venerdì 26 marzo 2010
NON PARLARMI, NON TI SENTO
Paperino mi trascina per il polso puntando verso il bancone di un pab ghei della periferia di Londra. Senza fermarsi si gira compiaciuto verso di me: “t’avevo detto che saremmo state le più fiche del locale”. Mi guardo intorno. Le poche decine di avventori sembravano davvero aver appena superato il provino per un film qualsiasi di Chen Loc.
Scrappy entra con il resto del gruppo: il mio ex, la peruviana e un ragazzo spagnolo conosciuto quella sera. Portarci in uno di quei bar di Soho dove bicipiti guizzanti fanno da controcanto a fugaci sguardi maliziosi e il chiacchiericcio cicisbeo viene soverchiato da un implacabile colonna sonora pop-aus-electro è fuori questione.
“Sarebbe come andare a vedere il Colosseo a Roma: troppo scontato”.
Paperino vive a Londra da anni e il suo concetto di “impedibile” è piuttosto discutibile ma sicuramente non banale.
Il pub è in zona 2 e se per alcuni londinesi questa equivale alla periferia di Bombei per Paperino è invece un territorio estremo dove anche gli omoricchioni hanno fattezze differenti dai loro corrispettivi della Siti e, in quanto tali, pensa che andare nei loro ritrovi sia un’esperienza da fare tanto quanto assistere ad una mostra di Damien Irst.
La musica è accettabile quanto basta perché “i forestieri” inizino a dimenarsi e i drinc a buon prezzo (altra qualità dei locali della seconda zona) fanno il resto.
Molti ballano, altri bevono, altri ancora sono già passati alla fase “mano nella patta, ma non la mia”. Io e la mia cistite invece cerchiamo un bagno. Una freccia stampata su un cartello insieme a un’elegante siluet di un cesso mi indica la strada verso la liberazione.
È al piano superiore dove scopro esserci un'altra sala. La musica è bassa e i ragazzi stranamente silenziosi e mi ci vuole qualche minuto per capire che i movimenti rapidi ed eleganti delle loro mani non sono il tipico vezzo dei ghei di far cambiare l’aria alla stanza gesticolando come avessero ali di farfalla al posto delle falangi ma è il linguaggio dei sordomuti.
Fantastico! Al secondo piano si sta svolgendo un’ossimorica festa per ricchioni che non sentono. Rimango lì qualche minuto per far riprendere i miei timpani stuprati da troppo “It mi beibi uan mor taim!!”, quando la requie viene schiacciata sotto i passi pesanti di Scrappy che risale le scale in cerca anche lui del bagno.
“Amo’ che stai a fa?”, mi chiede ansimando per ripidezza della rampa.
“Hai visto che qui c’è un’altra sala?”.
“Senti me fanno male le gambe. Resto un po’ qua a riposamme”. In ogni sua frase c’è molta Mamma Roma e lo lascio lì a stravaccarsi sul divanetto.
Passa un’ora circa. Il resto della ciurma è stanca e vogliamo andare via. Scrappy non si vede.
“E’ di sopra. C’è una sala dove stanno facendo una festa per sordomuti”, dico agli altri mentre saltello sulle scale per andare a recuperarlo.
Sullo stipite della sala c’è un ragazzo schiacciato contro la porta. Ha gli occhi sgranati e l’espressione spaesata. Davanti a lui, mano sul fianco e dito ammonitore, c’è Scrappy.
Non lo chiamo subito perché voglio godermi la scena: è evidente da come parla che non si è accorto che il ragazzo, come gli altri del resto, non sente e gli sta riversando addosso un’alluvione di frasi anglo-romane.
“Scrap, dobbiamo andare!”, gli faccio con il giaccone in mano.
“Sì, arrivo. Je sto a insegna’ un po’ di italiano”.
E torna ad infierire sullo sventurato. “Sorri, ai go auei…dai ora dillo in italiano: IO-VADO-VIA”.
E il ragazzo, più per timore di una reazione violenta che per reale compiacimento, lo asseconda: “IO ADO IA”.
“No!! IO VADO VIA!”, grida Scrappy mentre impenna indice e medio formando un’imperiosa V.
“VADO VIA: con la V. ripeti!”.
Il ragazzo è stremato ma non molla: “ADO IA!”.
“Cazzo!”, insiste l’aguzzino. VADO VIA!!”.
Poi subentra la compassione. “Scrap, ti sei accorto che il ragazzo è sordo? Anzi, ti sei reso conto che tutti i ragazzi al piano lo sono?”.
Scrappy ha la carnagione molto chiara eppure riesce ad assumere un colorito al cui confronto il marmo sembra cotto toscano. Si guarda rapidamente intorno, poi fissa il ragazzo sempre più allucinato e capisce. Ha lo sguardo mortificato ma non riesce più a dire una parola e con uno scatto isterico si cala il cappuccio della felpa fino al naso precipitandosi giù per le scale non senza avermi prima sussurrato: “sei una merda. Potevi dirmelo prima!! Poi famo i conti”.
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8 commenti:
Ahahah! Io son un omoricchione sordo e con impianto cocleare, oralista (no, non significa pompinaro, significa che la lingua dei segni non la conosco, baso tutto sulla labiolettura e parlo normalmente, sì, esistono anche questi sordi sai? :) )... però se Scrappy si fosse rivolto a me gliela avrei fatta fare lo stesso la figura di merda ahah :D
Qual era il pub? Il joiners army a hackney?
M
il tipo (per altro mooolto carino)..ha iniziato a parlare con me in un inglese (ovviamente) sbiascicato e afasico...ora la prima cosa che mi è venuta in mente ,è che fosse più ubriaco di me.....Poi sono diventato scaltro nel riconoscere gli audiolesi..non mi avresti fregato..se basi tutto sulla labiolettura ,con le mie labbra stai in una botte di ferro : )
senza offesa eh... ma era per questo eri meglio zitta.
Ahah no no, ti posso assicurare che quando parlo non sono né sbiascicato né afasico, a meno appunto che non sia parecchio ubriaco. Ma in genere quando sono ubriaco comincio a parlare anche in lingue a me semisconosciute con una sicumera impressionante e una dizione da Orsomando...
Beh fregarti credo sia oggettivamente impossibile anche perché l'impianto cocleare di per sé non passa affatto inosservato ;-)
Salut!
è un'impressione o sto blog è diventato senza significato da un po a questa parte?
M: se incontrassi scrappy meglio per te dartela agambe!! :)
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