lunedì 18 giugno 2012

QUEL CHE MI RIPORTO DA NEW YORK


Sono appena tornato da New York e ho vissuto le ultime 48 ore come un bruco: dormendo ininterrottamente e facendo solo brevi e caloriche pause cibo. Ho sempre trovato questa storia del jet lag una boiata da provinciali: per 3 giorni a Londra alcuni accusando stati di disorientamento come se fossero atterrati da una missione pluriennale sulla MIR ma devo ammettere che stavolta il fuso (con l’aggravante della stanchezza e l’età) ha creato le condizioni ideali per precipitarmi in uno stato comatoide dal quale mi sto riprendendo con tanta con fatica.
Prima però di sprofondare nella cripta, venerdì pomeriggio, con l’ultima stilla di forze, ho disfatto la valigia, ho separato i panni puliti da quelli sporchi, ho sistemato le scarpe, ripiegato le sacche, ammucchiato i regalini per amici e parenti e alla fine ho svuotato la borsa di pelle che in viaggio porto sempre con me (detesto usarla perché mi sembra una cosa da donne che devono portarsi casa appresso, io sono un tipo da tasche ma in viaggio, tra guide, macchine fotografiche e bottigliette d’acqua diventa una necessità). Portarsene una appresso durante un viaggio è come trascinare un rastrello. Mentre la svuoto ritrovo scontrini di ristoranti, astucci vuoti di gomme, biglietti di metro e teatro, una vecchia copia di Time Out e tutte queste cianfrusaglie, anche le più insignificanti, hanno però la balsamica proprietà mnemonica di una madeleine.
Mi capita così tra le mani anche una rivista spiegazzata che non ricordavo neppure di aver preso. Poche pagine spillate in carta riciclata e dai colori sono un po’ fuori registro. L’ho presa in un negozio di giocattoli a Brooklin mentre cercavo un regalo per il figlio di miei amici. All’ingresso ce n’era una pila. In copertina il ritratto sorridente di una coppia lesbica con i loro bambini. Fa strano per uno che come me viene da un paese che ha appena scoperto il fuoco leggere di gruppi di auto aiuto per famiglie gay, di terapeuti per affrontare l’omogenitorialità (del resto questo è il paese dove ogni problema ha una soluzione e un esperto che ti aiuta ad affrontarlo) e pubblicità di istituti dove figli di coppie etreo e di coppie omo possono convivere trovando nella diversità un valore da condividere più che un mostro da combattere.
Sfogliarlo è come leggere Voyager, la rivista dei misteri: racconta di mondi di cui hai sentito parlare ma che credevi fossero frutto di fantasia e alla fine scopri che questa realtà esiste davvero e che non è scaturita di una dominazione aliena né tantomeno si è estinta dopo l’eruzione di un vulcano ma è a 8 ore di volo  da noi (senza scalo, ovviamente, non come me che ne ho impiegate 14 mila).
Per le strade di Manhattan era tutto un passeggiare di coppie gay con i loro bambini (bastava riscontrare le loro somiglianza somatiche per capire che non si trattava di babysitter o pedofili) che, con buona pace dei Buttiglione e Bindi non erano in preda a turbe psichiche, non avevano in nuce il germe della schizofrenia né erano in nulla differenti dagli atri bambini accompagnati da genitori etero.
Insomma, si dice che il grado di benessere di un paese sia dato dalla voglia di fare figli e dalla capacità di mettere i propri abitanti nelle condizioni di averne. E qui è possibile. Nonostante abbia un debole per gli Stati Uniti non voglio certo dire che sia la terra promessa e, di fatto, cose del genere puoi vederle in più paesi che in quanti questo non sia possibile ma l’amarezza che provo è dovuta dal sentirmi purtroppo dalla parte sbagliata del confine.
Ecco allora, più che l’adolescenziale invasamento da shopping (ma tanto che ti devi comprare in America che non trovi a Roma Est?), più che l’overdose da caffeina negli Starbucks, le foto davanti all’Empire e i boni riversati per strada come tonni scaricati sulla plancia di un peschereccio, è questa l’immagine bella che mi riporto da questa vacanza e con questa una conferma: sapere che un altro modo di vivere è possibile avendo così alla fine (lo so, magra consolazione) la conferma che non siamo certo “noi” quelli sbagliati a questo mondo. 

4 commenti:

Anonimo ha detto...

BEL POST.
TOCCA LE CORDE DEL CUORE E DELLA MENTE.
ILSOLITOANONIMO

Anonimo ha detto...

Parole sante, viviamo in un Paese che ha appena scoperto il fuoco:Pensare che qui è nato Beccaria. OPS, dimenticavo che è nato prima che venissimo inglobati in Vaticanistan , forse dopo avrebbe fatta la fine di Giordano Bruno! Luigi43

Pamela ha detto...

Si dice che gli Stati Uniti non siano veramente un paese libero...questa sera mi sono ricreduta.. siamo noi che siamo ancora nel medioevo... COmplimenti per il post. Baci Pamela

Anonimo ha detto...

Ale,guarda che qui da noi oramai i figli sono un lusso anche x le coppie etero!!

Gli unici che ne fanno sono gli extracomunitari, e credimi, non certo per valori morali...a meno che non si considerino "valori morali" e "senso della famiglia" tutti gli sgravi fiscali che gli vengono concessi in maniera proporzionale al numero di cinni che mettono al mondo .
E che tu , sia ben chiaro, solo per il fatto di avere un cognome italiano non avrai MAI.


Suzywong