
“Io sto per scoppiare. Ti prego accelera che non ce la faccio più”.
Pare sia peccato mortale costruire degli autogrill nel sud della Spagna. Dice che deturpa il paesaggio quindi se non hai fatto il pieno e non ti porti una cisterna di benzina agganciata dietro al posto di una rulot rischi di doverti mettere a spingere nel bel mezzo del nulla (e per questa evenienza c’eravamo portate una coppia di lesbiche). Questo significa pure che se ti stai pisciando sotto, tanto vale che ci fai un nodo perché di bagni non ne trovi.
L’ultimo cartello segnava: Cordova 20 Km ma non avrei scommesso di resistere abbastanza.
“Non ti preoccupare, accelero”, e quando te lo dice una seguace di Saffo che sta al volante, stai certo che lo fa. Sandra aveva scambiato una Seat Ibiza noleggiata all’aeroporto di Barcellona, da dove venivamo, per una Lamborghini Diablo, e in un caso come questo non potevo che essere lieto che spingesse il motore al massimo delle sue prestazioni.
E’ un difetto delle femmine della famiglia (per cui strano che ne sia afflitto anche io): pisciamo in continuazione. La prima domanda che facciamo quando da piccoli andavamo a fare escursioni montane in Abruzzo non era “quanto è alta la vetta” o “quante ore occorrono” ma “ci sarà un rifugio con un bagno?”. A questo aggiungeteci pure che, sempre come le femmine di famiglia, anche io ho uno spiccato senso del pudore che non mi lascia pisciare sul ciglio di una strada anche se mi permette di baciarmi mezzo nudo nel mezzo di una pista di discoteca.
Fatto sta che ringraziando il cielo entriamo in città. Con la macchina ancora in corsa io scendo al volo alla velocità di un razzo. Il rumore della mia voce si perde in lontananza mentre grido ai miei amici: “cerco un bagno, aspettatemiiiiiii…”. Poi un rumore fragoroso. Sono io che supero la barriera del suono.
Inizio la ricerca disperata di un bar per poter andare a pisciare.
I bar a Cordova non esistono. Come non esistono angoli un minimo riparati ed è sicuro che sia la città più popolosa di Spagna perché ci sono persone ovunque e, sempre per la storia del pudore e per evitare di essere arrestato con l’accusa di esibizionismo, non posso farla in mezzo alla strada.
“Ai un bagno?”, non li lascio neppure rispondere: appena scuotono la testa riparto alla ricerca di un altro negozio, che per pietà mi faccia fare pipì. Mi perdo per i viottoli di quella città mai vista prima correndo all’impazzata come inseguito dai tori di Pamplona. Entro persino in un supermercato e con le mani giunte chiedo ad un’impiegata di farmi andare in bagno. Vorrebbe dirmi “no se puede” ma gli devo fare una pena tale che inizia a chiedere le chiavi ad una collega che però non le trova. Ma cazzo, le chiavi del bagno, te le vuoi tenere legate al collo!?
Alla fine sgommo a tutta velocità anche da lì quando trovo un angoletto che mi sembra intimo il giusto e mi sbraghetto. Davvero, altri 15 secondi e sarei esploso come un enorme gavettone di piscio.
Ne faccio così tanta che mi chiedo come potessi contenere tanto liquido che scrosciando fuori, crea quasi un solco sul pavimento andando a cadere in un tombino che si trova lì vicino. Si racconta che li Guadalchivir quel pomeriggio straripò come neppure dopo un alluvione.
Secondo me non c’è sensazione più bella di quella che provi dopo aver fatto una pipì così a lungo trattenuta. Non c’è torta al formaggio, né scopata che tenga al paragone. Neppure vedere precipitare dal balcone la mia condomina (che ogni giorno mi grulla sul terrazzo le molliche rimaste sulla sua tovaglia) può darmi più piacere.
Una volta che il mio cervello, impegnato fino a quel momento a cercare una soluzione “salva vita”, torna alla ragione, inizia a sorgermi un dubbio: “dove cazzo sono?”.
Scendendo dalla macchina come una furia non mi sono minimamente preoccupato di ricordare il tragitto che avevo fatto. A questo, aggiungiamo il fatto che se mentre dormo, mi sposto sull’altro lato del letto, al risveglio non so come tornare in dietro e la tragedia è completa. Non un cellulare, non un punto di riferimento di cui chiedere. Nulla.
Vabbè, sta cazzo di Cordova che grande vorrà essere?
Inizio a girare per il centro, prima o poi troverò i miei amici. Dopo 4 ore questo “poi” non era ancora arrivato.
Inizia ad imbrunire ed io a sbiancare all’ipotesi di dovermi rifare una vita lì nel sud della Spagna.
Un’ora dopo ero seduto davanti la cattedrale, cercando di riconoscere visi familiari tra le orde di turisti ignari della mia tragedia.
“INSY!!!!”, mi sento gridare all’improvviso. Mi giro e riconosco le mie amiche. Sono sopraffatto dalla gioia e subito dopo dallo stupore perché con loro ci sono anche due poliziotti.
Sandra mi corre incontro e mi abbracci. Io le chiedo “ma i poliziotti?”.
“non ti trovavamo e siamo andati dalla polizia”.
“Ma dai e vi hanno aiutate a cercarmi, beh in Italia non lo avrebbero fatto per uno perso solo da poche ore”, le faccio con il tono tipico che abbiamo noi italiani quando si tratta di criticare le pecche del nostro paese.
“Macchè, anzi se te lo chiedono di che è da ieri che sei sparito”.
“Come?”
“Si. Sono andata dai poliziotti e mi hanno detto che non cercavano nessuno sparito da solo tre ore così siamo uscite e siamo andate in un altra caserma e lì abbiamo detto che eri sparito da ieri”.
Morale della favola: la gita finisce in caserma dove mi portano per fare un verbale di sparizione. Non sapendo che inventare, dico che avevo bevuto moltissimo la sera prima e che mi ero addormentato in una piazza mentre, accanto a me, Sandra, ormai completamente assorbita dalla parte di amica preoccupata della mia sorte continuava a ripetermi “se non la pianti di ubriacarti!! Ci hai fatto prendere un colpo!” sotto lo sguardo comprensivo del poliziotto che non capiva ma intuiva.