Ieri in Veneto è
accaduto l'ennesimo omicidio di una donna per mano del suo ex. Separati da
poco, l'uomo evidentemente non poteva sopportare che "qual-cosa" di
sua proprietà potesse vivere di vita propria. Dico "evidentemente"
perché la certezza sarà difficile conoscerla dal momento che l'ex subito dopo
averla uccisa si è tolto la vita.
Oggi i TG parlano
di omicidio "passionale" e penso a quanto questo termine da
quotidiano anni '50 sia un'orribile contraddizione in termini che mischia due
cose profondamente diverse tra di loro: l'amore e l'omicidio.
Un tempo si
parlava di "delitto d'onore" per qualcosa che di onorevole non aveva
nulla. Oggi, la versione aggiornata e alleggerita (nella forma, non certo nel
contenuto) parla di "passione".
Ma la passione
non ha nulla a che vedere con la privazione della vita altrui.
La passione
(nonostante l'assonanza) non è ossessione, violenza, senso di proprietà ma
orgoglio dell'altro, condivisione, compenetrazione.
Per questo mi
piacerebbe che i giornalisti rinunciassero in questi casi alla solita formula
cronachisticha per essere più aderenti alla realtà che ci racconta di un uomo
vile e violento che ha rivendicato un terribile e ingiustificato diritto di
proprietà sulla vita di una donna.
3 commenti:
Desidero esprimere SOLO la mia opinione:
quando vedo qualche mio collega spennato vivo dalla ex moglei o fregato dall'amante alla quale ha troppo leggermente messo in mano tutti i suoi averi, non posso che riflettere.
Forse non sempre è una questione di passione,ma di interessi.Se mi trovassi a spingere il carrello della spesa con dentro tutto quello che la mia ex mi ha lasciato, IO (e non parlo che a mio nome)le prenderei la vita.
già, peccato non fossero sposati...
ma quale delitto passionale! è quella che io definisco la "sindrome del giocattolo dimenticato".
Come un bambino che ha un giocattolo con cui non gioca più, buttato in un angolo della cameretta, per il quale non ha più nemmeno il più piccolo interesse... fino a quando un giorno non arriva il cuginetto, che vuol giocare proprio con quel giocattolo lì. Ed allora, solo allora, ne rivendica il possesso. Non perché gli interessi, ma perché, diamine, quello è SUO.
Posta un commento