
Quando tra molti, molti anni morirò decrepito di vecchiaia e mi presenterò al cospetto dell’Altissimo che guardando il mio curriculum aggrotterà le sopracciglia dicendo: “bello mio, con quello che hai combinato, 300mila anni di purgatorio te li fai tutti”, ecco quale sarà la mia risposta: “sì, ma io mi sono visto la prima puntata del Festiva Di San Remo del 2009!”
“Pure tu?”, replicherà. “E va bene. Allora fatti solo 6 mesi che il tuo calvario te lo sei già bello che scontato”.
Personalmente non vedevo il Festival dai tempi in cui Al Bano cantava con la scoppiettante Romina ma mi sono detto, proviamo, magari è un bello spettacolo (che si può leggere anche con un semplice: tanto non ho nient’altro da fare visto che anche avessi voluto giocare a Risico non avrei trovato nessuno con cui farlo visto che erano tutti piantati su rai uno-o almeno tutti quelli che conosco io).
A meno che un attacco di meningite non ti abbia colpito nel 2008 lasciandoti in coma fino a ieri, era praticamente impossibile non sapere già tutto della serata: presentatori, abiti, valletti, canzoni e Povia.
Mi rendo conto che dopo 70 anni di festival, le idee per aprire la chermes inizino a scarseggiare, ma mi è sembrato un po’ presuntuoso partire con un video che mostra le origini ancestrali della musica che si evolvono fino ad arrivare a San Remo. Insomma si passa dai canti gregoriani alle sinfonie di Betoven, ai Bitols e poi via, via fino ad arrivare ad una manifestazione che ti mette in campo i Gemelli diversi e Pupo. Boh a me sembra un po’ sminuente tanto quanto parlare dell’evoluzione dell’ingegno umano attraverso Dante, Michelangelo, Ainstai per arrivare poi a mostrare come frutti di tanto progresso personaggi come Diaco o Ferrara.
Del Noce ha già messo le mani avanti dicendo che quest’anno o il festival fa ascolti da diretta tv del crollo delle torri gemelle o st’altr’anno lo sostituisce con lo zecchino d’oro. Con queste premesse Paolo Bonolis ha schierato Mina (che ormai appare solo in video, preceduta da profumo di fresie e che canta tutto sempre allo stesso modo, Puccini compreso, arrangiato in stile Sesar Palas di Las Vegas), segretari dell’Onu, Benigni e avrebbe portato persino l’abominevole uomo delle nevi se non avesse già firmato un contratto in esclusiva per Voiager. Nel complesso quindi sembrava più un Teleton che un festival di canzonette.
Bonolis quel milione di euro comunque se lo è guadagnato tutti perché tranne passare lo straccio per terra tra un blocco e l’altro, poi ha fatto tutto lui compreso badare a quella ritardata, perché di questo si tratta, della valletta di quest’anno. Mi sfugge del tutto il criterio con cui sia stata scelta Alessia Piovan, una che ha fatto la morta in stile laura palmer ne “La ragazza del lago”, un personaggio evidentemente a cui si sente ancora molto legata visto che del cadavere ha mantenuto la verv e la presenza scenica. In tutta la serata non fa altro che sbagliare in continuazione e legge male i nomi di artisti e direttori d'orchestra nonostante le abbiano piazzato davanti un gobbo grosso come un titano. La sua presenza è più imbarazzante di una barzelletta di berusconi sui campi di concentramento ad una riunione del G8 in Germania.
Tornado a Bonolis: capisco che ogni artista porta la sua cifra in un programma ma per i soldi che ha preso qualcosa che sia diverso dai soliti teatrini con laurenti, no? A tratti sembra lo spot della Lavazza!
Il festival però non è solo polemica ma anche musica e allora parliamo un po’ di questi artisti. La prima a scendere è Dolcenera. Io me la ricordo panchettona mentre canta al Mammamia a Torre del Lago (ndr: rinomata discoteca sul mare punto di ritrovo delle finocchie del centro nord) e la ritrovo in stile Ciarlot di Secs end de siti. Non mi sembra una grande persormans ed più facile mi entri in testa la composizione chimiche del cloruro di potassio che questa canzone.
A ruota, dopo di lei, arriva Fausto Leali (che scopro con piacere essere ancora vivo) che canta una bella canzone su come è difficile crescere un figlio che non ti parla, non ti saluta, ti taglia fuori dalla sua vita e ti ruba anche i soli dal portamonete (fausto: ma chi hai allevato? Il libanese de la banda della magliana?!).
Mi bastano già queste prime due per chiedermi come potessero essere le canzoni eliminate perché se queste secondo la commissioni sono buone, mi viene da pensare che le altre fosse interpretate con rutti al chinotto e suonate con coperchi di pentole, oltretutto i brani dovrebbero essere spendibili in radio e dovrebbero stimolare il mercato. E’ per questo che è stata selezionata una giuria di 300 disgraziati sbattuti in piccionaia, lassù in alto, nlla galleria più lontana dove l’acustica dal palco arriva ritardata di almeno 5 secondo e composta da persone tra il 18 e i 70 anni, gli ultimi dei quali, si sa, sono quelli che solitamente affollano i botteghini quando si tratta di comprare biglietti per andare a sentire Marco Carta. Una giuria dalla quale è stata tagliata fuori la fascia ander 18 che è davvero quella composta dagli “ard baier” di musica.
Continuando con gli artisti, passa anche Tricarico con una canzone dedicata alla consorte ma a me mi pare “per fare un albero, ci vuole un fiore” e il testo è stato scritto con un codice cifrato che forse conosce solo la moglie.
Poi arriva la divina Patti Pravo: “E io verrò un giorno là”, un’amore che sopravvive alla vita. I testi sono di Annamaria Galanti, la medium che parla con gli antichi (se non la conoscete, cercatevela su iutub e capirete). Quello che mi piace di lei è che non ha ceduto al ricatto della chirurgia estetica e della ricerca disperata della giovinezza: la sua pelle filigranata infatti è merito di una vita vissuta secondo i dettami del feng sciui.
Mentre canta mi alzo per chiudere la finestra perché sento il sibilo di uno spiffero di vento salvo poi accorgermi che il rumore viene dalla televisione. Patti non canta, semmai sibila e stona pure. E pensare che le note sono solo 7 ma non ne azzecca neppure una per errore.
Ammorbato faccio un salto su la7 che mostra i denti affrontando di petto il colosso Rai con una replica di relic anter.
Torno al primo canale, come lo chiamava mio nonno, e mi ritrovo un collegamento con il presidente dell’Assemblea generale dell’Onu ma sono dovuto andare su gugol per essere sicuro che quel mammozzone dall’espressione impacciata non fosse un imitatore di “Mai dire…”.
A quanto pare lui aveva portato una canzone bellissima in duetto con Cofi Annnan ma siccome un nero già ce l’avevano (Iussun Dur che canta con Paolo Belli e Pupo che sembrano la versione Bignami del cast di Ui ar de uorld) ha ripiegato sulla solita manfrina su i cambiamenti politici del mondo, della collaborazione internazionale e sulle nuove piastre in ceramica della Rovente.
Masini canta l’Italia. Non vorrei fare il menagramo ma l’ultimo che l’ha celebrata con una canzone era la buon'anima di Reitano in più Masini si dice porti pure un po’ sfiga. Io non andrei alla ricevitoria del superenalotto mentre mandano sta canzone alla radio.
Arriva il momento de modello bono che ogni sera farà da valletto e parte il triccheballacche con Bonolis che finge di non sapere l’inglese quando invece lui lo parla meglio della Regina D’Inghilterra visto che ha pure la ex moglie americana e i figli vivono in usa ma lui deve fare il nazional-popolare fingendo una lingua maccheronica in stile Sordi Vs le Chesler nel mitico studio uno.
Se questo è il meglio che posso aspettarmi da lui meglio una replica de “I 5 del quinto piano” con quella sagoma di Gianfilippo.
La presenza di Laurenti poi oscilla tra l’irritante è l’inutile e nessuno mi toglie dalla testa che il musicista debba avere dei filmini compromettenti di bonolis vestito da donna che sniffa cocaina insieme a qualche rampollo di industriali italiani sennò non si spiega il motivo per cui se lo porta sempre appresso.
Continua la sequela di cantanti.
Renga: pucciniano. Pare “nessun dorma” incidentato con il gingol della Lidel. Mi verrebbe da chiedere alla Maionchi se questo brano ha una collocazione commerciale al di fuori dei té letterari in casa di Michi Gioia.
i gemelli diversi si sono ingoiati Cher di “Do you belive”!! Sono talmente avanti (come direbbe Federica del gf) che dicono anche stronza nel testo della canzone.
Segue albano e in sovrimpressione appare una scritta: se preferisci un alluvione, schiaccia il tasto * altrimenti resta in ascolto di Al Bano. pare le linee a quel punto si siano intasate.
E’ la volta di vladinmir Luxuria che ha preso come nome d’arte nichi nicolalai. La sua è la tipica canzone da cenone di capodanno col conto alla rovescia in sottofondo.
E poi entra il fantastico Benigni che ormai da quando è in fase ascetico-illuminata ti parla dello spirito, della luce e dell’anima che emana anche la cacca dei cani.
Dopo 20 minuti di monologo su Berlusconi mi chiedo: a chi si deve mandare l'sms per eliminarlo subito?
Poi mi devo rimangiare tutto. Mi spiazza parlando del caso Povia, o meglio di queste avvilenti polemiche che hanno accompagnato l’arrivo di questa canzone. Il pubblico si zittisce. Mentre lo sento parlare d’amore e intolleranza penso a quando una volta che hai spogliato una questione di tutti gli ideologismi, le sovrastrutture e le convenzioni, quello che resta è la verità. Pura. Semplice. Incontrovertibile.
Sono certo che non basta un intervento, seppure tanto potente come questo, per far cambiare idea ai rozzi e agli ignoranti, ma le sue parole sono un balsamo per lo spirito che ci aiuta a ricordare che se c'è qualcuno che ha il cervello invertito non siamo certo noi.
Dopo un discorso del genere (che vi consiglio di cercare anche questo su iutiub) Povia dovrebbe raccogliere quel po’ di dignità che spero gli sia rimasta, andandosi ad aprire un banco di verdura al mercato.
Ma dopo un po’ eccolo invece salire sul palco. La canzone ha il ritmo di t’appartengo di Ambra ma non credo la balleremo con lo stesso trasporto in discoteca. Alla fine del brano Grillino chiede la parola e segna un fantastico autogol leggendo l’sms di un suo amico il cui compagno è scomparso da poco: ma che c’entra? Perché ha dovuto aggiungere qualcosa quando avevamo ancora nelle orecchie e nel cuore il sublime intervento di Benigni?
Concludo con un terribile presagio in stile Cassandra: temo che “Luca era ghei” venderà bene e non perché è un bel brano ma perché diventerà simbolo di uno scontro culturale che verrà acquistato e brandito da quanti pensano che essere omosessuali sia un male curabile e penso: che fine misera fa la musica quando diventa strumento di contrasto politico invece che di gioia per l’anima.
in collaborazione con: LORD