martedì 28 luglio 2009

SUGGERIMENTI PER UNA SERATA DI STILE.



















Ci sono notizie talmente sconvolgenti per le quali creare un preambolo, trovare una forma edulcorata per evitare il senso di vertigine nel venirlo a sapere, è del tutto inutile. Sta aprendo il Fabrizio Corona Ristobar. Un altro modo per dirlo non c’è. E non si tratta di un omonimo quindi stiamo parlando di “quel” Fabrizio Corona, quello che viene fotografato nudo mentre sventola il c***o in faccia a Belen. Quello che ha più inchiostro sulla pelle che sangue nelle vene. Quello insomma che ha dato una nuova e più profonda valenza al termine “coatto”. La notizia l’ho trovata andando tra gli inviti ad eventi che ti segnala Feisbuc e siccome in genere ti ritrovi anche l’invito ad iscriverti al gruppo “adotta le prostesi dimesse di Pamela Anderson” lì per lì il dubbio che fosse una bufala mi è balenata per la testa. A quanto pare invece la cosa è vera e per i più scettici c’è tanto di sito ueb.
L’annuncio invita quanti interessati ad aprire in franciaising un Fabrizio Corona Ristobar anche nella loro città, infatti “potrai avvalerti della licenza di un marchio noto e di successo, inaugurare in grande stile con ospite il Sig. Fabrizio Corona e le telecamere di reti nazionali a riprender l'evento”.
Sarà ma quando penso ad un marchio noto e di successo mi viene in mente Ferrari, Bulgari anche Barilla al limite, ma di certo non quello di un ex detenuto finito dentro per aver estorto soldi per evitare venissero messe in piazza i privati vizi dei soliti noti. Insomma, una specie di Ard rock café solo che come memorabilia, invece della chitarra di Endrix o un costume di Patti Lupon, potrebbero incorniciare sul muro i capi d’accusa per estorsione imputati al fotogiornalista (!!??).
Alle inaugurazioni, mi vedo già l’arrivo di una trup di Lucignolo che, con il solito gusto per le inquadrature ginecologiche, riprende quattro smutandate che ballano su tavolini coronati e che, non potendosi permettere il Tuiga in Versilia, puntano ad una versione ard discaunt della bella vita, gridando nel microfono che “Corona ci piace perché è uno che ha avuto successo e si è fatto da se!!”. Tutto questo benedetto dall’arrivo di Fabrizio il quale, rapido come la cometa di Allei, si farà 2 foto con i baristi, lancerà all’aria un blocchetto di banconote e fuggirà via a bordo di una decappottabile bianca lasciando nell’aria quel profumo di presa per il culo che tanto ci piace annusare.

venerdì 24 luglio 2009

SAMUER OVER DE REIMBO. ECCO IL SECONDO ARTICOLO DELLA MIA RUBRICA SU GAY.TV


Carissime e adorati, su gay.tv, il portale, trovate un articolo nella mia rubrica dedicata ad un bizzarro esperimento di alcuni ghei australiani che hanno fondato una nazione omosessuale tutta per loro. Che ne pensate?

IL GHEI PIU' INFLUENTE D'ITALIA. MICA CAVOLI!






















Non so se mio padre intendeva proprio questo quando mi diceva: “Alessandro, tu un giorno sarai qualcuno”, ma di certo non andrò a chiederglielo sventolando l’ultimo numero di Novella 2000 dove sono apparso nella classifica de “I 10 ghei più influenti d’Italia”. E pure al primo posto! Devo dire che poi il titolista si è fatto prendere un po’ la mano perché ha aggiunto che siamo “tutti giovani e forti” (e già mi vedo in lontananza la Spigolatrice di Sapri) ma nella decina il meno anziano sono io, e solo perché nella didascalia mi hanno scalato magicamente una manciata d’anni. Insomma prima ancora di onorevoli, registi, stilisti e vincitori dell’isola dei famosi, ci sono io. Ora il motivo preciso per meritare una posizione del genere non la so e neppure mi interessa chiederlo (pensa venissi a scoprire che si tratta di un errore) ma di fatto questo è il riscatto di una vita. Per tutti gli anni del liceo sono sempre arrivato 5 posizioni dopo l’ultimo della classe e appena ho iniziato a girare per locali, una sera, mi sono sentito dire da uno rasato e tutto sudato che ero: “la più checca di Roma”, quindi direi che da allora ne ho fatta di strada e visto come vanno le cose chissà che in breve tempo non arrivi a coronare la mia carriera sposando qualche sindaco di provincia per poi cantare in piazza al compleanno della nonna novantenne.
Certo la classifica non ha lo stesso valore mediatico di quelle che in genere escono su Forbs per decretare i 10 capitani d’impresa che porteranno il mondo fuori dalla crisi e Novella è una di quelle riviste di cui ti guadagni la copertina perché tuffandoti dallo iot di Briatore una protesi del seno ti è finita sul polpaccio, però resta sempre la rivista più pubblicamente denigrata ma segretamente letta d’Italia.

PS: segnalo che la stessa classifica fatta in Gran Bretagna vede come mio omologo Peter Mandelson che è segretario di stato e ministro delle attività produttive. Certo la differenza tra di noi stride ed è abissale ma dopo lo chiamo e gli chiedo se vuole organizzare a Bachingam Palas una bella pizzata per tutti noi ricchioprimatisti sparsi per il mondo.

giovedì 23 luglio 2009

MARKETTE






















Eco tv (canale 906 di SKY) trasmetterà da stasera le puntate di Diversa(M)ente (qui trovate il promo), un documentario fatto di interviste a membri della comunutà GLBT. L'appuntamento è ogni giovedì fino al 17 settembre 2009 alle 19:15 ed in replica il venerdì successivo.
A parte il fatto che c'è anche una mi intervista, vi consglio di vederlo perché Antonio, il ragazzo che ha realizzato questo lavoro, si è fatto un mazzo incredibile, da solo, a sue spese e con un entusiasmo che non vedevo da tempo.

6 GRADI


Dicono che tra me e una qualsiasi persona nel mondo intercorrano non più di sei gradi di separazione. Al massimo sei persone attraverso le quali poter entrare in contatto con un qualsiasi altro essere umano che calchi questo pianeta.
Questa teoria matematica di gran moda negli anni novanta, è diventata con il tempo un giochino un po’ snob per sfoggiare le proprie connessioni dimostrando quanto poco occorresse per arrivare a prendere addirittura un aperitivo sulla nave del sultano del Brunei.
Probabilmente cento anni fa una teoria del genere avrebbe avuto bisogno di oltre cento passaggi, ma oggi, nonostante l’aumento esponenziale della popolazione, la tecnologia e l’abbassamento dei costi dei viaggi hanno ridotto incredibilmente il numero di gradi e se tutti i sociologi continuano a descrivere la nostra come una società in cui le persone si sentono sempre più sole e poco integrate, l’idea che alla fine siamo connessi l’uno all’altro più di quanto possiamo immagina sembra riportare in vita l’ormai trita e ritrita idea del villaggio globale.
Indugiando ancora sull’aspetto ludico della cosa, ho provato a pensare a quanti passi dovrei fare per arrivar a conoscere certe persone e sono partito dal desiderio più grande che credo abbiano tutti gli uomini: arrivare a Dio (restando comunque in vita e senza allucinazioni da mescalina). La soluzione è arrivata quasi automaticamente: potrei presentarmi all’udienza del Santo Padre il mercoledì nell’aula Paolo VI e così, vista l’intima connessione tra i due, arriverei a conoscere colui che sempre è stato e sempre sarà in appena un passaggio. E vista poi la somiglianza del nostro Benedetto con Palpatin, l’imperatore malefico di Guerre Stellari, sempre con lo stesso numero di passaggi, arrivare a conoscere persino Dart Veder e il famoso Lato oscuro della forza.
Se poi volessi farmi regalare un ciondolo dal nostro premier, anche in questo caso, appena un grado. Mi basterebbe scendere di casa, raggiungere la Salaria, sventolare15 euro e la prima che si avvicina coperta sola dalla tracolla della sua borsetta diventa la mia chiave d’accesso a Palazzo Grazioli.
Ho anche qualche amico un po’ famoso che in qualche modo potrebbe farmi raggiungere Bret Pitt con poco sforzo ma l’idea poi di accollarmi quella tribù di ragazzini cingalesi, africani e dio solo sa di quante altre nazioni mi renderebbe isterico.
Volendo in fine avere un profilo più democratico, in meno di sei passaggi arriverei a conoscere anche un pescatore lappone inchiodato con la sua canna da pesca davanti ad un foro nel pak in attesa che qualche merluzzo abbocchi ma, una volta che arrivo a lui come, e soprattutto di che, parliamo?
Questo per dire che a me l’idea che siamo tutti così connessi più che farmi provare un rassicurante sentimento di vicinanza e condivisione me ne suscita uno ben peggiore di soffocamento. Insomma una teoria che poco mi cambia la vita, al pari di quella del caos. Infatti anche lì: ma che utilità ha sapere che un colpo d’ala di una farfalla causa un’alluvione a Roma se poi comunque devo passare un ora a raccogliere l’acqua con lo straccio visto che abito al piano terra?

lunedì 20 luglio 2009

LA MORATTI UBRIACA.


Sabato sera sono alla cassa del bar di questa nuova serata ghei romana. Alla consol c’è Schin che mette musica. Una volta lei i dischi li faceva, adesso invece li mette. Del resto se fai dirigere il video del tuo singolo a Gabriele Muccino, non puoi poi pretendere che la tua carriera non ne risenta. Forse la musica alta, forse perché sono incredibilmente seducente o forse perché la cassiera è un po’ rintronata, a fronte di una spesa di solo 14 euro mi ritrovo 4 scontrini. Una per me, una per Scrappy, un’altra per me e l’ultima sempre per il sottoscritto.
Essendo io la reincarnazione di un contadino irlandese morto per la grande carestia alla fine del XIX secolo, quando si tratta di cibo nel piatto ed alcol nel bicchiere, devo sempre consumare tutto. Diciamo pure che “avanzare” non è un vocabolo che potete trovare tanto spesso nelle mie frasi.
Ad ogni modo, verso le 3 mi trovavo in quello stato di grazia che solo persone dall’innata indole artistica come Emi Uainaus possono comprendere.
Tornato a casa non so come (unica sequenza mnemonica che ho è quella di me che faccio pipì davanti ad un castello lungo via di tor di quinto sul quale campeggia al neon la scritta CARABINIERI). Mi metto a letto non prima di aver fatto fuori mezzo chilo di patate al forno avanzate dalla cena, seduto sul divano, in mutande, ventilatore a velocità III, guardando una replica della Signora in giallo su Focs Craim. Insomma uno di quei quadri che ti fanno sperare non ci sia una vita dopo la morte perché se penso che la buon anima del mio adorato nonnino mi possa vedere in quelle condizioni, mi converto immediatamente al buddismo sperando di reincarnami nel tanga della Marini piuttosto che vedere la sua espressione contrariata il giorno che dovessi incontrarlo nell’alto dei cieli.
Il mattino dopo la mia testa è la palla di cuoio usato in un torneo di calcio a 5 lesbico.
Faccio la colazione dei campioni con una scatola intera di musli al cacao e nocciole, innaffiato da un litro di latte poi, accendo la tv. Canale 500 di Scai: le ultime notizie. La Moratti ha vietato la somministrazione degli alcolici ai minori di 16 anni. E penso ai miei di 16 anni. Fino a 18 credo di aver bevuto non più di mezzo bicchiere di spumante in qualche ricevimento di nozze ed in effetti non mi ricordo esattamente quando ho sostituito la mia carta d’identità con la targhetta della Smirnof ma pur nei fumi del doposbronza la sola considerazione che mi è venuta in mente è stata: “Ma che stronzata”.
Bla, bla, bla, tanto se uno vuol bere lo f anche a casa, bla, bla, bla, nessun barista ti chiede i documenti, bla, bla ba è sempre la solita solfa del disagio giovanile. Quindi non aggiungo altro bla, bla, bla. Il solo bla, bla, bla, che però mi viene in mente è che i 16enni non hanno la patente e che se senso ha vietare l’acol è per evitare che la gente non si ritrovi la domenica mattina appiccicato sui muri come dei murales. Dio solo sa se non sono un sopravvissuto ripensando alle volte che incoscientemente mi sono messo alla guida della macchina, vedendo davanti a me 12 corsie come quelle delle aiuei californiane. Quindi, se proprio uno deve fare una proposta sensata a tutela della razza umana, perché non fare il contrario? Lasciamo che i minorenni si sbronzino pure, alla peggio passano la notte a vomitarsi anche l’anima mentre il letto sembra la piattaforma tarantolata di un tagatà e proibiamoglielo appena arrivano ai 18 anni (o appena conseguono la patente) perché è a quel punto che si inizia a fare danni veri.

giovedì 16 luglio 2009

1969-2009






















La luna non brucia la pelle. La luna fa nascere i bambini, crescere le maree e stimola le promesse d'amore. La luna così vanitosa da lasciarsi guardare senza ferirti gli occhi come quel presuntuoso del sole. Molti l'hanno toccata con dito e qualcuno, 40 anni fa, persino con un piede. Auguri luna.

martedì 14 luglio 2009

PARTE LA MIA RUBRICA SU GAY.TV


Se avete già divorato la rubrica "Signora mia" di Carlo Rossella di questa settimana, se siete in attesa dei consigli di Maria Scicolone su come fare il ripieno per i cannelloni su Oggi, potete ammazzare il tempo dando una letta alla mia rubrica che da oggi verrà pubblicata su GAY.TV (il portale internet).
Ho passato notti insonni cercando l'argomento più adatto al primo articolo. La crisi economica. L'impatto del G8 sulla popolazione terremotato o quanto i fluorocarburi incidano sull'estinzione di api e farfalle. Poi ho capito che c'è un problema di cui nessuno parla mai e che neppure Reporter ha avuto il coraggio di affrontare: i privé delle discoteche, a che cazzo servono se c'entra chiunque?
Buona lettura, spero.

domenica 12 luglio 2009

IN ATTESA













Fila per la cassa in un noto stabilimenti ghei del litorale laziale. Tempo stimato prima di riuscire ad ordinare qualcosa: imprecisato.
Ho un amico accanto. Non parliamo ma ascoltiamo.
Una signorina di quelle che però fino a un paio di anni fa aveva barba ispida come aculei di un riccio e la voce di tre ottave più bassa, risponde ad una chiamata.
“Si sono io”. Il mio amico ed io capiamo subito che non si tratta di una telefonata della madre e appizziamo le orecchie.
“Vicino Napoli?”. Intanto avanziamo di mezzo metro verso la meta.
“Ah, Latina, si conosco”, continua lei con un tono suadente e sicuro mentre si controlla lo smalto delle unghie della mano libera.
“Adesso non ti posso dire”, gli fa abbassando un po’ il tono della voce. Si è accorta che dietro di lei c’è una famiglia con un bambino di 10 anni e forse le punge imbarazzo.
La telefonata si conclude con una frase misteriosa, molto misteriosa: “tra mezz’ora”.
Poi ordina una macedonia.

lunedì 6 luglio 2009

PROBLEMI DI CASA. Nuovo episodio.

Oggi incontro il padrone di casa per pagargli l’affitto. Come al solito in contanti di piccolo taglio e avvolti in un foglio a quadretti A4 legato con un elastico. Anche l’ammontare sembra quello di un riscatto.
Ci siamo lasciati la puntata precedente con la sua richiesta di lasciare casa a fine luglio con 7 minuti di preavviso. Lo chiamo a metà giugno dicendogli che non se ne parla. E gli faccio presente che prima di ottobre non garantisco lo sgombro.
Oggi quindi paventavo la rissa dal momento che anche li continuava a ripetere “31 luglio” come il pappagallo di Portobello.
Salgo nel suo ufficio insieme a Miss Perù (ndr: il mio coinquilino immigrato), che dopo 2 giorni di mare sembra lo spirito redivivo di Tegicigalpa al netto della corona di piume di condor.
Come se non gli avessi detto nulla D. mi fa: “ho da fari una proposta”.
Dentro sento già salire un travaso di bile.
“ma se voi lasciate le vostre cose e mi liberate solo una stanza così intanto faccio dei rilevamenti e vi fate ospitare da un amico?”.
A me si rigirano gli occhi e inizio: “ancora con questa storia!! D., ma forse sono io che non riesco a farmi capire. Secondo te, io chiedo ad un amico di ospitarmi per uno o forse due mesi, e lascio tutto: televisione, scai, internet, e vestiti nel tuo appartamento? Ma ti pare ragionevole? E poi ma chi mi ospita per così tanto tempo?”. Mentalmente faccio una carrellata degli amici ai quali potrei chiedere una cosa del genere. Sono pochissimi e vivono tutti in scatole per fiammiferi.
“Dai con tutti gli amici che hai!”, insiste.
Ma come si permette? Ma che ne sa lui? E poi che rilevamenti deve fare? Cos’è un sito archeologico? Deve farci passare una linea dela metropolitana o cerca del metano? Penso a tutto questo mentre ormai le aorte carotidee si gonfiano pompando il doppio del flusso sanguineo solito.
Lui ceca di avere un atteggiamento conciliante che a me indispone anche di più. E si vede. “mi sembri un po’ agitato”, mi fa.
A quel punto sbotto.
“D. sono un po’ agitato perché ci stai dando lo sfratto senza il giusto preavviso. Sono agitato perché nel contempo sto anche cercando lavoro, perché già so che dovrò sborsare 4 mensilità tra caparre ed agenzia e non so da dove pelarmi. Sono un pelino agitato anche perché ho una vitiligine rosea di origine psicosomatica e manco posso prendere il sole, e siamo a luglio. In più ho un orecchio tappato da due giorni e devo stare qui a cercare di farti capire perché la tua è una richiesta assurda”.
“Beh, in effetti…”, dice abbassando le penne.
Nel frattempo entra un suo collega e gli chiede un codice riguardante il lavoro in nero. D. lavora in un ufficio sindacale. Se non fossi così incazzato, ci sarebbe quasi da ridere. Chiedono a lui informazioni sul nero quando per 10 anni s’è beccato un affitto pulito, senza contratto.

venerdì 3 luglio 2009

DA STEREO A MONO.


È dall’altro ieri che i suoni del mondo che mi circonda sono passati dalla modalità dolbi surraund a quella mono. Insomma mi si è tappato un orecchio. Diciamo piuttosto che sono completamente sordo dal destro. Solitamente prima di andare da uno specialista, anche se sto vomitando verde e inizio a parlare in aramaico antico, preferisco consultare un farmacista. Del resto è medico anche lui ma mi mette meno ansia.
Ieri vado dal mio preferito. Ho un conto aperto nella sua farmacia e come i proprietari dei negozi d’alimentari nei paesi, a fine spesa mi chiede: “che faccio, segno?”.
“Ho l’orecchio tappato. Che posso fare”. Sono certo che mi stia rispondendo perché vedo le sue labbra muoversi, ma trovandosi alla mia destra, non sento nulla. “Scusi?”, gli faccio.
“Ma non ci sente proprio!”, mi fa alzando il volume e scandendo come stesse parlando ad un ritardato.
Esco di lì con un olio che dovrebbe sciogliere questa pallina da tennis di cerume che mi si è conficcata nel timpano (so che cerume come caccole e catarro sono parole che fanno storcere il naso, ma di questo si tratta). In più, mi sono fatto sedurre da dei coni di cera da ardere nell’orecchio. Il farmacista mi ha detto che sono una mano santa per stapparlo e il rimando ai ceri votivi delle chiese conferisce al tutto anche un che di mistico e miracoloso.
Torno a casa tutto contento: non vedo l’ora di sperimentare questi rimedi frutto di migliaia di anni d’evoluzione medica.
Ovviamente non posso mettere in atto l’operazione senza rischiare di dar fuoco al palazzo. Chiedo aiuto a last dei, il mio coinquilino.
La posizione è a metà tra il ridicolo ed il grottesco. Ho la testa appoggiata di lato sul tavolo. Il cono piantato nell’orecchio, perpendicolarmente. Last sta per accendere il cono e mi sento come Maria Antonietta in attesa sulla ghigliottina che il boia liberi la fune che regge la lama.
“Accesa”, mi fa il mio amico. Non la vedo ma posso percepire il cado della fiamma.
“Last, non ti muovere. Resta qui e controlla: quando la fiamma arriva all’anello di sicurezza, devi spegnerlo”.
Ogni dieci secondi gli chiedo se la fiamma non sia già al limite di sicurezza.
“Nooooo, manca ancora un sacco. Anzi vado un attimo in bagno”.
Non mi da neppure il tempo di dissentire che mi lascia lì, con questo tronco di cera in fiamme che mi spunta dalla desta.
Rivolgo gli occhi alla finestra. Non ho tirato le tende quindi il mio dirimpettaio, un povero cristo costretto dalla moglie a fumare affacciato per non impuzzonire casa, si gode la scena. Ha la faccia stanca, una camicia sdrucita e una sigaretta che aspira annoiato. Tanto annoiato, anche davanti ad una scena che vista da fuori a me farebbe morir dal ridere. I nostri sguardi si incrociano ma non provo imbarazzo. Del resto mi ha visto tante sere in mutande, abbrutito sul divano, con il mac sulle gambe, illuminato sinistramente solo dallo schermo del monitor, senza contare le mie evoluzioni erotiche che si è dovuto sorbire durante i “ricevimenti” a palazzo.
Last non torna. Sono passati alcuni minuti e sento solo il calore farsi più intenso.
“Last”, lo chiamo prima con un tono normale. Alla quarta invocazione grido così forte che se non arriverà lui lo farà mia cugina da Chieti.
Si presenta con calma. “sì, la fiamma è arrivata al limite”.
Io, allarmato: “allora toglilo”.
“E come lo spengo?”, mi risponde.
A volte mi chiedo se davvero non abbia battuto la testa da piccolo.
“Non so, con un estintore”, faccio sarcastico ma allarmato.
“Mica ce l’abbiamo”, mi risponde fugando definitivamente i miei dubbi sui suoi traumi cranici.
“Corri a prendere un bicchiere d’acqua!!!”, gli grido quando ormai sono convinto che resterò sfigurato dalle fiamme.
Per un soffio scampo la sorte di Giordano Bruno e Giovanna d’Arco.
Sollevo la testa convinto di aver riacquistato finalmente l’udito.
Risultato: ci sento anche meno di prima.
Mi è rimato un secondo cono. Io sono imperterrito. Dall’otorino ci vado solo se mi cade l’orecchio a terra. Stasera ci riprovo.

giovedì 2 luglio 2009

INSY A POGGIBONSI


Domani 3 luglio alle 16,30 torno di nuovo a presentare il mio libro in un paese che ha un nome buffo quasi più del mio pseudonimo: Poggibonsi (in provincia di Siena, per chi come me non lo sapesse).
Accorrete. Presenterò insieme a Duchesne, anche lui bloggarolo, anche lui ha pubblicato la sua opera prima (Studio illegale), anche lui i primi di febbraio ma la cosa divertente sarà quando ci chiederanno come mai, nonostante tante analogie, lui ha pubblicato 30mila copie e io 15.