mercoledì 22 febbraio 2012
PETTI DI POLLO, CONTROLLO E RICORDI CHE RIAFFIORANO.
Nel mio armadio ho tre colonne di pantaloni. Una è composta da quelli che indosso tutti i giorni, accanto ci sono quelli che infilo solo a volte e poi ci sono quelli che dovrei buttare ma che se ripenso a quanto ho speso per comprarli preferisco tenerli come monito perpetuo alla mia idiozia da shopping compulsivo.
Stamattina dalla pila di centro ne tiro fuori un paio. Sono gli ultimi in basso (a testimonianza del tempo passato dall’ultima volta che li ho messi) e come un fossile del Pleistocene, sono così pressati che li estraggo già stirati.
Mentre me li sistemo addosso, frugo nelle tasche. Ho il pessimo vizio di non svuotarle mai e quindi di solito trovo sempre fazzoletti smocciolati, biglietti del bus e, se sono molto fortunato, anche qualche euro.
Stamattina invece scopro uno scontrino. È del gennaio dello scorso anno. L’inchiostro è quasi del tutto sbiadito ma si legge ancora bene che si tratta di quello di un ristorante di New York. Più che delle ricevute, i ristoranti di quella città, ti rilasciano un annale che sembra scritto da Tacito: erano le 3 del pomeriggio, il 5 gennaio, ho pagato con la carta, a servirmi è stata una certa Thais Pereira. Io ero seduto al tavolo 5 e solo perché non si legge bene altrimenti sono certo che riporterebbe anche come ero vestito e quante volte sono andato al bagno. Vengo preso da un po’ di nostalgia. È formidabile come cose così insignificanti possano a volte avere il grande potere di far riaffiorare ricordi lontani di periodi così importanti per noi.
Con gli occhi vado avanti e scorro l’ordinazione:
petto di pollo, verdure miste e una coca diet.
Ieri sera torno dal lavoro, vado in palestra e al mio ritorno mi preparo la cena composta da:
petto di pollo, verdure miste e una coca, light (solo perché in Italia la diet si chiama così).
Che fantasia, vero?
Insomma, a distanza di più di un anno faccio la considerazione che mangio sempre e solo le stesse cose, con una serialità da ottuagenario.
Mi piacerebbe avere un carattere più sorprendente e imprevedibile, almeno nella scelta dei menù, ma invece non ce l’ho affatto.
Se sono a dieta, questo è il mio pasto tipico. Se sgarro, anche in quello, non lascio tanto spazio alla fantasia: pizza e fritti (nella trasgressione o si punta al massimo o meglio allora un’insalata di germogli di soia).
Da poco è venuto a vivere con me un nuovo coinquilino. Ogni sera mi vede preparare le stesse cose e qualche giorno fa me lo ha fatto notare. Mi sono sentito talmente mortificato dall’essere stato “sgamato” che la sera successiva ho preparato una frittata con le zucchine ma quella ancora dopo, a corto di altre strambe idee culinarie, ho preferito mangiare tardi per non fagli vedere i petti di pollo in padella e l’insalata verde nella scodella.
Il fatto è che credo, e sono quasi certo di non sbagliare, che la reiterazione di un comportamento sia il risultato di una nevrosi dovuta a una carenza di sicurezze. Insomma, a marzo mi scade il contratto di lavoro e dio solo sa cosa succederà, la salute di mia madre è in netto miglioramento ma certo non le permetterà mai di fare free climbing su delle pareti rocciose e siccome, come dice sempre il mio amico Scrappy, la vita è “un’affacciata de finestra” e potrei essere trafitto da un tubo innocenti che cade da un ponteggio, ecco allora il desiderio di controllo su una delle pochissime cose che posso davvero decidere siano come dico io. La dieta del resto, lo dicono i migliori psichiatri, dà l’illusione di controllare la propria vita ed è più facile mettersi a regime che scardinare i gangli e forzare i chiavistelli che ci impediscono di raggiungere realmente i nostri obiettivi. Questo mi è molto chiaro e ne sono assolutamente consapevole ma che volete vi dica, oggi decido di mangiare esattamente quello che voglio, sul piegamento del destino alla mia volontà, con lentezza ma ci sto lavorando.
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9 commenti:
Mi ha fatto male leggere tanta tristezza! Non voglio neanche cercare parole di conforto,lasciano sempre il tempo che trovano; ma mi hai fatto tornare in mente (lucciconi premono ) quello che ,al proposito, diceva mio Padre (maiuscolo,si!) :" vesti a gusto degli altri e mangia a gusto tuo".In gamba,Luigi43
Ti voglio bene.
Anche se non ci siamo mai visti.
Oggi ho scoperto un vocabolo un po' antico, fortezza: la forza nella volonta' di andare avanti nelle avversita'; te ne auguro tanta.
Gianuario.
Ma quanti petti di pollo comperi alla settimana?! Ti sugerisco la carne di cavallo, altrettanto magra e ricca, così tanto per cambiare...così il rompino inquilino non rompe più, oppure gli chiedi di cucinarti qualcosa.
Fulvio
.... New York..... ci torno a marzo per la mezza maratona.... dai.... due dritte due, risto, bar o comunque belle cose al di fuori del solito circo turistico, qualcosa che hai "scovato", ci andiamo con i bambini quindi la sera, probabilmente, staremo in appartamento, tranne una sera a testa (io e la Fede) che andremo a vedere Rent (tornato offBroadway).
Lo so, non era quella la parte più significativa del post....
Ti ho letto tutto, libro, blog, articoli, non ti conosco personalmente ma le parole dicono molto di noi. Tu sei forte, si vede, e la consapevolezza che hai di alcuni tuoi lati deboli (presenti in tutti gli essere umani) ne è la prova, non è mica da tutti eh!
Tieni poi sempre presente che alcune nostre insicurezze sono generate da fattori esterni alla nostra persona e sui quali abbiamo poca o nulla possibilità di interagire.
Forza! Ché sei Forte!
Pensa alla vita di merda che ha fatto quel pollo... tu stai 10mila volte meglio, te lo assicuro. Giù
come dici tu le abitudini infondono sicurezza... ma farlo anche in vacanza ... no way!
la abitudini come dici tu infondono sicurezza...ma in vacanza nooooooo!!!!!!
mmmhhh ho commentato 2 volte e nn mi ero accorto che ero con l'account della mia coinquilina sorry!
Non è la cosa che mangi le stesse cose chemi fa tristezza. Ma che riponi gli abiti nell'armadio senzalavarli...oggiù.
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