che pare basti appena appartenere al genere maschile per suscitare comunque il suo interesse);
il testo, come afferma Casalino, è stato approvato dalla "redazione" di Colorado che immagino non sia composta da ex Marines ma presumo ci sia un discreto gruppo di RICCHIONI, per l'appunto, che avrebbero dovuto prenderlo a sberle solo per aver avuto l'idea di presentare un testo del genere. Se non lo hanno fatto, si meritano l’aggettivo di ricchioni. Ma quand'anche davvero Colorado fosse l'ultima roccaforte di etero duri e puri, comunque, avrebbero dovuto cassare un testo intollerante e omofobo perché non serve essere gay per difendere i diritti dei gay come non bisogna essere neri, né donne né diversamente abili per rispettare, condividere e proteggere i loro diritti e perché sentir ripetere per 10 minuti RICCHIONI, non fa ridere ma fa solo tristezza. 

venerdì 9 novembre 2012

45 GIRI.

Ieri stavo guardando X Factor. Durante uno degli intervalli pubblicitari è passato uno spot che aveva usato come colonna sonora il tema musicale di Robin Hood della Disney. Credo che sia una di quelle melodie che potrei riconoscere con due note appena perché è stata una delle canzoni che ho ascoltato di più in vita mia.
 Avevo 7 anni quando un amico di mio padre mi regalò un mangiadischi portatile. In realtà non era proprio un amico ma un “informatore” (mio padre lavorava in polizia). Di solito questi li andava a pescare nella mala capitolina che nella fine degli anni ’70 era davvero molto “mala” quindi dio solo sa se nell’accettare quel dono non abbia commesso il reato di ricettazione, ma mi faccio forte che dopo 30 anni il crimine è caduto sicuramente in prescrizione. Fino ad allora non avevo mai avuto una particolare passione per la musica. La sola che circolava a casa mia era quella classica che ascoltava mio nonno che insegnava musica o quella delle ninna nanne che mi cantava mia madre per farmi addormentare. Era quindi la meraviglia di avere quel piccolo gioiello di tecnologia analogico a rendermi felice più che la sua utilità. Quando aprii la confezione però mi resi conto di una cosa: per far si che la “magia” si compisse avevo bisogno di un disco da suonare. Nella nostra libreria, accanto a 3 diversi tipi di enciclopedie collezionate in “comodi fascicoli settimanali da rilegare” avevamo una collezione monumentale di dischi ma peggio del fatto che fossero per lo più opere sinfoniche, avevano il limite che si trattasse di 33 giri mentre il mio poteva riprodurre solo i 45. Il giorno seguente ero fremente all’idea di usarlo e chiesi a mia madre se poteva comprarmene uno adatto al mio giradischi.
I miei non erano quel genere di genitori che viziano i figli barattando oggetti al posto dell’affetto e c’è anche da aggiungere che noi non siamo mai stati particolarmente rompipalle.
 “Papà mi compri il robot?”.
 “No”.
 “Va bene”.
 In genere la cosa poi finiva lì.
 I giocattoli che avevo per lo più facevano tutti parte dei bottini di guerra che racimolavo durante i compleanni e che arrivavano dai miei parenti o informatori (loro sì, più munifici) e aspettare dicembre per mettere qualche disco nella lista dei desideri mi sembrava un’attesa troppo lunga e frustrante. Qualche minuto dopo però, mamma tornò con un disco ed era un 45 giri. Aveva una copertina in cartone un po’ usurata. Sopra c’era disegnata una donna abbracciata da un uomo, entrambe avevano uno sguardo voluttuoso e romantico. Nell’insieme sembrava la copertina di un romanzo Armony e in effetti non eravamo molto lontani visto che era “Il tema di Lara”, la colonna sonora de “Il Dottor Zivago”.
 Io non avevo la minima idea di che musica si trattasse. Ero molto più interessato a verificare il funzionamento del mio “tesoro” e per quanto mi riguardava poteva anche essere una lezione di lingua e grammatica coreana. Lo infilai tutto contento e subito partì la musica. Ripensando alla qualità a cui siamo abituati oggi, quella di allora sembrava piuttosto il rumore di una macina per il grano e certamente il mio mangiadischi non era neppure il migliore in circolazione ma era la “mia” musica, potevo scegliere di ascoltarla quando volevo e, soprattutto dove volevo, grazie alla comoda maniglia il metallo che mi permetteva di portarlo sempre con me!
 Chi fosse entrato ne pomeriggi successivi in camera mia avrebbe quindi visto un bambino di 7 anni fare i compito ascoltando un melò musicale melenso e ridondante che non c’entrava proprio nulla con lui.
 Qualche giorno dopo mia madre mi portò dalla signora “Omino di ferro” (aveva un negozio di abbigliamento per bambini dove i vestiti erano appunto della celebre marca antidiluviana, per cui la signora aveva preso come patronimico il titolo della marca).
Potevamo anche non avere una cesta di giocattoli colma ma, “Mi raccomando, tutti ben vestiti”. Io avevo con me il mangiadischi che nonostante pesasse 45 kg, lo trasportavo con la disinvoltura di un moderno lettore MP3. Mentre provavo i vestiti (operazione che poteva prendere anche un pomeriggio intero dal momento che dovevano andare bene a me, a mia madre, alla signora “omino di ferro” e rispettare il budget fissato) in sottofondo sentivamo a loop “Il tema di Lara” (lato A e B erano uguali, quindi una tortura da Guantanamo).
Fu probabilmente la disperazione della negoziante che a un certo punto le fece tirare fuori non so neppure da dove un 45 giri. Meraviglia! Anche questo con una copertina lisa ma a differenza del mio, sopra c’erano dei cartoni animati il che aveva su di me un fascino sicuramente maggiore di un vecchio film con Omar Sharif.
 Era appunto la colonna sonora di “Robin Hood” della Disney, quello con lady Cocca e Marion interpretata da una volpina sexy. “Tieni, te lo regalo”, mi disse la signora asciugandosi un sudore da stress che le aveva imperlato la fronte. Guardai mia madre prima di accettare la quale, evidentemente anche lei provata da quel tema che suonava tutto il giorno in casa, fu ben lieta del fatto che ampliassi i miei orizzonti musicali. Da quel giorno “Cantagallo” affiancò “Lara” in un’alternanza musicale quasi perfetta che proseguì fino al giorno in cui la mia curiosità non mi portò ad aprire il mangiadischi per vedere come fosse fatto dentro. Incapace di ricomporlo, finì per romperlo rimanendo muto e sventrato nella sua scatola nell’attesa illusoria di una riparazione che non si sapeva bene chi avrebbe dovuto farla e dovetti aspettare un paio di compleanni per tornare ad ascoltare della musica “mia” quando zia mi regalò il primo walkman per cassette dando il via all’era delle compilation fatte registrando le canzoni dalla radio.