
Nonostante chi vi sta scrivendo ancora non abbia quell’età per cui prima di coricarsi la notte immerge la dentiera in un bicchiere pieno d’acqua e non indossi i pannoloni della Tena al posto delle mutande, qualche giorno fa, mangiando un Magnum Algida dalle calorie pari ad una cena di nozze di quelle che si fanno in Sicilia, mi stavo chiedendo: ma che fine hanno fatto i gelati della Eldorado? Un po’ come Prust con quei biscottacci alle mandorle quindi la mente ha iniziato a vagare a ritroso mentre lo stomaco cercava di fronteggiare la cascata al caramello e cioccolato che affluivano copiosi dalla bocca.
Così oggi sono andato a cercare sulla rete quei gelati che hanno accompagnato la mia infanzia ai tempi in cui il sapiens prese il sopravvento sull’australopiteco e rivedendoli, su quel bel cartellone di lamina colorato con il sole sorridente e quella grafica un po’ fluo in stile Disco Ring ho avuto un tuffo al cuore e un gorgoglio nella pancia.
In assoluto ho sempre preferito il classico cornetto algida , ma essendo quello il gelato delle grandi occasioni che i miei mi compravano le sere d’estate quando ci mettevamo in terrazzino per cercare un po’di refrigerio. Per tutte le altre occasioni c’era appunto la scuderia eldorado.
Io li ho provati tutti, non me ne sono lasciato sfuggire nessuno ed è forse per quello che da piccolo venivo descritto come un ragazzino robusto, dall’appetito vivace, pietoso eufemismo escogitato da mia madre per giustificare a 10 anni la mia taglia 46.
Con un po’ di nostalgia faccio quindi un escursus storico gastronomico alla gambero obeso attraverso questi paladini della mia infanzia.
In primis i ghiaccioli: il fior di fragola in realtà era un ibrido a metà strada tra il ghiacciolo ed il gelato vero e proprio e poi, con quel nome delicato, faceva pensare ad uno sfizio leggero e dietetico mentre in realtà occorreva nuotare da ostia ad olbia, andata e ritorno, per smaltirne uno soltanto.
Il lemonissimo aveva un gusto un po’ aspro che non mi faceva impazzire e poi se non lo finivi in tre morsi, ti si scioglieva addosso ed essendo fatto, credo, a base di bostic, ti rendeva la mano appiccicosa per ore dandoti la possibilità di arrampicarti sui muri come neppure l’uomo ragno poteva fare.
L’Arcobaleno aveva 4 gusti diversi racchiusi in uno ma nessuno di questi era riconoscibile. Non assomigliavano a nessuna sostanza nota sulla terra. Sospetto che, al pari delle piramidi ed ET, fosse una pietanza dimenticata sulla terra durante le visite degli alieni sul nostro pianeta.
Il Baschet, aveva un nome di uno sport, quindi mi faceva fatica anche solo mangiarlo.
Il piedone in effetti è un caso singolare: come ti viene in mente di creare un gelato, farlo a forma di pende e non immaginare che l’inventore della eldorado non fosse un sudicio feticista? Per fortuna all’epoca il Moige ancora non scassava la minchia altrimenti lo avrebbe fatto ritirare nel giro di una settimana.
Evidentemente alla eldorado doveva girare ogni sorta di pervertito dato che si deve a loro uno dei gelati più controversi: il calippo. Una specie di vibratore ghiacciato che ha insegnato a generazioni di ragazzine ( e anche ragazzini un po’ “speciali”) i segreti della fellazio.
Il gommolo prometteva una gomma nel cono e, siccome da piccolo prendevo ogni indicazione alla lettera (oltre al fatto evidente di non essere stato un’aquila) credevo che fosse il cono gommoso e quindi, finita la crema, masticavo per ore il biscotto autosuggestionandomi che fosse fatto di gomma.
Lo zaccaria era la versione ard discaut del cornetto algida ma con una crema al sapore di tabacco. L’ideale per quanti cercavano di uscire gradualmente dal tabagismo.
Il camillino era un biscotto gelato davvero insulso, una vera presa per il culo dato che aveva le dimensioni di un francobollo e soprattutto visto che, con appena 100 lire in più, potevi assaporare la versione delucs: il cucciolone. Grande il doppio e in più fregiato di divertentissime vignette che se lette prima di addentarlo ti facevano passare la voglia di mangiare per sempre.
La granita era un altro gelato che sì, mangiavo, ma mi dava un particolare urto di nervi visto che la foto ti presentava una morbida granita salvo poi accorgerti, tolto il coperchio, che per mangiarlo avevi bisogno di una lancia termica.
Un giorno poi, quei gelati così infantili nei colori e nei sapori sparirono dai muri dei bar di tutta italia. Così, improvvisamente. Come altrettanto repentinamente smisi di giocare con le biglie sul bagnasciuga e di guardare i cartono animati dell’ape Maia: tutti sintomi che, inequivocabile, ormai ero cresciuto.